26 Febbraio 2014

Il nuovo codice deontologico degli avvocati: garanzie per i clienti

di Luigi Ferrajoli
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Lo scorso 31 gennaio il Consiglio Nazionale Forense ha approvato il nuovo Codice deontologico degli avvocati in attuazione delle previsioni contenute nella legge di riforma dell’ordinamento forense (la n. 247/2012), che entrerà in vigore 60 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il nuovo codice si compone di 73 articoli suddivisi in sette titoli: principi generali, rapporti con il cliente e la parte assistita, rapporti con i colleghi, doveri dell’avvocato nel processo, rapporti con i terzi e controparti, rapporti con le istituzioni forensi e disposizione finale .

Lo scopo del nuovo codice è innanzitutto la tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione, interesse che esalta lo specifico ruolo dell’avvocato come attuatore del diritto costituzionale di difesa e garante della effettività dei diritti. A tal fine, in attuazione di quanto disposto nella legge di riforma, il codice prevede la tendenziale tipizzazione degli illeciti disciplinari e l’espressa indicazione delle sanzioni a corredo di ogni fattispecie, con un meccanismo di aggravamento e di attenuazione in relazione alla maggiore o minore gravità del fatto contestato.

Tra le novità si segnalano un impianto più moderno e meno frastagliato, che tiene conto non solo della giurisprudenza che si è formata in materia deontologica dal 1997 (data di entrata in vigore del primo codice forense) ad oggi, ma anche delle previsioni disciplinari sparse in diversi testi legislativi.

Particolare rilievo rivestono, rispetto alla versione precedente, le norme dedicate ai “Rapporti con i clienti e la parte assistita” che vengono collocate subito dopo i principi generali e prima delle norme dedicate ai rapporti con i colleghi, proprio a sottolineare la vocazione pubblicistica delle disposizioni.

In tale contesto è stato più puntualmente scandito il momento genetico del rapporto e dell’incarico professionale, con particolare riferimento agli obblighi informativi ed alla pattuizione del compenso; la previsione concernente il conflitto di interessi ne privilegia la nozione che lo raccorda al concetto di “potenzialità” e non a quello di “effettività”; l’accordo sulla definizione del compenso mutua la previsione da quella della legge n. 247/2012 e reinserisce il divieto del patto di quota lite; il dovere di corretta informazione è ora posto in relazione con il divieto di accaparramento di clientela.

Nel dettaglio i rapporti con la clientela sono resi più trasparenti ed improntati alla correttezza sin dall’atto di assunzione dell’incarico e sono previste specifiche sanzioni per la violazione di ogni obbligo imposto.

Anzitutto l’avvocato non dovrà consigliare azioni inutilmente gravose per il cliente e non dovrà suggerire comportamenti o atti illeciti, fraudolenti o nulli.

All’atto del conferimento dell’incarico il legale dovrà, pena l’applicazione di sanzioni, comunicare alla parte assistita le caratteristiche della controversia, le attività da espletare, le possibili ipotesi di soluzione nonché la possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto dalla legge. Dovrà essere, inoltre, comunicata la prevedibile durata del processo, informazione non semplice da individuare in maniera puntuale a causa degli attuali tempi della giustizia, gli oneri legati al processo e, se richiesto, il legale dovrà comunicare in forma scritta il prevedibile costo della prestazione da lui eseguita. L’avvocato dovrà anche rendere noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa.

Il compenso può essere liberamente determinato tra le parti con il limite del patto di quota lite, sanzionato con la sospensione dall’esercizio della professione sino a sei mesi. Viene poi introdotto come obbligo deontologico il dovere di emettere i prescritti documenti fiscali ad ogni pagamento ricevuto.

Viene ribadito il divieto di accaparramento della clientela, mentre nel dare informazione sulla propria attività l’avvocato dovrà rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale. Non sono ammesse informazioni comparative né equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attività professionale né l’indicazione di nominativi di professionisti non direttamente o organicamente collegati con lo studio dell’avvocato.

Una ulteriore conferma della propensione del codice alla tutela della clientela è data, anche, dalla collocazione in questo contesto delle disposizioni sull’uso del web a fini informativi. L’Utilizzo dello strumento informatico è permesso mediante siti con dominio proprio, senza reindirizzamento, riconducibili alla persona dell’avvocato, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza; il sito non deve contenere riferimenti commerciali o pubblicitari.

Con il nuovo codice deontologico l’avvocatura ha voluto dare un segnale forte di serietà, correttezza e responsabilità sociale attraverso norme e sanzioni non certo espressione di istanze corporative ma veicolo del pubblico interesse al corretto esercizio di una professione in cui la difesa ha una funzione sociale ed è un mezzo di attuazione di diritti a rilevanza costituzionale.