9 Novembre 2023

Implicazioni pratiche conseguenti all’abrogazione del coacervo successorio

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, con circolare n. 29/E/2023, l’Agenzia delle entrate si è allineata al consolidato orientamento di legittimità in tema di coacervo “successorio”.

A tal proposito, si rammenta che l’istituto del c.d. coacervo “successorio” del donatum con il relictum è disciplinato dall’articolo 8, comma 4, D.Lgs. 346/1990 (c.d. TUS, Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni). Esso comporta la riunione fittizia del valore attualizzato delle donazioni effettuate in vita dal de cuius ad eredi e legatari (c.d. donatum) con il valore dell’asse ereditario (c.d. relictum).

La Corte di cassazione, con le più recenti ordinanze n. 22738/2020 e n. 10255/2020, a conferma dell’orientamento espresso per la prima volta con le sentenze n. 24940/2016 e n. 26050/2016, ha affermato che la disciplina del coacervo “successorio” sarebbe stata abrogata implicitamente dalla L. 342/2000, la quale ha sostituito il sistema di aliquote progressive con quello attualmente in vigore di aliquote fisse.

Di contrario avviso è sempre stata l’Agenzia delle entrate, la quale ha continuato a ritenere che l’istituto del coacervo dovesse comunque trovare applicazione limitatamente al calcolo della franchigia residua (circolare n. 207/E/2000 e circolare n. 3/E/2008), così riconoscendo una sola franchigia utilizzabile cumulativamente per le donazioni e per la successione ereditaria.

Volendo esemplificare, la legge riconosce a Tizio una franchigia di euro 1.000.000 per i trasferimenti a favore del figlio. Se Tizio ha già disposto a favore del figlio donazioni per euro 900.000, l’applicazione del coacervo comporta che per la sua successione ereditaria disporrà di una franchigia residua di euro 100.000. In assenza di coacervo, invece, la franchigia per la successione sarà di un ulteriore euro 1.000.000 e Tizio si troverà a beneficiare dunque di una franchigia totale di euro 1.900.000.

Invece, con il suddetto documento di prassi (circolare n. 29/E/2023), come anticipato, l’Agenzia delle entrate ha mutato il proprio precedente orientamento, aderendo alla richiamata posizione giurisprudenziale secondo cui, ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione, l’istituto del coacervo “successorio” deve ritenersi “implicitamente abrogato”, con la conseguenza che lo stesso non può essere applicato né per determinare le aliquote, né ai fini del calcolo delle franchigie.

Le conseguenze pratiche di tale mutamento non sono di poco conto.

Innanzitutto, si osserva che la sua applicazione assume notevole rilevanza soprattutto per i grandi patrimoni. Basti pensare al caso di una coppia di coniugi con tre figli e sei nipoti. I suddetti coniugi avrebbero cumulativamente una franchigia totale (donazioni + successioni) fino a euro 36.000.000 per i trasferimenti a favore dei propri discendenti. Ciascun coniuge potrebbe, infatti, trasferire in esenzione fino a euro 1.000.000 per ciascun figlio e ciascun nipote attraverso donazioni (in totale euro 9.000.000 per coniuge) e altrettanto attraverso i trasferimenti mortis causa.

Ma non solo. La nuova interpretazione dell’Agenzia delle entrate comporterà un risparmio fiscale sino a 40.000 euro per ciascun successore in ipotesi di successione in favore del coniuge o dei discendenti, per i quali si applica l’aliquota del 4 % e la franchigia ulteriore di euro 1.000.000.

Da ultimo, vanno analizzati gli effetti sulle vicende passate. Sul punto, è d’uopo evidenziare che l’Agenzia delle entrate, con la richiamata circolare n. 29/E/2023, ha invitato le strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e, ove l’attività di liquidazione dell’ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, ad abbandonare, con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio, la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni.

Si pone poi il problema di verificare le possibili soluzioni per chi abbia già pagato e voglia chiedere il rimborso delle maggiori imposte versate.

A tal fine si ipotizzi che nel 2022, a seguito di successione, Tizio abbia trasferito in favore dei figli Caia e Sempronio, in parti uguali, un patrimonio relitto pari a euro 6.000.000, avendo compiuto in vita donazioni in favore di ciascuno di essi pari a euro 4.000.000. Nella specie, i figli di Tizio avranno pagato per la successione euro 240.000 = (6.000.000*4%), mentre secondo la nuova interpretazione sarebbero dovuti allo Stato soltanto euro 160.000 = (4.000.000*4%).

Ad una prima esame della questione, sembrerebbe che la disposizione recata dall’articolo 42 TUS non possa trovare applicazione in quanto non contempla il caso in cui si abbia un mutamento di prassi, mentre potrebbe essere più agevolmente tentata la strada dell’indebito oggettivo, ai sensi dell’articolo 2033 cod. civ., che gode peraltro di un termine di prescrizione decennale per il rimborso.