27 Marzo 2024

Istanza cautelare tra reclamo e definizione semplificata

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 1, comma 1, lett. s), D.Lgs. 220/2023, ha apportato rilevanti modifiche all’articolo 47, D.Lgs 546/1992, in tema di tutela cautelare, sia in senso prettamente formale (aggiornando l’intero testo normativo alla nuova denominazione degli organi di giustizia tributaria) che sostanziale.

Sotto tale ultimo profilo, innanzitutto, viene estesa la potestà cautelare anche al giudice monocratico. Il novellato articolo 47, D.Lgs 546/1992, prevede, infatti, che sull’istanza cautelare provveda “il collegio o il giudice monocratico”. Naturalmente, la competenza cautelare spetterà al giudice monocratico (o al collegio), in base al principio della competenza nel merito.

Tuttavia, la modifica più importante apportata al ridetto articolo 47, D.Lgs 546/1992, è l’introduzione, al comma 4, della possibilità di impugnare l’ordinanza cautelare.

Infatti, mentre nulla cambia in relazione all’iter da seguire per la richiesta della sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato (istanza che può inserita nel ricorso o formulata con atto separato), viene attribuita, per la prima volta, dall’articolo 1, comma 1, lett. s), D.Lgs. 220/2023, la possibilità per le parti di impugnare l’ordinanza di sospensione del provvedimento.

Nel dettaglio, la competenza a decidere in merito all’impugnazione cautelare è attribuita alla Corte di giustizia tributaria di primo grado in formazione collegiale, ove si tratti dell’impugnazione dell’ordinanza emessa dal giudice monocratico; mentre spetta alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, nel caso di impugnazione del provvedimento emesso dalla Corte di primo grado in composizione collegiale.

A tal riguardo, preme sottolineare che, nonostante il comma 4 parli di reclamo … da notificare alle altre parti costituite nel termine perentorio di quindici giorni dalla sua comunicazione da parte della segreteria” solo nel caso di impugnazione del provvedimento emesso dal giudice monocratico e, invece, di impugnazione entro il termine perentorio di quindici giorni dalla sua comunicazione da parte della segreteria” nel caso di ordinanza emessa dal collegio, si deve presumere, stante il richiamo alle norme di procedura civile per quanto non disposto dal D.Lgs 546/1992, che non si tratti di due distinti strumenti di gravame, bensì sempre di reclamo.

Infine, in relazione al procedimento di impugnazione delle ordinanze cautelari, il comma 4 prevede la non impugnabilità dell’ordinanza cautelare emessa dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado. Disposizione, quest’ultima, che riguarda, naturalmente, il provvedimento pronunciato dalla Corte di giustizia tributaria in pendenza dei giudizi d’appello.

La lettera t) dell’articolo 1, comma 1, D.Lgs. 220/2023, inserisce, dopo l’articolo 47-bis, D.Lgs. 546/1992, l’articolo 47-ter, rubricato “Definizione del giudizio in esito alla domanda di sospensione”.

Tale disposizione, fatta eccezione per il caso di pronuncia su reclamo, introduce la possibilità sia per il giudice tributario monocratico che per il giudice collegiale, in sede di decisione sull’istanza cautelare, trascorsi almeno 20 giorni dall’ultima notificazione del ricorso – e accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria –  di definire, in camera di consiglio, il giudizio con “sentenza in forma semplificata”, salvo che una delle parti dichiari di voler proporre motivi aggiunti, ovvero regolamento di giurisdizione.

In particolare, il nuovo articolo 47-ter, D.Lgs 546/1992, al comma 3, stabilisce che tale sentenza semplificata possa essere emanata in tutti i casi in cui il giudice ravvisi “la manifesta fondatezza, inammissibilità, improcedibilità e infondatezza del ricorso”, prevedendo, altresì, che la motivazione del provvedimento possa limitarsi a “un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, a un precedente conforme”.

Tale articolo se, da un lato, è finalizzato a rendere più celere il processo tributario, in ossequio ai principi ispiratori della delega, dall’altro lato, potrebbe comportare un pregiudizio per il diritto di difesa dei contribuenti.

Infatti, nel processo tributario, a differenza di quello amministrativo, in cui la sentenza in forma semplificata rappresenta un istituto tipico, la trattazione delle controversie risulta concentrata in un’unica udienza (in camera di consiglio o, su istanza di parte, con discussione pubblica). Pertanto, l’introduzione nel processo tributario di uno strumento tipico del diritto processuale amministrativo, potrebbe non realizzare l’effetto sperato di snellire il procedimento.

Da ultimo, la facoltà di emettere una sentenza, la cui motivazione possa consistere “in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, a un precedente conforme”, potrebbe incentivare la mera ricerca di quegli elementi o di quel precedente che permettano di risolvere sic et simpliciter le questioni poste dalla controversia in esame, determinando, in tal modo, una contrazione dell’iter processuale e, di conseguenza, del diritto di difesa.