21 Settembre 2021

Le tassazioni differenziate dell’articolo 47 bis: controllo e assenza di controllo

di Ennio Vial
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L’articolo 47 bis Tuir prevede un regime differenziato per evidenziare la natura paradisiaca del dividendo, a seconda che il socio detenga o meno una partecipazione di controllo.

Infatti, in ipotesi di controllo, si ha riguardo al livello effettivo di tassazione subito dalla società estera, mentre, in ipotesi di assenza di controllo, si considera il livello nominale di tassazione previsto nello Stato Estero.

Va segnalato come il controllo cui fa riferimento la norma è quello dell’articolo 167, comma 2, Tuir, a mente del quale “si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ., da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ. o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1”.

Il controllo, pertanto, è inteso come unione della definizione data dall’articolo 2359 cod. civ. e come partecipazione agli utili.

Il criterio della tassazione effettiva rappresenta il modo concettualmente più corretto per individuare la natura paradisiaca della società estera; tuttavia il criterio non può essere utilizzato in assenza di controllo, atteso che il socio potrebbe non essere titolato ad acquisire le informazioni necessarie per calcolare la tassazione effettiva. Di qui la soluzione della tassazione nominale, che appare più agevole da individuare in quanto si basa su analisi astratte che prescindono dalla situazione effettiva della società.

L’articolo 47 bis Tuir è stato richiamato dalla lett. g sexies dell’articolo 44 Tuir in tema di tassazione dei redditi del trust opaco paradisiaco. La bozza di circolare diramata lo scorso 11 agosto, destinata alla pubblica discussione tra gli operatori, si è orientata verso la tesi della tassazione nominale.

L’approccio appare assolutamente condivisibile, atteso che non è possibile ipotizzare il controllo del trust da parte del beneficiario ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ..

L’Agenzia ha tralasciato, correttamente, anche l’ipotesi del controllo della maggioranza degli utili e si è giustamente indirizzata verso la tesi secondo cui, dell’articolo 47 bis Tuir, dobbiamo considerare la casistica dell’assenza del controllo che, come noto, fa riferimento alla tassazione nominale.

La conclusione cui si giunge è che, in ipotesi di trust opaco extracomunitario e non localizzato nei Paesi dello spazio economico europeo che scambiano informazioni, il Trust sarà considerato paradisiaco se il livello impositivo nominale di tassazione previsto nello Stato estero è inferiore al 50% di quello italiano, ossia del 24% in via ordinaria oppure del 26% nel caso in cui il trust sia un ente non commerciale che investe esclusivamente in attività finanziarie.

Tralasciando questo ultimo caso, che non è scevro da profili di incertezza, e limitandoci al caso generale dell’res, dobbiamo rilevare come l’analisi si complichi nel caso di tassazione del trust con aliquote progressive per scaglioni o nel caso in cui il trust consegua dei proventi soggetti ad un regime speciale.

Al riguardo, si potrebbero richiamare i chiarimenti dati dall’Agenzia nella circolare 35/E/2016 diramati in tema di disciplina CFC dove si segnalava di gestire le aliquote progressive ipotizzando di effettuare i conteggi sul reddito convenzionale di un milione.

In tema di regime speciale la circolare 35/E/2016 aveva anticipato di fatto le previsioni dell’articolo 47 bis Tuir, prevedendo che si deve valutare il regime prevalente in termini di proventi.

Vi è da chiedersi se questi chiarimenti possano essere utilizzati anche in relazione al Trust.

Ma vi è di più. Ben potrebbe accadere che il trust estero sia qualificabile come paradisiaco ed opaco ai fini della disciplina italiana, in quanto i beneficiari dei frutti non vantano un diritto soggettivo alla percezione, ma che invece sia tassato nel Paese estero come un trust trasparente.

Come ci si comporta in questi casi? Possiamo affermare che il trust trasparente, essendo escluso da tassazione diventa automaticamente paradisiaco o possiamo valorizzare la tassazione dei beneficiari?

Sul punto la circolare 35/E/2016 era silente. In questo caso potremmo scomodare la bozza di circolare CFC diramata lo scorso 5 luglio. In quell’occasione è stato proposto di valorizzare la tassazione dei soci. La conclusione, anche se la disciplina CFC considera la tassazione effettiva e non quella nominale, potrebbe essere considerata anche per il nostro caso.

Nel caso del trust rimane però un grosso problema, sul quale la bozza di circolare non si sofferma, ossia il fatto che, mentre ci si può attendere che un socio di controllo possa pretendere dalla sua società le informazioni di cui necessita, è assolutamente improbabile che il beneficiario di un trust estero sia in grado, con la stessa facilità, di acquisire le informazioni richieste dalla norma per valutare la corretta tassazione.

La bozza di circolare contiene un passaggio ove si legge che: “Per permettere ai “titolari effettivi” del trust di adempiere ai suddetti obblighi dichiarativi, il trustee è tenuto ad individuare i titolari effettivi degli investimenti e delle attività detenuti all’estero dal trust e comunicare agli stessi i dati utili per la compilazione del quadro RW: la quota di partecipazione al patrimonio, gli investimenti e le attività estere detenute anche indirettamente dal trust, la loro valorizzazione, nonché i dati identificativi dei soggetti esteri”.

È oltremodo difficile ipotizzare di imporre un adempimento del genere al trustee estero, se questo non è previsto da altre fonti come, ad esempio, dall’atto di trust.

È pur vero che il criterio della tassazione nominale in luogo di quella effettiva è prevista proprio per consentire più agevolmente a chi non ha poteri di controllo di acquisire le informazioni necessarie; tuttavia non si può trascurare il fatto che l’acquisizione di queste informazioni potrebbe essere comunque difficoltosa in mancanza di una collaborazione del trustee.