17 Maggio 2017

Verifiche fiscali presso il consulente e segreto professionale

di Marco Bargagli
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Nell’ambito di un controllo fiscale effettuato nei confronti di un professionista regolarmente iscritto ad un albo (es. avvocato, commercialista, consulente del lavoro etc.), può accadere che venga eccepito ai verificatori il segreto professionale.

A questo punto occorre domandarci quali siano i limiti imposti dall’ordinamento giuridico in ordine alla tutela del menzionato segreto professionale, in quali casi lo stesso possa essere derogato e quali siano le tutele del professionista con particolare riferimento ai fascicoli rinvenuti presso il suo studio.

Anzitutto, l’articolo 52, comma 3, del D.P.R. 633/1972 richiede l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per procedere all’esame di documenti per i quali è eccepito il segreto professionale.

Inoltre, con riferimento agli avvocati che svolgono funzioni difensive o professionisti che assumono l’ufficio di consulenti tecnici, sono previste particolari e più specifiche garanzie che derivano dalla clausola di salvaguardia, contenuta nel medesimo articolo 52 del D.P.R. 633/1972, che richiama l’articolo 103 del codice di procedura penale rubricato “garanzie del difensore”.

La disciplina del segreto professionale si ricava dall’articolo 200 del codice di procedura penale, a mente del quale non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria:

  • i ministri di confessioni religiose;
  • gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
  • i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;
  • gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale.

Ciò posto, si ritiene che nel corso degli accessi, ispezioni e verifiche fiscali, il segreto professionale possa essere legittimamente opposto solo per i documenti che hanno un interesse “extra-fiscale” riguardando unicamente i rapporti intercorsi tra il professionista ed il suo cliente, non presentando alcuna utilità nell’ambito della verifica fiscale.

In buona sostanza, potrà essere richiesta la deroga al segreto professionale eventualmente eccepito, con riferimento alla documentazione utile a ricostruire il volume d’affari del professionista ispezionato, ossia per quei documenti che contengano importanti informazioni riconducibili a fenomeni evasivi posti in essere dallo stesso professionista, ossia da parte dei suoi clienti.

Sullo specifico punto è intervenuta, in sede di legittimità, la suprema Corte di Cassazione (sentenza SS.UU. n. 11082/2010) la quale ha fornito, in apicibus, interessanti spunti interpretativi proprio con riferimento alla corretta applicazione dell’articolo 52 del D.P.R. 633/1972.

Il giudice di legittimità, dopo avere richiamato le disposizioni generali in tema di accessi, ispezioni e verifiche presso la sede del contribuente, ha osservato che:

  • il comma 3 (dell’articolo 52 n.d.r.) che interessa la fattispecie, dispone, poi, che è in ogni caso necessaria l’autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina … per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’articolo 103 c.p.p. (…)”;
  • dall’analisi del delineato complesso normativo discende che nelle ipotesi espressamente previste la sola apposita autorizzazione (c.d. foglio di servizio o ordine di accesso n.d.r.) che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono, di per sé, non consente agli ispettori di (…) procedere (…) all’esame di documenti ed alla richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale (ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale)”.

Successivamente, qualora sussistano i presupposti per ritenere fondatamente eccepito il segreto professionale, l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria è indispensabile per assicurare la necessaria funzione di garanzia, nel prevenire un’indebita divulgazione di notizie riservate, atteso che:

  • il suo rilascio consente solo l’esame dei documenti e la richiesta di notizie in ordine ai quali (esame e richiesta) il contribuente – professionista ha opposto il segreto”;
  • la effettiva sussistenza delle ragioni (rappresentate agli organi verificatori) per le quali è stato opposto il segreto professionale deve essere comunque verificabile: la condivisione della contraria opinione, infatti, come intuibile, finirebbe con l’attribuire al professionista-contribuente il potere, arbitrario ed incontrollabile, di sottrarre ogni e qualsiasi documentazione e/o notizia scomoda per lui alla verifica fiscale cui è sottoposto e, quindi, in sostanza, il potere di sottrarsi tout court a detta verifica, con evidente lesione del principio di cui all’articolo 53 Costituzione;
  • l’accertata concreta sussistenza detta, proprio per effetto dell’eccezione opposta dal professionista ispezionato, consente agli ispettori autorizzati dal Procuratore della Repubblica – comunque tenuti all’osservanza del segreto d’ufficio dal P.R. 3/1957, articolo 15, nel testo sostituito con la L. 7 241/1990, articolo 28, – di esaminare i documenti e di acquisire le notizie secretati sempre ed esclusivamente nei limiti (indicati dalla norma) dell’accertamento dell’imposta e della repressione dell’evasione e delle altre violazioni, non certo di divulgare (se non assolutamente indispensabili ai fini detti) il contenuto dei documenti e delle notizie coperti dal segreto professionale”.

In buona sostanza la necessità di acquisire, in sede di verifica fiscale, atti e/o documenti per i quali è stato opposto il segreto professionale, deriva unicamente dalla possibilità di constatare elementi reddituali sottratti a tassazione e, simmetricamente, individuare prestazioni professionali che non risultano annotate nelle scritture contabili.

Di contro, eventuali atti riconducibili ai normali rapporti intercorsi tra il professionista ed il proprio cliente hanno natura extra-tributaria e, come tali, saranno irrilevanti ai fini del controllo fiscale in corso.

Inoltre, gli elementi info-investigativi acquisiti alla verifica fiscale presso lo studio del medesimo professionista, potranno anche riguardare atti e documenti relativi alla clientela del consulente fiscale, con la correlata acquisizione del pertinente patrimonio informativo necessario ad individuare fenomeni di evasione fiscale posti in essere anche da parte di soggetti terzi.

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