26 Aprile 2024

Concordato biennale: dubbi sul calcolo dei debiti tributari

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Il D.Lgs. 13/2024 ha introdotto la procedura di concordato preventivo biennale, allo scopo di favorire l’adempimento spontaneo dei contribuenti.

Tale procedura interessa i contribuenti di minori dimensioni che siano titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni nel territorio dello Stato.

Sotto il profilo procedimentale, il legislatore ha previsto specifiche regole applicative, distinguendo i contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni soggetti agli indici sintetici di affidabilità, da quelli che aderiscono al regime forfettario.

Con specifico riferimento ai contribuenti soggetti agli indici sintetici di affidabilità, di cui all’articolo 9-bis, D.L. 50/2017, è stabilito espressamente che possono accedere al concordato biennale coloro che, in relazione al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta:

  • non hanno debiti tributari;
  • comunque, nel rispetto del termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi e dell’Irap e, nel primo anno di applicazione dell’istituto in parola, di quello per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, hanno estinto i debiti di importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, compresi interessi e sanzioni, ovvero per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o rateazione sino a decadenza dei relativi benefici, secondo le specifiche disposizioni applicabili.

Le medesime cause di esclusione operano per i contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni che aderiscono al regime forfettario.

Le condizioni sopra evidenziate (“…non hanno debiti tributari; comunque … hanno estinto i debiti di importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, compresi interessi e sanzioni, ovvero per contributi previdenziali…”) pongono molteplici dubbi interpretativi.

La disposizione normativa, così come testualmente riportata, si limita a prevedere che l’importo complessivo tra debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e debiti previdenziali definitivamente accertati non deve essere superiore ad euro 5.000.

Tuttavia, non è affatto chiaro, prima di tutto, il perimetro del debito che determina l’eventuale esclusione dall’accesso alla procedura.

Stando al tenore letterale della norma, nel calcolo devono essere certamente ricompresi anche le relative sanzioni e gli interessi. Ma il dubbio su cosa debba intendersi debito resta, così come resta il dubbio sulla sanzione da prendere in considerazione.

Entrando più nello specifico, non è chiaro se il debito tributario da considerare sia quello risultante da un atto della riscossione semplicemente notificato oppure quello indicato in un atto della riscossione scaduto? O, ancora, il debito tributario è da considerarsi scaduto sin dall’origine?

A ben vedere, l’unica ipotesi in cui non dovrebbero sussistere dubbi è quella in cui si ha un atto della riscossione scaduto, e quindi un’iscrizione a ruolo scaduto, con la sanzione definitivamente accertata e il ricalcolo degli interessi maturati sino alla data del pagamento.

Esemplificando, laddove il debito fosse di importo pari a 4.000 euro e la sanzione del 30% pari a 1.200 euro, si avrebbe un debito totale di ammontare pari a 5.200 euro, oltre interessi. Nessun dubbio, quindi, sul superamento della soglia di 5.000 euro.

Viceversa, nel caso in cui non si fosse in presenza di un debito iscritto a ruolo scaduto, non è per nulla chiaro cosa accada.

In questo scenario, dunque, si ha di fronte un ampio e intricato ventaglio di ipotesi e dubbi. Deve essere considerato debito anche il mero mancato versamento d’imposta nei termini ordinari pur in presenza di un ruolo non scaduto? E quale sanzione andrebbe considerata in assenza di iscrizione a ruolo?

Quella piena, come visto sopra, determinerebbe il superamento della soglia a prescindere dalla notifica o meno della cartella di pagamento. Quella da ravvedimento, invece, potrebbe far scendere il debito totale ben al di sotto della soglia di 5.000 euro, al netto degli interessi.

Inoltre, nel caso di notifica di un avviso bonario che nel frattempo è scaduto, la sanzione da considerare dovrebbe essere quella piena del 30%. Se, invece, non è scaduto, perché non sono decorsi i 30 giorni dalla notifica o vi è dilazione di pagamento in atto, paradossalmente il debito non dovrebbe più rientrare nel perimetro degli importi scaduti.

In definitiva, appare evidente come la normativa in esame susciti più di qualche dubbio e l’auspicio è che si arrivi a chiarimenti che ne semplifichino l’applicazione pratica.