25 Febbraio 2014

Commissioni tributarie e ristoro del danno

di Fabio Pauselli
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Il risarcimento del danno nel contenzioso tributario è un tema sempre molto spinoso, soprattutto per ciò che concerne la specifica competenza giurisdizionale delle commissioni tributarie in materia. Di particolare interesse sono alcune pronunzie della Corte di Cassazione proprio in merito al danno risarcibile, in quanto contribuiscono a definire il raggio di azione dei giudici tributari sulla domanda civile di risarcimento consequenziale all’atto tributario.

Il codice di procedura civile, come noto, all’art. 96 sancisce espressamente che “il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza”.

In particolare, con l’ordinanza n. 13899 del 3 giugno 2013 la Suprema Corte ha affermato che il giudice tributario può riconoscere anche la domanda risarcitoria proposta dal contribuente, potendo, di fatto, liquidare in favore di quest’ultimo il danno derivante dall’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una pretesa impositiva “temeraria”, connotata da mala fede o colpa grave; in questo senso viene chiarito che il concetto di responsabilità processuale deve intendersi comprensivo anche della fase amministrativa che ha dato luogo all’esigenza di instaurare un processo ingiusto il quale, ad esempio, poteva essere evitato ricorrendo all’esercizio del potere di autotutela.

Una tale conclusione non può che essere accolta con favore, rappresentando, di fatto, un’esplicazione del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione dei pubblici uffici sancito dall’art. 97 della nostra Costituzione. Non dimentichiamoci, inoltre, che nei rapporti Fisco – Contribuente il dovere di adottare un comportamento secondo collaborazione e correttezza è previsto anche dall’art. 10 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000), che troppo spesso viene del tutto ignorato.

Al contrario, con la sentenza n. 14506 del 10 giugno 2013 la Corte di Cassazione ha stabilito che qualora il concessionario per la riscossione dei tributi, nel procedere all’iscrizione di un’ipoteca ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. 602/1973, avesse adottato un comportamento asseritamente illecito, prospettato dal contribuente come causa del danno subito e del risarcimento da questi preteso, l’indagine sulla legittimità di una tale condotta appartiene alle competenze del giudice ordinario, costituendo una mera questione pregiudiziale e non una causa di natura tributaria avente carattere pregiudiziale. In tal senso, già in una precedente sentenza, la n. 15 del 2007, le Sezioni Unite avevano avuto modo di precisare che “qualora la domanda di risarcimento dei danni sia basata su comportamenti illeciti tenuti dall’Amministrazione Finanziaria dello Stato o di altri enti impositori, la controversia, avendo ad oggetto una posizione sostanziale di diritto soggettivo del tutto indipendente dal rapporto tributario, è devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, non potendo sussumersi in una delle fattispecie tipizzate che, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, rientrano nella giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie”.

Considerato che il confine tra le due conclusioni a cui perviene la Suprema Corte è davvero molto labile, onde evitare un rigetto per carenza di giurisdizione è necessario che venga posta la massima attenzione alla fattispecie concreta nel momento in cui si formula una domanda di risarcimento all’interno del ricorso tributario.