15 Aprile 2024

Il principio di proporzionalità introdotto nello Statuto del contribuente

di Gianfranco Antico
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La scheda di FISCOPRATICO

Tra i principi generali di importanza e funzionalità crescente nel diritto pubblico ha ormai assunto un ruolo di rilievo il principio di proporzionalità dell’attività amministrativa, in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici.

In ragione di tale principio, quindi, ogni provvedimento operato dalla pubblica amministrazione, specialmente se sfavorevole al destinatario, dovrà essere allo stesso tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge. Conseguentemente, ogniqualvolta sia possibile operare una scelta tra più mezzi alternativi, tutti ugualmente idonei al perseguimento dello scopo, andrebbe sempre preferito quello che determini un minor sacrificio per il destinatario, nel rispetto del giusto equilibrio tra vari interessi coinvolti nella fattispecie concreta (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 964/2015).

In ragione di ciò, la L. 111/2023 (Legge delega di riforma fiscale) prevede tra i principi e criteri direttivi specifici per la revisione dello Statuto dei diritti del contribuente, di cui alla L. 212/2000, quale legge generale tributaria, quello di “valorizzare il principio del legittimo affidamento del contribuente e il principio di certezza del diritto”.

Tale obiettivo ha trovato immediato conforto nell’articolo 10-ter, L. 212/2000 – titolato Principio di proporzionalità nel procedimento tributario – secondo cui il procedimento tributario bilancia la protezione dell’interesse erariale alla percezione del tributo con la tutela dei diritti fondamentali del contribuente, nel rispetto del principio di proporzionalità.

In conformità al principio di proporzionalità, l’azione amministrativa deve essere necessaria (conforme, e quindi insostituibile), idonea (rispetto all’obiettivo perseguito) e proporzionale (rispetto alla limitazione dei diritti, in confronto alle finalità).

Il principio di proporzionalità, così come sopra declinato, si applica anche alle misure di contrasto dell’elusione e dell’evasione fiscale e alle sanzioni tributarie; sul punto, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 46/2023, ha affermato che, anche per le sanzioni amministrative tributarie vale il principio di proporzionalità e l’articolo 7, D.Lgs. 472/1997, prevedendo la possibilità di ridurre le sanzioni fino a dimezzarle, si pone come «una opportuna valvola di decompressione che è atta a mitigare l’applicazione di sanzioni», che «strutturate per garantire un forte effetto deterrente al fine di evitare evasioni anche totali delle imposte, tendono a divenire draconiane quando colpiscono contribuenti che invece tale intento chiaramente non rivelano».

Il principio di proporzionalità stabilisce, quindi, un collegamento tra azione e obiettivi. In particolare, come si legge nella relazione illustrativa al provvedimento, esso limita l’azione a quanto strettamente necessario e idoneo a realizzare gli obiettivi. La sua applicazione al procedimento tributario consente, quindi, di mantenere una stretta coerenza dell’azione dell’amministrazione finanziaria rispetto a quanto stabilito dalla legge.

L’introduzione di una norma espressa che riconosce la rilevanza di questo principio all’interno del procedimento tributario risponde all’esigenza di realizzare vari obiettivi, rafforzando la protezione dei diritti del contribuente nel quadro di un loro complessivo bilanciamento rispetto all’esigenza di attuazione dell’interesse erariale al prelievo tributario.

In tale contesto, questa norma pone limiti chiari e precisi all’operato dell’azione amministrativa nel procedimento tributario. Tali componenti sono espressamente indicati al comma 2, dell’articolo 10-ter, L. 212/2000, così da prevenire ogni possibile controversia di natura interpretativa. In particolare, si prevede espressamente che l’azione amministrativa debba essere:

  • necessaria per l’attuazione del tributo;
  • non eccedente rispetto ai fini perseguiti;
  • non limitativa dei diritti dei contribuenti oltre quanto strettamente necessario al raggiungimento del proprio obiettivo.

La disposizione contenuta nel comma 3, dell’articolo 10-ter, L. 212/2000, completa la formulazione normativa, chiarendo che l’applicazione di questo principio nel procedimento tributario involge, oltre le sanzioni, le ipotesi in cui il procedimento riguarda la materia del contrasto all’elusione e all’evasione fiscale, producendo – secondo quanto indicato nella stessa relazione illustrativa del provvedimento – importanti ripercussioni anche in tema di prova all’interno del procedimento tributario, considerato che l’orientamento giurisprudenziale consolidato della Corte di Giustizia Europea richiama spesso l’applicazione di questo principio in tali contesti; in tema di contrasto all’elusione e all’evasione fiscale tale principio viene ad esempio impiegato per negare l’ammissibilità di argomentazioni sviluppate su base presuntiva in sede di procedimento tributario (Corte Giust. Eur., 18.12.1997, Garage Molenheide e aa. v Stato Belga, cause riunite C-286/94, C-340/95, C-401/95 e 47/96, p. 52; Id., 27.9.2007, Teleos e aa., causa C-409/04, p. 58).