21 Febbraio 2024

Ispezione fiscale conseguente a denuncia anonima

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

L’attività istruttoria ha la finalità di indagare per acquisire la conoscenza dei fatti rilevanti ai fini dell’esercizio della funzione impositiva. L’obiettivo è portare alla luce pratiche di evasione fiscale, operazioni elusive e, più in generale, la falsità di una dichiarazione fiscale o, addirittura, la sua omissione.

L’esercizio di tale attività non è prerogativa esclusiva dell’Agenzia delle entrate, come nel caso dell’emissione dell’avviso di accertamento, potendo essere condotta anche dal Corpo della Guardia di finanza nell’esercizio dell’attività di polizia giudiziaria.

Ai verificatori fiscali competono tutti i poteri di accesso, ispezione e verifica previsti dall’articolo 33, D.P.R. 600/1973 e dall’articolo 52, D.P.R. 633/1972, ai quali fanno da contraltare i diritti e le garanzie dei contribuenti sottoposti a verifica fiscale di cui all’articolo 12, L. 212/2000, così come recentemente modificato dal D.Lgs. 219/2023 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente).

Al riguardo, è interessante chiarire se tra le fonti di innesco di un’attività di verifica fiscale potrebbe esserci o meno una “denuncia anonima”.

Innanzitutto, occorre rilevare che per accesso si intende la facoltà di ingresso in un luogo, anche senza il consenso del soggetto che ne ha la disponibilità, al fine di compiere le indagini. L’ispezione, invece, consiste in un esame della documentazione rinvenuta in tale luogo e può concernere tutti i libri, registri, documenti e scritture che siano rinvenuti. Infine, per verifica si intende il complesso delle attività dirette a controllare il corretto adempimento delle norme fiscali.

Con specifico riferimento ai luoghi di accesso, è d’uopo sottolineare che potrebbe essere necessario il rispetto di talune prescrizioni. A differenza di quanto previsto per l’accesso sul luogo di lavoro, nel caso in cui la verifica fiscale debba essere svolta presso locali utilizzati promiscuamente, ovvero sia per l’esercizio dell’attività commerciale o professionale, sia come abitazione, è necessaria un’ulteriore autorizzazione rilasciata dal procuratore della Repubblica. Tale autorizzazione non deve contenere l’indicazione di gravi indizi di evasione ovvero di una motivazione specifica, in quanto si tratta di una sorta di atto dovuto, un mero adempimento procedurale che si limita a riscontrare la ricorrenza dei presupposti richiesti dalla norma, ai fini dell’accesso domiciliare.

Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 11779/2018), sono nulli gli atti emessi in seguito a verifiche eseguite in locali utilizzati promiscuamente in assenza dell’autorizzazione.

Anche in ipotesi di accesso presso l’abitazione del contribuente o di un parente o dei soci della società, viste le particolari caratteristiche del luogo di indagine, dove si svolge la vita personale e familiare, occorre una preventiva autorizzazione del procuratore della Repubblica, al fine di rispettare la riservatezza di tutti i soggetti coinvolti. In questo caso, però, è necessario che sussistano gravi indizi di violazioni delle norme tributarie e che l’accesso sia necessario allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture e altre prove delle presunte violazioni, al fine di limitare gli accessi nella sfera privata del contribuente alle fattispecie in cui esistano degli elementi che possano ragionevolmente indurre gli ispettori a ritenere che in quel luogo siano presenti (ovvero nascoste) le prove della violazione tributaria compiuta.

Allo stesso modo, la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato che è nullo l’accertamento fondato su prove acquisite nell’abitazione del contribuente, quando l’autorizzazione all’accesso non indichi gli elementi indiziari della violazione tributaria sospettata (Cassazione n. 17957/2012).

La distinzione non appena operata è fondamentale per la risoluzione della questione prospettata.

Recentemente, la giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 763/2024) ha ribadito che il giudice tributario, in sede di impugnazione dell’atto impositivo basato su libri, registri, documenti e altre prove reperite mediante accesso domiciliare autorizzato dal procuratore della Repubblica, ha il potere-dovere, oltre che di verificare la presenza, nel decreto autorizzativo, di una motivazione (sia pure concisa o per relationem mediante recepimento dei rilievi dell’organo richiedente) circa il concorso di gravi indizi del verificarsi dell’illecito fiscale, anche di controllare la correttezza in diritto del relativo apprezzamento, nel senso che faccia riferimento ad elementi cui l’ordinamento attribuisca valenza indiziaria. Pertanto, nell’esercizio di tale compito, il giudice deve negare la legittimità dell’autorizzazione emessa esclusivamente sulla scorta di informazioni anonime, valutando conseguenzialmente il fondamento della pretesa fiscale senza tenere conto di quelle prove.

Va da sé, invece, come in ipotesi di accesso in luoghi diversi dal domicilio, non occorrendo una preventiva autorizzazione del procuratore della Repubblica o, comunque, essendo quest’ultima un mero atto dovuto, l’ispezione fiscale può avere origine anche in una denuncia anonima.