10 Novembre 2015

Novità sul sovraindebitamento: un’opportunità per i commercialisti

di Massimo Conigliaro
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Una recente sentenza del TAR Lazio (n. 12457 del 4 novembre 2015) ha acceso i riflettori su quello che qualcuno ha definito il concordato dei consumatori, ovvero dei piccoli imprenditori che non superano la soglia di fallibilità e non sono soggetti alle procedure concorsuali. Le possibilità di iscriversi nell’elenco dei gestori della crisi da sovraindebitamento sono oggi estese anche ai ragionieri iscritti all’albo, in forza dell’annullamento del D.M. 24 settembre 2014 N. 202 nella parte in cui negava ai soggetti privi di laurea specialistica l’opportunità di svolgere tale funzione.

Ai sensi dell’art. 7 della legge n. 3/2012, gli organismi di composizione della crisi forniscono ausilio al debitore in stato di sovraindebitamento nella formulazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, ed indichi le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni. Ulteriori competenze dei gestori della crisi sono previste:

  • dall’art. 9, che al comma 3 bis attribuisce loro la competenza a redigere una relazione particolareggiata da allegare alla proposta di piano del consumatore;
  • dall’art. 15, comma 5, che attribuisce all’organismo di composizione della crisi il compito di assumere ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all’esecuzione dello stesso;
  • dall’art. 15, comma 6, che attribuisce agli organismi di composizione delle crisi la competenza a verificare la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati e ad attestare la fattibilità del piano;
  • dall’art. 13, che attribuisce all’organismo di composizione della crisi il compito di risolvere le eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo, nonché di vigilare sull’esatto adempimento dello stesso, conferendo infine poteri di modifica e di individuazione di un liquidatore.

Il TAR Lazio ha rilevato che ulteriori profili di contrasto della previsione regolamentare con la normativa primaria emergono anche dal contenuto di alcune disposizioni della stessa legge n. 3/2012. In particolare viene in rilievo il contenuto dell’art. 15, comma 9, a norma del quale “I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 della legge fallimentare nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato”. Tale norma prevede che “possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore: avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti”. In forza della censurata disposizione regolamentare, di conseguenza i ragionieri commercialisti che possono essere nominati dal giudice quali gestori della crisi, non potrebbero tuttavia risultare iscritti nel corrispondente elenco dal quale trarre i professionisti con medesime competenze. Proprio sulla base del contenuto del comma 9 dell’art. 15 della legge n. 3/2015, il Consiglio di Stato in sede consultiva ha ritenuto che i soggetti già direttamente individuati dal legislatore possono già svolgere le incombenze proprie degli organismi di conciliazione, anche se il relativo registro non è stato ancora costituito, includendo “i professionisti o le società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267”, tra cui rientrano, come visto, i ragionieri commercialisti iscritti all’ordine territoriale.

In generale, è possibile affermare che le opportunità offerte dalla legge n. 3 del 2012 non sono poche e l’entrata in vigore nel 2015 del Regolamento riguardante gli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) ha aumentato l’interesse verso la nuova procedura che consente ai privati la falcidia dei propri debiti, sia di natura commerciale che tributaria.

Si tratta anche di un’opportunità per tanti professionisti ai quali si offrono nuove chance di consulenza professionale: i commercialisti, in particolare, possono essere sia i consulenti del debitore con il quale costruiscono il piano di risanamento sia i gestori della crisi nella veste di organismo di composizione della crisi. Diventa quindi importante valorizzare gli strumenti di risanamento per una platea davvero ampia di consumatori, professionisti ed imprese.

E’ utile segnalare che per sovraindebitamento la legge intende una “situazione perdurante di squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il proprio patrimonio prontamente liquidabile, nonché la definitiva incapacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni”. In pratica, è possibile includere la gran parte dei casi in cui il consumatore non riesce a pagare rate di finanziamento o di mutuo ovvero altri debiti di cui ha assunto ragionevolmente l’impegno di pagare, ma che per ragioni sopravvenute e non legate alla sua volontà, non è più in grado di assolvere.

L’accordo del debitore o il piano del consumatore, se accolto, diventerà vincolante per i creditori, anche se non tutti i debiti saranno onorati. Durante l’esecuzione della procedura, il giudice sospende ogni azione esecutiva (pignoramento etc.) dei creditori nei confronti dei beni del debitore.

Al consumatore, la legge offre la possibilità di presentare:

  • un accordo con i creditori, riservato ai soggetti non fallibili titolari di partita Iva, che deve essere approvato dai creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti;
  • un piano del consumatore, riservato alle persone fisiche per debiti estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Tale procedura non prevede il voto dei creditori e, se approvata dal giudice, è comunque vincolante per tutti;
  • una richiesta di liquidazione del patrimonio, con una procedura che richiede di mettere a disposizione tutti i propri beni. Una volta terminata con successo la procedura, il debitore sarà esdebitato, ovvero sarà libero da ogni debito ancora non onorato, con ciò realizzando quel fresh start cui la norma tende e cioè la possibilità di ripartire da zero senza il fardello di debiti pregressi.

Tra i debiti falcidiabili non sono comprese le risorse proprie dell’Unione europea, l’Iva e le ritenute dichiarate e non versate, che possono essere soltanto oggetto di dilazione.