30 Aprile 2015

Pubblicità dichiarativa dell’imprenditore agricolo – parte I

di Luigi Scappini
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Il codice del ’42 ha introdotto un regime, il cd. regime speciale dedicato in via esclusiva ai soggetti operanti nel comparto agricolo, regime che trovava il proprio incipit nell’articolo 2136 codice civile, ai sensi del quale “Le norme relative all’iscrizione nel registro delle imprese non si applicano agli imprenditori agricoli, salvo quanto è disposto dall’articolo 2200”.

Ebbene, in occasione della riforma introdotta con la Legge delega n. 57/2001 il Legislatore ha apportato alcune novità in tema di iscrizione degli imprenditori agricoli al registro imprese tenuto presso le CCIAA di competenza che, non senza polemiche, da un lato completano l’iter di evoluzione iniziato con la Legge n. 580/1993 e, dall’altro, avvicinano sempre più l’imprenditore agricolo a quello commerciale di cui all’articolo 2195 codice civile con tutte le conseguenze e domande del caso.

Ma andiamo con ordine e ripercorriamo il quadro storico, che in origine non prevedeva l’iscrizione in Camera di commercio per gli operatori nel settore agricolo. Attenzione: tale regola non doveva considerarsi generale, bensì speciale e limitata all’esercizio in forma individuale o a mezzo della forma societaria più elementare, ferma restando la necessità di iscrizione nell’ipotesi di opzione per una delle altre forme giuridiche più complesse.

La Legge n. 580/1993 (Riordinamento delle Camere di commercio, industria, artigianato, agricoltura), finalmente prevede l’istituzione del registro delle imprese e, per la parte che qui interessa, con l’articolo 8, comma 4 stabilisce che “sono iscritti in sezioni speciali del registro delle imprese gli imprenditori agricoli di cui all’art.2135 c.c., i piccoli imprenditori di cui all’art.2083 del medesimo codice e le società semplici”.

Il successivo comma 5 esplicita la ratio e il fine di tale iscrizione che è quello di avere “funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, oltre agli effetti previsti dalle leggi speciali”.

Ne deriva che l’iscrizione ha, quale scopo, quello notiziale, comportando, di conseguenza, la conoscibilità dei fatti iscritti, ma non anche la presunzione di conoscenza degli stessi da parte dei soggetti terzi all’impresa.

In altri termini, l’iscrizione alla sezione speciale non aveva funzione di opponibilità legale, sezione speciale che, a distanza di qualche anno, il d.P.R. n. 358/1999 ha provveduto a unificare (prima erano ben quattro le sezioni previste).

Arriviamo infine al D.Lgs. n. 288/2001 che rappresenta uno dei tre decreti legislativi (gli altri sono il n. 226 e il n. 227 entrambi sempre del 2001) con cui viene data, teoricamente, attuazione a quanto previsto con la Legge delega n. 57/2001.

Il passaggio non può essere sottovalutato in quanto è bene ricordare come scopo della riforma del 2001 fosse quello di introdurre una nuova figura di imprenditore agricolo, più moderno, più vicino all’imprenditore comunitario caratterizzato dal c.d. ciclo agroalimentare. A tal fine, infatti, attraverso l’introduzione del ciclo biologico e, soprattutto la previsione di una mera potenzialità e non obbligatorietà dell’esercizio dell’attività sul fondo, il Legislatore ha traghettato la figura dell’imprenditore agricolo da una figura imprenditoriale statica di soggetto semplice raccoglitore dei frutti della terra a quella dinamica di imprenditore volto all’accrescimento quali-quantitativo di un determinato bene, sia esso animale o vegetale.

In questo contesto si insinua la previsione di cui all’articolo 2 del D.Lgs. n. 228/2001 ai sensi del quale “L’iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’art.2188 e seguenti del codice civile, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha efficacia di cui all’art.2193 del codice civile”, introducendo di fatto una novità quasi epocale, poiché viene riconosciuta all’iscrizione al registro una valenza di pubblicità dichiarativa con conseguente azionamento della classica tutela bifronte prevista per le imprese commerciali: protezione da un lato dell’imprenditore tramite la possibilità concessa allo stesso di opporre nei confronti dei terzi tutti gli atti iscritti senza doverne dimostrare l’effettiva conoscenza e, dall’altro, dei terzi a cui non sono opponibili fatti non pubblicizzati.

Rimandando in sede di chiusura l’indubbia criticità di tale disposizione, soffermiamoci sulle conseguenze di tale previsione, precisando come appare evidente l’implicita abrogazione di quanto previsto con l’articolo 2136 codice civile, mentre così non si può dire per il comma 5 dell’articolo 8 della L. n. 580/1993, in quanto se così fosse, ci si dovrebbe interrogare in merito all’utilità, o per meglio dire funzione, dell’iscrizione nella sezione speciale per tutte le società semplici non esercenti attività agricola.

Da qui ne discende che la previsione dell’articolo 2 D.Lgs. n. 228/2001 deve considerarsi quale deroga alle previsioni di cui alla Legge n. 580/1993.

A chiusura non si può non porre l’accetto sull’evidente e inconfutabile disparità di trattamento, meritevole financo di indagine da parte dei giudici costituzionali, che si è venuta a originare tra piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 codice civile che svolgono attività agricola, per i quali l’iscrizione dispiega effetti di pubblicità dichiarativa, e quelli che, al contrario, hanno un oggetto commerciale, per i quali restano gli effetti di mera pubblicità notizia.

A giustificazione di tale scelta legislativa non è sufficiente ricordare come il settore agricolo sia “investito” da una molteplicità di sostegni nazionali e comunitari che necessitano di una certificazione da parte degli enti eroganti.