9 Agosto 2017

Utilizzabili in giudizio i documenti non espressamente richiesti

di Luigi Ferrajoli
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I documenti non specificatamente richiesti durante la fase amministrativa sono utilizzabili a favore del contribuente nell’eventuale successivo contenzioso istauratosi. In tal senso, si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 15021 depositata in data 16.06.2017, la quale ha sostanzialmente confermato l’ormai consolidato orientamento dei supremi giudici in tema di inutilizzabilità dei documenti esibiti per la prima volta in giudizio.

Com’è noto, ai sensi dell’articolo 32, comma 4, D.P.R. 600/1973, le notizie ed i dati non addotti e gli atti, nonché i documenti, i libri ed i registri che non siano stati esibiti o trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Tale preclusione trova applicazione soltanto in caso di formale esercizio di un potere istruttorio da parte dell’Ufficio e non anche qualora si ponga in essere la fase del contraddittorio endoprocedimentale, nel corso della quale il contribuente resta libero di non esibire documenti la cui produzione sia ritenuta strategicamente più opportuna nel corso dell’eventuale futuro giudizio.

Con la sentenza in commento, il Collegio ha deciso una controversia concernente l’impugnazione di avvisi di accertamento aventi ad oggetto la ripresa a tassazione dell’Irpef sulla base di determinazione sintetica del reddito operata ai sensi dell’articolo 38, commi 4 e 5, D.P.R. 600/1973 in relazione a spese per incrementi patrimoniali.

Con specifico riferimento all’utilizzabilità dei documenti esibiti per la prima volta in giudizio, la Commissione Tributaria Regionale aveva avuto modo di rilevare che la documentazione bancaria prodotta dalla contribuente non incorreva nella sanzione di inutilizzabilità prevista dall’articolo 32, comma 4, D.P.R. 600/1973 poiché la sua mancata esibizione in risposta ai questionari era stata giustificata dalla genericità dei medesimi.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione eccependo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 32, commi 3, 4 e 5, D.P.R. 600/1973 per avere il Giudice di secondo grado “erroneamente attribuito rilievo – nel valutare l’utilizzabilità della produzione documentale offerta per la prima volta in giudizio, ancorché non esibita in risposta ai questionari – all’atteggiamento soggettivo della contribuente”, non essendo rilevante e normativamente richiesta la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo della persona che abbia omesso di rispondere al questionario.

Tale eccezione non è stata ritenuta meritevole di accoglimento dalla Corte di Cassazione che, a sostegno della sua decisione, ha evidenziato come sul tema la stessa Corte abbia più volte affermato che “il divieto di utilizzo in sede giudiziaria di documenti non esibiti in sede amministrativa costituisce un limite all’esercizio dei diritti di difesa e dunque si giustifica solo in quanto costituiscano il rifiuto di una documentazione specificamente richiesta dagli agenti accertatori”.

È stato inoltre chiarito che il divieto di utilizzare documenti scatta, oltre che nell’ipotesi di rifiuto doloso dell’esibizione, anche nei casi in cui il contribuente abbia espressamente dichiarato il falso, ossia di non possedere o di non aver sottratto all’ispezione documenti in suo possesso, ancorché non al precipuo fine di impedirne la verifica, “ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative ecc.) e, quindi, per colpa“. Tale impostazione, del resto, appare coerente con quanto previsto dall’articolo 52, D.P.R. 633/1972 che, nel disciplinare accessi, verifiche e ispezioni in ambito Iva, letteralmente afferma che “per rifiuto d’esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”.

Nel caso di specie, la Cassazione ha evidenziato come dalle stesse affermazioni dell’Ufficio si sia invero trattato di una generica richiesta di notizie circa l’esistenza di redditi esenti o già assoggettati a imposta alla fonte e non, come invece richiesto dall’interpretazione nomofilattica della disposizione, riferita a specifici documenti e, nello specifico, a quelli poi prodotti dalla contribuente in sede contenziosa.

A sostegno della decisione è stata richiamata l’interpretazione fornita dalla Cassazione con le sentenze n. 21768/2009 e n. 9127/2006 secondo cui la sanzione dell’inutilizzabilità dei documenti esige che sussista una specifica richiesta degli agenti accertatori, non potendo costituire “rifiuto” la mancata esibizione di un documento non richiesto.

Temi e questioni del contenzioso tributario 2.0 con Luigi Ferrajoli