30 Settembre 2016

Le particolarità Iva nelle attività di e-commerce indiretto – II° parte

di Luca Caramaschi
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Come già rilevato in un precedente contributo, le attività di e-commerce “indiretto”, diversamente da quelle che rientrano a pieno titolo nel novero dei servizi elettronici (trattasi in questo caso di e-commerce “diretto”), sono costituite da una vera e propria cessione di beni equiparabile a quella “classica”, ovvero all’operazione nella quale sussiste il contatto diretto tra cedente e cessionario.

Sotto il profilo Iva, quindi, trovano applicazione, per le citate operazioni, le tradizionali norme interne, comunitarie e internazionali. Delle disposizioni che si occupano degli scambi interni e delle correlate semplificazioni sotto il profilo degli obblighi di certificazione dei relativi corrispettivi ne abbiamo già parlato e, quindi, concentriamo ora l’attenzione sulle disposizioni normative che regolano gli scambi tra soggetti passivi nazionali e cessionari (sia soggetti passivi che privati) stabiliti in Paesi esteri (sia UE che extra UE).

Nel caso di vendite per corrispondenza effettuate verso altri soggetti passivi (regime applicabile in toto alle vendite on line come precisato dall’Amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 274/E/2009), la disciplina Iva è la medesima di quella ordinariamente prevista per le cessione di beni. Ci troveremo quindi di fronte ad una:

  • esportazione diretta non imponibile ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), del D.P.R. 633/1972 laddove l’acquirente rivesta la qualifica di soggetto passivo stabilito in Paesi che stanno al di fuori dell’Unione Europea;
  • cessione intracomunitaria non imponibile ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera a), del D.L. 331/1993 laddove l’acquirente rivesta la qualifica di soggetto passivo stabilito in uno dei Paesi appartenenti all’Unione Europea.

Anche la vendita per corrispondenza effettuata verso privati consumatori residenti in Paesi extra UE non presenta particolari complessità, trattandosi anche in questo caso di una ordinaria cessione all’esportazione per la quale il cedente emetterà fattura non imponibile ai sensi del citato articolo 8 del D.P.R. 633/1972.

La disciplina che, invece, presenta marcate specificità è quella delle vendite on line effettuate nei confronti di privati consumatori residenti in Paesi appartenenti all’Unione Europea.

A tal proposito, le disposizione comunitarie di riferimento prevedono che, in deroga al principio generale di tassazione nel paese di origine, ordinariamente applicabile per le cessioni di beni destinate a privati consumatori, per le “vendite a distanza” il luogo della cessione viene identificato con quello di destinazione dei beni. E ciò al verificarsi contestuale di due distinti requisiti:

  • uno di carattere soggettivo, relativo alla circostanza che gli acquirenti sono “privati consumatori”, intendendo con tale termine non solo i privati consumatori in senso stretto ma anche, in senso più ampio, gli enti e le associazioni non soggetti passivi di imposta, i contribuenti con pro-rata di indetraibilità totale in quanto effettuano solo operazioni esenti, nonché i produttori agricoli in regime speciale;
  • uno di carattere oggettivo, connesso alle modalità di consegna del bene, che deve essere effettuata tramite trasporto o spedizione direttamente dal fornitore o da terzi per suo conto.

La normativa interna che regola gli scambi comunitari contenuta nel D.L. 331/1993, nel recepire il richiamato principio di tassazione nel Paese di destinazione, ha ristretto arbitrariamente il campo applicativo della norma alle cessioni concluse “…in base a cataloghi, per corrispondenza e simili“, e, a differenza della normativa comunitaria, specifica anche le modalità attraverso le quali le vendite a distanza devono realizzarsi (si tratta delle previsioni contenute negli  articoli 40, commi 3 e 4, e 41, comma 1, lettera b) del citato D.L. 331/1993).

Tuttavia, con norma di interpretazione autentica recata dall’articolo 11-quater comma 1 della L. 80/2005, introdotta in sede di conversione del D.L. 35/2005, viene di fatto, modificata la disposizione sulle vendite a distanza, in base al quale la locuzione “le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni di cui all’articolo 40, comma 3, e 41, comma 1, lettera b) , del D.L. n. 331/1993, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, deve intendersi riferita alle cessioni di beni con trasporto a destinazione da parte del cedente, a nulla rilevando le modalità di effettuazione dell’ordine di acquisto“.

Detta interpretazione viene fatta propria anche dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 39/E/2005, laddove nella qualificazione delle “vendite a distanza” si afferma che ciò che rileva è la qualifica soggettiva dell’acquirente (privato consumatore) e le modalità di trasporto (a cura del cedente o per suo conto) a nulla rilevando, quindi, le modalità tecniche di effettuazione dell’ordine di acquisto.

Le tecniche di vendita adottate, infatti, quali quelle tramite “cataloghi, corrispondenza e simili” configurano, quindi, solo delle possibili modalità attraverso le quali viene conclusa una transazione commerciale, ma non assumono la natura di condizione sine qua non per la corretta qualificazione fiscale delle operazioni in esame. Pertanto, il concetto di “vendita a distanza” non deve essere inteso nella sua comune accezione, che sottintende il perfezionamento del contratto di compravendita al di fuori dei locali del fornitore con utilizzo di particolari metodologie di vendita, ma più semplicemente quella transazione in cui il cliente è un “privato” e il trasporto è a cura del fornitore (tali requisiti permangono, quindi, anche nel caso in cui la cessione dovesse avvenire nello stesso punto vendita del fornitore, a condizione che sia quest’ultimo a curare il trasporto nei confronti dell’acquirente).

Chiariti pertanto i requisiti affinché una vendita a distanza possa godere della tassazione a destino (è bene ricordare che in tale situazione il cedente soggetto passivo che cede a privato consumatore comunitario avrebbe l’onere di identificarsi nello Stato membro di riferimento del cessionario al fine di assolvere ivi l’imposta), vediamo come si sviluppa la normativa interna in precedenza richiamata, distinguendo le due seguenti situazioni:

  • soggetto passivo italiano che vende a privati consumatori di altri paesi comunitari (ad esempio Francia, Grecia, Germania, Spagna, eccetera);
  • soggetto passivo comunitario (francese, tedesco, spagnolo, greco, etc.) che vende a privati consumatori italiani.

La prima fattispecie è regolata dall’articolo 41, comma 1, lettera b), del D.L. 331/1993 che nel definire le operazioni quali cessioni non imponibili afferma che sono tali “le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa. La disposizione non si applica per le cessioni di mezzi di trasporto nuovi e di beni da installare, montare o assiemare ai sensi della lettera c). La disposizione non si applica altresì se l’ammontare delle cessioni effettuate in altro Stato membro non ha superato nell’anno solare precedente e non supera in quello in corso 100.000 euro, ovvero l’eventuale minore ammontare al riguardo stabilito da questo Stato a norma dell’articolo 34 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006”.

Tenendo conto delle eccezioni espressamente menzionate dalla norma (beni soggetti ad accisa, mezzi di traporto nuovi e beni da installare, montare o assiemare), le “vendite a distanza” effettuate dal soggetto passivo italiano si qualificano come cessioni intracomunitarie e quindi non imponibili, a condizione che le vendite effettuate in ciascuno Stato membro siano superiori, nell’anno in corso o nell’anno solare precedente:

  • alla “soglia di protezione” di 100.000,00 euro;
  • ovvero al minore ammontare stabilito dai singoli Paesi membri ai sensi dell’articolo 34 paragrafo 2 della direttiva 2006/112/CE (per l’elenco aggiornato delle soglie si veda all’indirizzo http://www.vatlive.com/eu-vat-rules/distance-selling-eu-vat-thresholds/).

Nel caso di vendite inferiori alle predette soglie resta quindi l’obbligo di assoggettamento ad Iva in Italia delle stesse, con tuttavia la possibilità di optare (nel quadro VO del modello di dichiarazione Iva annuale), anche in tale caso, per l’applicazione dell’imposta a destino, ovvero nell’altro Stato membro. Tale possibilità, che vincola il contribuente fino al compimento del biennio successivo all’anno solare nel corso del quale l’opzione è esercitata, è espressamente prevista dallo stesso articolo 41, comma 1, lettera b), del D.L. 331/1993.

Si osserva che per volumi d’affari ridotti, l’assoggettamento Iva in Italia di tali operazioni non rappresenta, come potrebbe in prima battura apparire, uno svantaggio, posto che lo stesso evita al cedente nazionale di doversi andare a identificare nei singoli Paesi comunitari nei quali avviene il “consumo” del bene.

La seconda fattispecie viene invece regolata ai commi 3 e 4 dell’articolo 40 del D.L. 331/1993.  Nel comma 3 viene enunciata la medesima regola di tassazione a destino prima prevista per la vendita dei beni a distanza, mentre, nella lettera b) del comma 4 viene stabilita la misura della soglia nazionale, pari ad euro 35.000, entro la quale le operazioni poste in essere dal cedente comunitario nei confronti di privati consumatori nazionali si considerano effettuate nel suo Paese di origine (in presenza di opzione per l’applicazione della regola di tassazione a destino per bassi volumi di vendita, situazione che  determina un obbligo di identificazione in Italia dell’operatore comunitario, l’operazione verrà al contrario considerata come interna e pertanto in tale caso l’imposta dovrà essere assolta dallo stesso con la posizione Iva acquisita in Italia).

Il regime Iva nelle vendite a distanza nei confronti di privati UE

Cedente soggetto passivo Ue Cedente soggetto passivo italiano
Vendite in Ita

oltre € 35.000

Vendite in Ita

fino a € 35.000

 

Vendite effettuate in ciascun Stato membro oltre € 100.000

(o minore ammontare stabilito dai diversi Paesi)

 

Vendite effettuate in ciascun stato membro fino a € 100.000

(o minore ammontare stabilito dai diversi Paesi)

Cessioni interne

(obbligo di identificazione in Italia)

 

Cessione tassate nel Paese del cedente, salvo opzione per l’applicazione dell’Iva in Italia

 

Cessione intra

(obbligo di identificazione nel Paese UE)

Cessioni interne, salvo opzione per l’applicazione dell’Iva nel Paese Ue

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L’Iva nell’e-commerce