3 Luglio 2015

La Cassazione si pronuncia sui termini per il rimborso Iva

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n.5014 del 12/3/2015 la Corte di Cassazione ha chiarito che allorché l’Iva sia stata versata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di overrulling non sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di Giustizia o, ancor dopo, dalla data di emanazione del provvedimento normativo che ad essa abbia dato attuazione, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento. Si deve, infatti, ritenere prevalente l’esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti. 

In particolare la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che il diritto ai rimborsi IVA spetta solo se la richiesta viene fatta dal contribuente entro il termine di due anni, anche dopo il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea del 2006 sull’armonizzazione delle norme IVA a livello europeo.

La vicenda riguardava l’IVA assolta nel 2002 sulle spese per l’acquisto e manutenzione delle auto aziendali, che, in ossequio a quanto previsto dalla disposizione dell’art.19-bis del D.P.R. n.633/72, non veniva detratta dalla società contribuente. A seguito del deposito, avvenuto il 14 settembre 2006, della sentenza della Corte di Giustizia, resa nella causa C-228/05, che ha negato allo Stato membro di escludere beni dal regime delle detrazioni IVA senza previa consultazione del Comitato IVA, la contribuente si apprestava, nello stesso mese del 2006 (quindi oltre i termine di due anni previsto dall’art.21, co.2, D.Lgs. n.546/92), a presentare l’istanza di rimborso che, però, veniva respinta dall’Amministrazione perché tardiva. Presentato ricorso davanti ai giudici tributari, la società vedeva riconosciute le sue ragioni dalla CTR.

Accogliendo il ricorso dell’Amministrazione, la Corte conferma la natura tardiva dell’istanza di rimborso, affermando che il termine biennale di decadenza, entro cui presentare la domanda, decorre dal giorno di pagamento dell’imposta, non dalla data della pronuncia della Corte di Giustizia, né da quella di emanazione del provvedimento normativo che ad essa abbia dato attuazione. Ciò in applicazione del principio, di chiara portata espansiva, fissato dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cassazione, Sezioni Unite sentenza 16 giugno 2014 n. 13676) secondo cui “allorché un’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di overrulling non sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di Giustizia o, ancora dopo, dalla data di emanazione del provvedimento normativo che ad essa abbia dato attuazione, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento, dovendosi ritenere prevalente un’esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti”.

Pertanto, secondo la Corte di Cassazione una sentenza comunitaria non può in alcun modo agire sui termini di rimborso già scaduti, a prescindere dal merito, in considerazione di esigenze di certezza delle situazioni giuridiche, a maggior ragione valide in materia fiscale.

I Giudici di legittimità hanno specificato che la decadenza fissata dal citato art. 21 non soffre di proroghe correlate all’esercizio dell’azione accertatrice, ricordando anche che la stessa Corte di Giustizia (nella sentenza 8 maggio 2008 cause C-95/07, 96/07 Ecotrade) ha riconosciuto che non è, in linea di principio, contraria all’ordinamento comunitario la previsione nazionale che imponga un termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, anche quando detto termine per il soggetto Iva sia più breve rispetto a quello previsto per l’azione di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

È opportuno ricordare che, in base a un’altra recente sentenza di Cassazione (sentenza n. 5024 del 2015), nel caso in cui, invece, il rimborso IVA sia stato regolarmente richiesto con la dichiarazione dei redditi, ma senza poi inoltrare successiva domanda, il termine di decadenza corretto da prendere in considerazione è quello di dieci anni, in base all‘articolo 2033 del codice civile, e non quello biennale previsto dall’art.21, co.2, D.Lgs. n.546/92, così come, ricorda la stessa Corte di Cassazione nella sentenza in commento, è decennale il termine di decadenza per la richiesta del rimborso dell’imposta sul valore aggiunto in caso di cessazione dell’attività della società.