24 Ottobre 2023

L’Amministrazione finanziaria si uniforma alla Cassazione:il coacervo successorio è abrogato

di Marco Alberi
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La scheda di FISCOPRATICO

Con la circolare n. 29/E/2023, l’Agenzia delle entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito all’applicazione del coacervo “successorio” e del coacervo “donativo”, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.

Ma andiamo per ordine.

 

Il coacervo successorio

Nelle more del previgente sistema impositivo, ovvero quando l’imposta sulle successioni e donazioni era organizzata in un sistema di aliquote progressive applicabili per scaglioni, l’articolo 8, comma 4, D.Lgs. 346/1990, ha previsto l’istituto del coacervo “successorio” che comportava la riunione fittizia del valore attualizzato delle donazioni elargite in vita dal de cuius agli eredi e legatari (c.d. donatum), con il valore dell’asse ereditario (c.d. relictium), al fine di evitare che tramite il frazionamento del patrimonio (in una pluralità di trasferimenti) fosse elusa la progressività dell’imposta.

Il predetto sistema di imposizione, su base progressiva, è venuto meno con l’introduzione, ad opera della L. 342/2000, di un sistema di tassazione basato su:

  • tre aliquote fisse e proporzionali (4%, 6%, 8%), differenziate in funzione del legame di parentela intercorrente tra il disponente (de cuius o donante) e il beneficiario del trasferimento (erede o donatario);
  • delle franchigie, anch’esse differenziate in base al rapporto intercorrente fra disponente e beneficiario.

Era di tutta evidenza che, a seguito delle intervenute modifiche normative, la ratio del coacervo sia venuta meno.

Con la circolare n. 3/E/2008, l’Agenzia delle entrate ha sostenuto, invece, la tesi opposta, ovverosia che, ai fini dell’imposta di successione, avrebbero rilevato tutte le donazioni realizzate dal de cuius a favore dello stesso beneficiario (ivi comprese quelle intervenute nel periodo in cui l’imposta di successione era stata abrogata), precisando ulteriormente che la sommatoria tra relictum e donatum non si sarebbe dovuta utilizzare ai fini della determinazione delle aliquote, ma soltanto ai fini del calcolo delle franchigie.

Di diversa opinione la Giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 3989/2020, Cassazione n. 22738/2020, Cassazione n. 25909/2020, Cassazione n. 27827/2020, Cassazione n. 10171/2022, Cassazione n. 11422/2022; Cassazione n. 17623/2022), la quale ha rilevato che il coacervo “successorio”:

  • è un istituto “implicitamente abrogato” per incompatibilità applicativa con il nuovo sistema delle aliquote proporzionali introdotto dall’articolo 69, L. 342/2000 (che ha sostituito il sistema delle aliquote progressive per scaglioni);
  • non può più essere applicatoper determinare le aliquote né ai fini del calcolo delle franchigie.

A fronte del citato consolidato orientamento giurisprudenziale, con la circolare n. 29/E/2023 l’Agenzia delle entrate ha ritrattato la propria precedente posizione sul tema, adeguandosi al fatto che, ai fini dell’imposta di successione, l’istituto del coacervo “successorio” deve ritenersi “implicitamente abrogato”, con la conseguenza che lo stesso non può essere applicato per la determinazione delle aliquote e per il calcolo delle franchigie. Ne consegue che, le franchigie dell’imposta di successione e dell’imposta di donazione devono ritenersi autonome e distinte tra loro, nel senso che un figlio può legittimamente beneficiare della franchigia di un milione di euro sulle donazioni ricevute in vita dal padre e, successivamente, potrà usufruire della franchigia di un milione di euro sui beni che riceverà in qualità di erede del defunto padre.

 

Il coacervo donativo

Il coacervo “donativo”– disciplinato dall’articolo 57, comma 1, TUS – è un istituto che implica di sommare tutte le donazioni ricevute dal donatario dal medesimo donante, al fine di valutare l’erosione delle franchigie. A tale proposito, sempre nel contesto della richiamata circolare n. 3/E/2008, l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di precisare che gli atti di donazione pregressi avrebbero rilevato a prescindere dal periodo nel quale siano stati stipulati, dovendo, quindi, essere considerati, ai fini della determinazione delle franchigie:

  • sia gli atti stipulati nel periodo compreso tra il 25.10.2001 (data di entrata in vigore della normativa che ha abrogato l’imposta sulle successioni e donazioni) e il 29.11.2006 (data di entrata in vigore del regime attuale);
  • sia quelli precedenti al 25.10.2001.

Nel confermare la vigenza del coacervo “donativo”, la Giurisprudenza di legittimità ha assunto, però, due posizioni divergenti:

  • una minoritaria, coerente con la posizione dell’ufficio, che confermavala rilevanza delle donazioni postein essere nel periodo in cui l’imposta non era vigente (Cassazione n. 11677/2017);
  • una consolidata, secondo cui il coacervo donativo non avrebbe dovuto comprendere le donazioni anterioriposte in essere in esenzione da imposta ovvero nel periodo (ottobre 2001 – novembre 2006) nel quale l’imposta di donazione non esisteva” (Cassazione n. 727/2021, Cassazione n. 9617/2021, Cassazione n. 40865/2021 e Cassazione n. 5690/2023).

Nel contesto della recente circolare n. 29/E/2023, l’Amministrazione finanziaria sposa quest’ultimo orientamento consolidato della Suprema Corte di Cassazione, chiarendo che deve intendersi superato quanto indicato nella citata circolare n. 3/E/2008, nella parte in cui prevede che, ai fini della determinazione della franchigia, rilevano anche le donazioni effettuate nel periodo “compreso tra il 25 ottobre 2001 (…) e il 29 novembre 2006 (data di entrata in vigore del regime attuale) (…)”. Conseguentemente, ai soli fini dell’imposta di donazione, l’istituto del coacervo “donativo” continua a trovare applicazione, ma dallo stesso devono essere escluse le donazioni realizzate nel periodo in cui la disciplina relativa all’imposta sulle successioni e donazioni risultava abrogata.

A fronte del nuovo orientamento assunto dall’Amministrazione finanziaria, in tema di coacervo successorio e donativo, la circolare n. 29/E/2023 invita “le strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e, ove l’attività di liquidazione dell’ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, ad abbandonare, con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio, la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni”.