15 Dicembre 2023

L’obbligo per l’A.F. di acquisire d’ufficio i documenti sui versamenti

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Con l’ordinanza n. 23666/2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che, qualora il contribuente agisca per il rimborso di imposte non dovute risultanti dall’effettuazione di ritenute a titolo di acconto, la cui documentazione sia già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria, il rimborso non può essere negato dalla mancata esibizione da parte del contribuente della documentazione inerente ai versamenti effettuati in eccesso, dai quali sarebbe scaturito il credito (in particolare, della certificazione delle ritenute a titolo di acconto e dei correlativi versamenti). L’Amministrazione finanziaria, infatti, deve acquisire d’ufficio i documenti comprovanti il versamento delle imposte e il diritto al relativo rimborso e non può richiedere al contribuente informazioni di cui è già in possesso.

Secondo gli Ermellini, il presupposto che determina il diritto a scomputare le ritenute d’acconto è costituito dalla circostanza che queste siano state effettivamente operate dal sostituto d’imposta e prescinde totalmente, oltre che dall’esibizione all’Erario delle certificazioni attestanti il prelievo tributario, anche dall’effettivo versamento delle somme trattenute.

La Suprema Corte di cassazione (sentenza n. 14138/2017, sentenza n. 18910/2018 e sentenza n. 18179/2022) ha più volte affermato che, ai fini dello scomputo della ritenuta d’acconto, l’omessa esibizione del certificato del sostituto d’imposta, attestante la ritenuta operata, non preclude al contribuente sostituito di provare la ritenuta stessa con mezzi equipollenti, onde evitare un duplice prelievo. Si è evidenziato, in proposito, che l’attestazione del sostituto d’imposta costituisce, per il sostituito, prova tipica, ma non esclusiva, della ritenuta subita, la cui assenza non è in grado di esporre quest’ultimo a preclusioni difensive.

Tale assunto trova conforto anche in quella giurisprudenza della Corte di cassazione che, in tema di legittimazione del sostituto (o del sostituito) a richiedere il rimborso delle imposte versate a mezzo ritenuta – questione sulla quale è consolidato l’orientamento che la riconosce ad entrambi – ha precisato, da un lato, che la mancanza di documentazione in allegato alla domanda di rimborso, e quindi, in sostanza, la carenza di prova per determinare l’an ed il quantum del rimborso, non sono considerati dal legislatore direttamente motivo di rigetto o di inammissibilità dell’istanza, dando vita piuttosto ad un confronto con l’Ufficio ed alla possibilità di integrazione dei documenti rilevanti; dall’altro lato, che per i lavoratori dipendenti, qualora presentino la dichiarazione fiscale, la prova dell’effettuazione delle ritenute, ai fini del rimborso, consiste nella sola indicazione di esse nella suddetta dichiarazione (Cassazione n. 13771/2019).

La citata giurisprudenza di legittimità ha affermato che le ritenute sono legittimamente scomputabili, anche laddove il contribuente non sia in possesso delle certificazioni previste dalla legge, sulla base di una serie di “mezzi di prova” alternativi. In sostanza, il contribuente può comunque dimostrare, anche con altri mezzi (oltre le certificazioni), di aver comunque subìto le ritenute stabilite dalla legge e tale circostanza è sufficiente per ottenerne il riconoscimento.

A ciò deve aggiungersi che, per orientamento costante della Suprema Corte di cassazione, in virtù del principio di collaborazione e buona fede che, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, L. 212/2000 (Statuto del contribuente), deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non possono essere richiesti, anche ove l’onere probatorio sia a carico dello stesso, documenti ed informazioni già in possesso dell’Ufficio (Cassazione n. 10724/2021 e n. 13822/2018): l’articolo 6, comma 4, L. 212/2000, sancisce espressamente che “al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti o informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente”.

Infine, la Corte di cassazione ha evidenziato come, nel processo tributario, l’obbligo dell’Amministrazione di prendere posizione sui fatti dedotti dal contribuente è ancora più forte di quello che grava sul convenuto nel rito ordinario. Infatti, le disposizioni di cui all’articolo 8, L. 241/1990 e all’articolo 6, L. 212/2000, secondo le quali il responsabile del procedimento deve acquisire d’ufficio quei documenti che, già in possesso dell’Amministrazione, contengano la prova di fatti, stati o qualità rilevanti per la definizione della pratica, costituiscono l’espressione di un più generale principio valevole anche in campo processuale.

Dunque, qualora il contribuente, che agisca per il rimborso di tasse o diritti non dovuti, eccepisca che i documenti comprovanti il pagamento, o la richiesta di rimborso, siano in possesso dell’Amministrazione, questa è tenuta a pronunciarsi in modo specifico e motivato sul punto, perché, in difetto, il giudice potrà desumere elementi di prova da tale comportamento (Cassazione n. 21209/2004).