23 Febbraio 2015

Il registro dei beni movimentati in ambito intra-UE a titolo non traslativo

di Marco Peirolo
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In deroga alla regola generale prevista dall’art. 17, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, relativa alla natura intracomunitaria dei trasferimenti cd. “a se stessi”, che implica la tassazione nel Paese di destinazione dei beni anche in assenza di vendita, l’art. 17, par. 2, della stessa Direttiva richiama i trasferimenti finalizzati all’esecuzione di alcune specifiche prestazioni.

Nella corrispondente normativa nazionale, gli artt. 38, comma 5, lett. a), e 41, comma 3, del D.L. n. 331/1993, prevedono, rispettivamente, che non costituisce:

  • acquisto intracomunitariol’introduzione nel territorio dello Stato di beni oggetto di perizie o di operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali (…), se i beni sono successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo d’imposta, nello Stato membro di provenienza o per suo conto in altro Stato membro ovvero fuori del territorio della Comunità; l’introduzione nel territorio dello Stato di beni temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni o che, se importati, beneficerebbero della ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi doganali”;
  • cessione intracomunitaria l’invio di beni “in altro Stato membro, oggetto di perizie o delle operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali (…), o per essere ivi temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni o che se fossero ivi importati beneficerebbero della ammissione temporanea in totale esenzione dai dazi doganali”.

Tralasciando, al riguardo, i princìpi espressi dalla Corte di giustizia nella sentenza di cui alle cause riunite C-606/12 e C-607/12 del 06.03.2014, occorre osservare che, per le movimentazioni intracomunitarie di beni a titolo non traslativo della proprietà, è prevista l’istituzione di un apposito registro.

Sul piano comunitario, a prevederlo è l’art. 243, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, ma con esclusivo riferimento alle operazioni di cui all’art. 17, par. 2, lett. f), g) e h), ossia alle ipotesi sospensive riguardanti:

  • da un lato, i beni oggetto di lavori o perizie e
  • dall’altro, i beni utilizzati per l’esecuzione di prestazioni o ammessi alla temporanea importazione in esenzione totale dai dazi.

In Italia, l’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993 dispone che i movimenti relativi ai beni spediti in altro Stato membro o da questo provenienti, in base ad uno dei citati titoli non traslativi, devono essere annotati in apposito registro. Lo stesso adempimento deve essere osservato quando gli effetti traslativi o costitutivi si producono in un momento successivo alla consegna, nonché quando i beni sono trasferiti in dipendenza di contratti estimatori e simili (art. 39, comma 1, del D.L. n. 331/1993).

Gli effetti dell’omessa istituzione del registro, al pari della sua omessa compilazione, non sono espressamente disciplinati né sul piano comunitario, né su quello interno.

Nelle ipotesi indicate, potrebbe accadere che l’Ufficio neghi la sospensione d’imposta tenuto conto che l’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993 non prevede modalità alternative per dimostrare il titolo non traslativo della proprietà.

In proposito, è dato tuttavia osservare che, a fronte di una iniziale posizione dell’Amministrazione finanziaria che aveva ritenuto tassativa l’annotazione della movimentazione dei beni nel registro (Risoluzione dell’Agenzia delle entrate 10.03.2000, n. 30), è stato successivamente precisato che l’obbligo in esame si considera validamente assolto mediante la “presa in carico” dei beni su un apposito documento, numerato e conservato agli atti della società (Risoluzione dell’Agenzia delle entrate 31.03.2005, n. 39).

Secondo la giurisprudenza di merito, la finalità sottesa all’istituzione del registro non è, in via principale, quella di individuare uno strumento idoneo a vincere le presunzioni di cessione e di acquisto, quanto, piuttosto, quella di fornire un valido supporto per controllare i movimenti di beni nell’ambito del territorio comunitario, soprattutto a seguito della caduta delle barriere doganali (C.T.P. Cuneo, 08.11.2012, n. 145/2/12).

Di conseguenza, il regime sospensivo connesso alla movimentazione intracomunitaria non viene meno se il contribuente è in grado di dimostrare il titolo non traslativo della proprietà, per esempio esibendo l’ordine di lavorazione e la fattura emessa nei confronti del committente comunitario recante lo stesso numero d’ordine.

Secondo questa impostazione, la violazione dell’obbligo di tenuta del registro comporta la sola irrogazione della sanzione amministrativa di cui all’art. 9, commi 1 e 3, del DLgs. n. 471/1997, ma non anche la riqualificazione dell’operazione come trasferimento a “se stessi”.

Questa conclusione è stata confermata, più recentemente, dalla Corte di Cassazione.

Con la sentenza n. 26003 del 10.12.2014, è stato innanzi tutto osservato che l’art. 50 del D.L. n. 331/1993 prevede gli obblighi formali connessi agli scambi intracomunitari ed opera su un piano diverso da quello dell’identificazione dei presupposti di fatto della fattispecie di non imponibilità, limitandosi a prevedere gli adempimenti formali volti ad agevolare il successivo controllo da parte degli Uffici finanziari e ad evitare atti elusivi o di natura fraudolenta (Cassazione 07.10.2011, n. 20575).

Come affermato dagli stessi giudici di legittimità a proposito dell’omessa indicazione in fattura del codice identificativo del cessionario intracomunitario, un conto è l’irregolarità formale della fattura emessa, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano sanzionatorio, altro è invece pretendere che le operazioni per loro natura non imponibili diventino imponibili in dipendenza di una mera irregolarità formale, senza peraltro che tale effetto sia espressamente previsto dalla normativa (Cass., 28 maggio 2007, n. 12455).

Nella sentenza n. 26003/2014, si afferma che le medesime considerazioni possono essere estese all’annotazione nel registro di cui all’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993, il quale acquista, in questa prospettiva, una valenza esclusivamente formale.