7 Gennaio 2015

Esproprio con rivalutazione

di Luigi Scappini
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La legge di
Stabilità 2015, offre, per la
dodicesima
volta, la possibilità di procedere alla
rideterminazione del valore dei
terreni agricoli ed edificabili, nonché delle
partecipazioni in società non quotate posseduti da persone fisiche non esercenti attività di impresa, società semplici, società ed enti ad esse equiparate di cui all’art.5 Tuir, enti non commerciali (per i soli beni che non rientrano nell’esercizio di impresa commerciale) e soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia.

Rispetto al passato tuttavia, nonostante sia come di consueto ripresa in toto la norma ormai collaudata, è arrivata un’“amara” sorpresa per i contribuenti, infatti, si è assistito a un raddoppio delle aliquote rivalutative che di conseguenza variano come segue:

  • 8% per i terreni agricoli e le aree edificabili;
  • 8% per le partecipazioni qualificate;
  • 4% per le partecipazioni non qualificate.

Si ricorda come siano rideterminabili i valori di terreni e partecipazioni posseduti al 1° gennaio 2015 e che la perizia deve essere asseverata entro e non oltre il 30 giugno 2015, termine di versamento della prima o unica rata.

Un caso di utilizzo della rivalutazione potrebbe essere quello nell’ambito di un procedimento espropriativo.

L’art. 11, comma 5 della L. n. 413/1991, trasfuso nell’art. 35 del D.P.R. n. 327/2001 (Testo unico espropri) ha equiparato la plusvalenza derivante dalla libera cessione di aree edificabili, a quella conseguita in ragione di provvedimenti espropriativi di terreni.

La norma si applica in riferimento alle aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche ovvero di infrastrutture urbane, collocate nelle zone omogenee A, B, C, e D.

Non rileva l’effettiva edificabilità dell’area in rispetto a quanto dettato dall’art. 36 del D.L. n. 223/2006, essendo prevista l’imponibilità per le aree in quanto collocate in un determinato perimetro, a prescindere dalla loro qualificazione urbanistica.

Le somme percepite possono essere percepite dal contribuente in ragione di:

  1. indennità di espropriazione;
  2. per cessione volontaria (o bonaria) di aree nel corso di procedimenti espropriativi;
  3. per espropriazioni di fatto;
  4. indennità di occupazione.

Gli enti eroganti devono operare una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 20%, fermo restando la facoltà del contribuente di optare in sede di dichiarazione annuale dei redditi, per la tassazione ordinaria.

La plusvalenza imponibile sarà pari alla differenza tra le somme percepite a seguito dell’espropriazione o dell’occupazione acquisitiva, e il prezzo di acquisto del terreno ceduto o espropriato, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.

Ne deriva che sarà utilizzabile anche l’eventuale valore derivante dalla rideterminazione eseguita.

Come espressamente previsto dalla normativa, il valore rideterminato rappresenta il valore minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e delle ipocatastali.

Resta fermo, come affermato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 15/E/2002 che, dal momento che “il valore attribuito al cespite dalla perizia tiene conto delle condizioni urbanistiche, geologiche, eccetera, esistenti al momento della valutazione”, è nelle facoltà del contribuente “non avvalersi del valore rideterminato ove siano sopravvenuti fatti che lo rendano non più attuale”.

In tal caso, il contribuente dovrà procedere all’evidenziazione in atto, per poter consentire all’ufficio di tenerne conto ai fini della rettifica della base imponibile delle imposte di registro ipotecarie e catastali.

Senza entrare nel merito del corretto valore di indennizzo, che purtroppo non sempre coincide con il valore venale in comune commercio, qui vogliamo sottolineare come spesso ne derivi una vessazione per il contribuente, se si volesse sposare l’indirizzo dell’Agenzia delle Entrate.

Infatti, noto è l’indirizzo, non supportato, aggiungiamo noi, da alcun dato normativo, dell’Agenzia delle Entrate per cui, affinché il valore periziato dispieghi la propria efficacia, è necessario che il contribuente in atto dichiari un valore a esso superiore.

Ecco che, allora, si verrebbe a determinare una condizione quasi surreale ove, oltre a dover “sottostare” a un esproprio, per pubblica utilità, ma sempre esproprio, il contribuente si vedrebbe incisa da tassazione la ridotta plusvalenza originatasi.

Tuttavia, si sta creando un filone giurisprudenziale, per adesso esclusivamente di merito, che ammette la possibilità di dichiarare in atto un valore inferiore a quello periziato senza che per questo si debba prendere a riferimento il valore fiscale di carico originario. In tal senso, sia la CTR di Milano n.169/2011, che la più recente CTP di Catania n. 635/2014.

E se qualche dubbio, in termini generali, potrebbe rimanere in tema di imposta di registro, nel caso specifico di esproprio, l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 35/E/2004, confermando quanto affermato nella già richiamata Circolare n. 15/E/2002, ha precisato che tale impostazione ha natura antielusiva che richiede coerenza di comportamento tra imposte dirette e indirette, precisa come tale disposizione “non ha ragione di operare con riferimento alle imposte di registro, ipotecarie e catastali relative ai trasferimenti determinati da procedimenti di espropriazione nei quali la relativa indennità sia determinata in misura inferiore al valore normale del bene, e quindi in misura inferiore al valore rivalutato, in applicazione dei criteri dettati per la determinazione delle indennità di esproprio dal Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità (DPR 27 dicembre 2002 n. 302 e successive modificazioni). In tali ipotesi, infatti, il minor valore indicato nell’atto di registro consegue all’applicazione della specifica normativa sugli espropri. Resta ferma, in tale particolare ipotesi, la possibilità di utilizzare il valore rideterminato sulla base della perizia giurata di stima ai fini della determinazione dell’eventuale plusvalenza di cui all’articolo 67, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, tenendo sempre conto che, come più volte chiarito, l’assunzione del valore “rideterminato” non consente il realizzo di minusvalenze.”.

Si ritiene che la posizione di apertura della prassi sia estendibile anche alla fattispecie di cessione volontaria posta in essere nell’ambito di un procedimento espropriativo, per effetto di quanto affermato con la Risoluzione n. 254/E/2002 che equipara, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria, catastale e di bollo i contratti di cessione volontaria di beni in corso di esproprio ai decreti di esproprio.