29 Marzo 2024

Plastic Tax italiana: ultima chiamata

di Guido Calderaro
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La scheda di FISCOPRATICO

Mancano ormai pochi mesi all’entrata in vigore della Plastic Tax in versione italiana. Introdotta con Legge di Bilancio per il 2020 (articolo 1, comma da 634 a 658, L. 160/2019) l’imposta sul consumo è stata prevista per manufatti con singolo impiego (i cosiddetti MACSI) che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari. Al momento dell’introduzione di questa imposta, l’Italia appariva certamente all’avanguardia; tuttavia, la complessità dell’impianto normativo e la sua forte avversione da parte di larga parte del comparto industriale ne hanno suggerito il differimento, dapprima al successivo 1.1.2021, e da ultimo all’1.7.2024, con l’articolo 1, comma 44, L. 213/2023.

Il rinvio limitato al prossimo 1.7.2024, a differenza di quanto avvenuto nel passato, ha indotto molte perplessità tra gli operatori che si sta trasformando in sconcerto visto che ormai, a poco più di tre mesi, dal suo teorico avvio, non se ne hanno notizie. Come si può ben immaginare, l’imposta non è di automatica e agevole applicazione, come ben sanno gli operatori che si sono confrontati con la Plastic Packaging Tax (PPT) del Regno Unito o con l’Impuesto especial sobre los envases de plástico no reutilizables spagnola. Quest’ultima, tra l’altro, introdotta successivamente a quella italiana ne ha mutuato diversi aspetti anche se, in definitiva, è stata più saggiamente limitata all’ambito degli imballaggi.

L’imposta italiana colpisce, invece, i manufatti realizzati con l’impiego anche parziale di materie plastiche di polimeri organici sintetici, non ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti o essere riutilizzati per lo stesso scopo e che hanno funzione o sono utilizzati per contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari.  Ciò che fondamentalmente rileva, non è la possibilità di riutilizzare il cd. MACSI, quanto la sua originaria funzione di impiego non ripetuto (singolo); per fare un esempio semplicistico, è la differenza tra la bottiglia di plastica (dell’acqua minerale) e la borraccia; la prima trova la fine naturale di utilizzo una volta che si è consumata l’acqua, mentre la seconda è concepita per essere riempita più volte; nel primo caso siamo di fronte ad un MACSI.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), chiamata a stabilire con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (articolo 1, comma 651 e s.s., L. 160/2019) le modalità di attuazione dell’imposta sino ad oggi si è limitata a presentare le linee guida che ne sono alla base, ma non ha ancora formalizzato il testo finale. La delega prevederebbe l’identificazione dei MACSI in ambito doganale sulla base dei codici della loro nomenclatura combinata (NC); in realtà si conoscono le NC dei polimeri organici sintetici utilizzati per la produzione dei MACSI e ciò significa che molti dubbi continuano a sussistere sull’individuazione dei manufatti che rientrano o meno nell’oggetto dell’imposta quando non è definito/definibile l’uso singolo o ripetuto dello stesso.

Il concetto di MACSI è stato esteso dal legislatore fino ad includervi:

  • i dispositivi che consentono la chiusura, la commercializzazione, la presentazione dei MACSI o dei manufatti costituiti interamente da materiali diversi dalle stesse materie plastiche;
  • i semilavorati, comprese le preforme, costituiti anche parzialmente da materie plastiche, impiegati nella produzione di MACSI.

Esclusi dall’imposta i MACSI i compostabili, i dispositivi medici predefiniti e quelli adibiti a contenere e proteggere preparati medicinali, mentre il tributo non è dovuto per la plastica riciclata contenuta nei MACSI e quando questi sono ceduti o esportati per il consumo in altri Paesi.

L’imposta era stata prevista con un’aliquota di 0,45 euro/Kg di plastica e con una soglia di esclusione dal versamento fino euro 25,00 nel periodo di riferimento.

I soggetti obbligati al pagamento dell’imposta sono: il fabbricante, il venditore, l’acquirente UE, il cedente UE e l’importatore.

Un particolare chiarimento è necessario per il cd. “venditore”, figura inizialmente non prevista e introdotta con la L. 178/2020, con l’intento di spostare l’obbligo tributario, nel caso di conto lavoro, al soggetto che vende MACSI prodotti per suo conto da un fabbricante. Si tratta, tuttavia, di una modifica infelice che rischia di complicare ancora di più l’individuazione dei soggetti obbligati perché nell’attuale formulazione ricomprende anche le casistiche di coloro che fanno realizzare MACSI di propria progettazione.

L’individuazione dell’acquirente UE non richiede particolari complessità ma estende l’ambito di applicazione dell’imposta ad una platea molto vasta di soggetti obbligati, certamente di non facile controllo e forse lontana dalla normale dinamica delle imposte di consumo di stretta competenza dell’ADM, che riguarda un ristretto ambito di operatori preventivamente identificati e controllabili.  Se è titolare di un deposito di MACSI, l’acquirente UE deve fornire all’Ufficio ADM la descrizione del deposito, la relativa capacità nonché le procedure con cui è tenuta la contabilità del deposito.

I cedenti UE sono quei soggetti che da fuori il territorio nazionale inviano direttamente ai consumatori finali i MACSI e che per poter operare necessitano di un rappresentante fiscale; va chiarito che per rappresentante fiscale non si intende il soggetto previsto dall’articolo 17, D.P.R. 633/1972, ai fini dell’Iva, bensì di un analogo soggetto che si identifichi per lo scopo dell’imposta presso l’ADM; beninteso che lo stesso soggetto che assolve gli adempimenti Iva potrà identificarsi anche per gli adempimenti della plastic tax, ma con netta distinzione tra i due ambiti tributari.

Anche per gli acquisti UE potrebbe essere ugualmente necessario un rappresentante fiscale laddove l’acquisto si concretizzi in capo ad un soggetto non stabilito nel territorio dello Stato.

Per quanto riguarda i fabbricanti, merita sottolineare la necessità di stoccaggi separati tra plastica vergine, plastica riciclata, nonché dei MACSI di processo introdotti nell’impianto; si tratta di una complessità non logica e che si può trovare un limite qualora manchi adeguato spazio presso il fabbricante.

Il semplice produttore di MACSI (c.d. trasformatore) che ne utilizza altri sui quali l’imposta è dovuta da un altro soggetto, senza l’aggiunta di ulteriori materie plastiche, è tenuto a farsi censire dall’ADM.

I soggetti fin qui richiamati sono tenuti alla presentazione di una comunicazione preventiva (identificazione ditta, caratteristiche dell’impianto e del processo produttivo); al rilascio codice identificativo e alla presentazione di una dichiarazione trimestrale contenente i dati per la liquidazione dell’imposta entro il mese successivo alla chiusura del trimestre (solo in caso in cui l’imposta da versare superi i 25 euro) di riferimento.

L’importatore è tenuto, invece, alla indicazione di un codice addizionale (Z051) nella dichiarazione di importazione, a versare l’imposta unitamente agli altri diritti di confine e ad apporre sulla documentazione commerciale che accompagna i MACSI importati (tal quali o in combinazione con altre merci) l’annotazione dell’avvenuto assolvimento dell’imposta. Non risulta ancora uno specifico codice tributo per i data element della nuova dichiarazione doganale di import.

Più controversi e complessi sono gli aspetti legati alle contabilità e alle dichiarazioni trimestrali cui i diversi soggetti (ad esclusione degli importatori) sono obbligati. Se da un lato l’ADM non ha voluto condizionare le registrazioni alle contabilità rigoristiche previste per le accise e le altre imposte di consumo, per contro l’analiticità richiesta per la compilazione delle dichiarazioni trimestrali impone probabilmente un dettaglio superiore a quello richiesto per la contabilità ausiliaria di magazzino dall’articolo 14, D.P.R. 600/1973. Ciò riguarda in particolar modo i fabbricanti e i già citati “venditori” che dovrebbero tracciare un numero molto elevato di informazioni.

La presentazione della dichiarazione trimestrale è prevista in via telematica e deve riguardare anche i MACSI esclusi dall’imposta o che sono esclusi dal pagamento dell’imposta.

Un ultimo aspetto riguarda, poi, il rimborso possibile quando il MACSI non è destinato al consumo interno nel territorio nazionale (quindi al cedente, per il consumo in altri Paesi dell’UE o all’esportatore); per l’ottenimento sono previsti obblighi di comunicazione preventiva e di dimostrazione dell’avvenuto pagamento dell’imposta con modalità ancora un po’ confuse; occorre, infatti, il tracciamento attraverso la fatturazione, ma anche un provvedimento interdirettoriale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e dell’Agenzia delle entrate per i dati aggiuntivi da indicare nelle fatture di cessione e di acquisto dei MACSI  e lo scambio di informazioni.

Quando l’imposta risulti indebitamente pagata il rimborso potrà essere richiesto, pena di decadenza, nel termine di due anni dal pagamento.

L’incertezza dell’entrata in vigore, dopo anni di rinvii, rischia di costare molto cara agli operatori economici; quelli più attenti e in particolare i gruppi multinazionali, hanno iniziato le analisi della loro filiera per comprendere quali sono i propri MACSI, le relative caratteristiche, i fornitori e così via. Un lavoro che potrebbe rivelarsi inutile in caso di ulteriore rinvio o cancellazione dell’imposta, ma che potrebbe rivelarsi fondamentale qualora l’imposta dovesse prendere avvio nei tempi previsti. Di sicuro verranno rispettati i termini previsti dall’articolo 6, comma 3, L 212/2000 (statuto dei diritti del contribuente) che prevedono, per quest’ultimo, la conoscenza degli adempimenti da osservarealmeno sessanta giorni prima del termine assegnato al contribuente per l’adempimento”.

L’invito, quindi, al Governo è di rendere pubbliche al più presto le proprie intenzioni e volendo proseguire nella direzione a suo tempo tracciata (forse condizionata dalle ristrette risorse economiche disponibili) di rivedere semplificando al massimo le procedure sino ad oggi previste in un’ottica orientata all’agevole adempimento da parte degli operatori e controllo da parte delle autorità, condizione che oggi non sembra concretamente attuabile e che potrebbe rischiare di paralizzare anche la stessa Agenzia delle dogane e dei Monopoli.