27 Gennaio 2015

Dichiarazione precompilata e responsabilità del professionista

di Giovanni Valcarenghi
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L’asse portante dell’intero meccanismo della dichiarazione precompilata è costituito sui seguenti punti:

  1. ampliamento delle informazioni da trasmettere all’Anagrafe tributaria (si veda il precedente intervento sull’invio telematico delle certificazioni, pubblicato il 20/01/2015);
  2. messa a disposizione del contribuente, previa elaborazione e “assemblamento” dei dati, di una dichiarazione (obbligatoriamente incompleta, nella prima fase triennale di sperimentazione);
  3. possibilità del contribuente di accettare il modello così come proposto, piuttosto che di proporre delle modifiche o delle integrazioni al contenuto (che, per la stessa motivazione di cui al punto precedente, sembrano quasi necessitate, tranne per chi avesse pochi o nulli oneri e spese – diversi dai pochi già intercettati dal sistema nella prima fase di avvio – da far valere in deduzione o detrazione).

Proprio il terzo punto impone una seria riflessione, poiché l’intervento in modifica / integrazione, potrà essere effettuato:

  • direttamente dal contribuente in proprio, oppure per il tramite del sostituto di imposta che presta assistenza fiscale;
  • per il tramite di un CAF o di un professionista abilitato.

Proprio su questo tema si è soffermata la Direttrice dell’Agenzia dott.ssa Orlandi, lo scorso 15 gennaio, in sede di audizione presso la Commissione di Vigilanza sull’anagrafe tributaria, anche in risposta alle perplessità manifestate dai rappresentanti del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in merito a possibili censure di incostituzionalità (Art. 53) della disposizione.

Nel primo caso, di scarso interesse per il mondo professionale, non ci sono problemi di sorta; infatti, l’art. 5 del D.Lgs .n. 175/2014:

  • esclude il controllo formale a carico del contribuente per i dati relativi agli oneri comunicati dai soggetti terzi all’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui la dichiarazione precompilata sia presentata senza modifiche (resta fermo il controllo sulla sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto a detrazioni, deduzioni e agevolazioni);
  • prevede il controllo su tutti i dati indicati nella dichiarazione, se la medesima contiene modifiche che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta.

Nel secondo caso, invece, scatta la complicazione della responsabilità: infatti, salvo alcuni casi di esimente, il professionista che interviene nella fase di modifica / integrazione (apponendo il visto di conformità) subisce contraccolpi non indifferenti, potendo essere chiamato a rispondere in proprio delle maggiori imposte e delle sanzioni contestate dall’Agenzia.

Innanzitutto, a prescindere dall’esistenza di modifiche:

  • il controllo formale si effettua nei riguardi dell’intermediario che appone il visto di conformità anche in riferimento agli oneri forniti da soggetti terzi e indicati nella dichiarazione precompilata; ciò significa che l’esclusione del controllo formale nei confronti del contribuente comporta l’esonero dal pagamento delle somme che allo stesso contribuente sarebbero state chieste a seguito del controllo formale della dichiarazione sui dati oggetto del visto di conformità (art. 6, del D. Lgs. n. 175/2014).
  • mentre, nei riguardi del contribuente, permane il controllo sulla sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto a detrazioni, deduzioni e agevolazioni.

L’apposizione del visto di conformità comporta la verifica di corrispondenza formale:

  • delle ritenute,
  • dei versamenti,
  • delle spese per oneri per i quali è richiesta la deduzione o la detrazione,
  • dei crediti d’imposta,
  • delle eccedenze d’imposta.

Ciò significa, per il contribuente, che l’apposizione del visto di conformità sulla propria dichiarazione genera, a parere dell’Agenzia, un affidamento circa la definitività del rapporto tributario. In tal senso, la definitività per il contribuente viene “barattata” con la responsabilità del soggetto vistante, tenuto a rispondere al pagamento di un importo corrispondente alla somma dell’imposta, degli interessi e della sanzione reclamati dall’Agenzia. La responsabilità è esclusa solo nel caso in cui l’infedeltà del visto sia stata determinata da una condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.

A tale baratto, si precisa, non pare possibile rinunciare, posto che ciò vanificherebbe la ratio dell’intera disposizione che privilegia la semplificazione nei confronti dei contribuenti.

Diversamente, non scatta alcuna responsabilità in capo al soggetto che appone il visto (restando dunque obbligato il solo contribuente) in relazione ai dati che non sono oggetto di controlli formali, quali, ad esempio: l’ammontare dei redditi fondiari, dei redditi diversi e delle relative spese di produzione.

Oltre alla esclusione (vera e propria) da responsabilità, il decreto prevede anche una limitazione, che diviene di attualità qualora ci si avveda di errori commessi nella dichiarazione e nei controlli, entro la data del 10 novembre. In tal caso ci sono due possibili rimedi:

  • il contribuente collabora ed accetta che si presenti una dichiarazione integrativa;
  • il contribuente non collabora ed il soggetto che ha apposto il visto trasmette una comunicazione alle Entrate contenente i dati rettificati.

Ciò permette al vistante di rispondere della sola sanzione, ridotta ad 1/8 del minimo, a condizione che la medesima sia versata entro il medesimo termine del 10 novembre. Imposta ed interessi verranno richiesti direttamente al contribuente.

Per questo incremento di responsabilità a carico di CAF e professionisti, si prevede l’adeguamento del massimale della polizza assicurativa (sino a 3 milioni di euro) e l’estensione della garanzia allo Stato o al diverso ente impositore al fine di salvaguardare il risarcimento dei danni eventualmente provocati nell’attività di assistenza fiscale, in considerazione del maggiore rischio connesso all’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni precompilate. Sulla decorrenza di tale nuovo massimale (che dovrebbe interessare ogni visto di conformità) si dovrebbe restare ancorati alla data del 13.12.2014, momento di entrata in vigore del Decreto semplificazioni, anche se è stato correttamente osservato che si potrebbe applicare il differimento di 60 giorni da Statuto del contribuente.

Tutto chiaro, dunque?

Direi proprio di no; come è possibile “evitare” la dichiarazione precompilata? Per chi vuole restare “fedele” alla vecchia dichiarazione, c’è la possibilità di sfuggire alle nuove responsabilità?

Sono aspetti di primaria importanza che richiedono un chiarimento a breve