23 Gennaio 2016

Termini dell’accertamento rivisti, ma con incognita black list

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
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I commi 130 e 131 della Legge di Stabilità 2016 (legge 208 del 2015), modificano i termini di notificazione degli accertamenti fiscali, seppur con la previsione esplicita, contenuta nel successivo comma 132, di un’applicazione differita nel tempo. Il legislatore, in particolare, interviene rispettivamente negli articoli 57 del DPR 633/72 (in materia IVA, mediante il comma 130) e 43 del DPR 600/73 (per le imposte sui redditi e per l’Irap con il successivo comma 131), disciplinando diversamente la fattispecie dell’omessa e dell’infedele dichiarazione: nella prima ipotesi, infatti, è previsto un termine più lungo, fissato al settimo anno successivo a quello in cui sarebbe dovuta avvenire la presentazione della dichiarazione (pertanto trattasi di due anni in più rispetto al termine attuale ancora applicabile per gli accertamenti che saranno eseguiti in relazione agli anni fino al 2015 incluso), mentre per le dichiarazioni infedeli il termine di accertamento è allungato di un anno, passandosi dall’attuale previsione del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione al termine del quinto anno successivo.

La grande novità della nuova previsione normativa è che viene eliminato qualsiasi dubbio circa la rilevanza di un eventuale reato tributario, posto che i nuovi termini in precedenza descritti non risentono di alcuna modifica in tal senso. Il reato tributario, pertanto, nella nuova configurazione è del tutto neutrale, richiedendosi agli uffici accertatori di adempiere al loro compito entro i nuovi termini tassativamente prestabiliti dal legislatore.

Di fatto, in caso di presentazione della dichiarazione, mentre l’anno 2015 sarà accertabile al massimo entro il 2020, salvo il sopraggiungere di un reato tributario nel medesimo termine, nel qual caso la scadenza dell’accertamento è raddoppiata all’ottavo anno successivo, dunque al 2024, l’anno 2016 avrà come nuova ed unica scadenza il 31 dicembre del 2022. Allo stesso tempo, in caso di omessa presentazione, le differenze tra il 2015 e il 2016 sono ben visibili:

  • anno 2015, dichiarazione omessa, termine ordinario 2021, termine raddoppiato in caso di reato tributario 2026;
  • anno 2016, dichiarazione omessa, termine di accertamento fissato al 2024.

Gli esempi precedenti ovviamente fanno riferimento ai periodi d’imposta coincidenti con l’anno solare: per i contribuenti con periodi c.d. “a cavallo”, il richiamo normativo preciso è effettuato ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 e a quelli successivi. Ne deriva, pertanto, che l’eventuale periodo d’imposta attualmente in corso ma con termine al 31 ottobre 2016 sarà ancora oggetto di accertamento con la vecchia metodologia.

Se ad una prima impressione sembra che il legislatore non abbia voluto lasciare nulla al caso, riscrivendo in toto le disposizioni richiamate e precisando che comunque fino a tutto il 2015 si applicano ancora le vecchie norme, con tanto di sottolineatura, inoltre, che:

  • il raddoppio dei termini per i reati tributari scatta soltanto se la relativa denuncia è presentata o trasmessa dall’amministrazione finanziaria (inclusa la Guardia di Finanza) entro gli ordinari termini di accertamento;
  • che per quanto concerne le procedure di collaborazione volontaria, comunque gli ordinari termini di accertamento scadono al 31 dicembre 2016 (in tal modo consentendo l’accertamento per l’anno 2010, altrimenti scaduto al 31 dicembre 2015);
  • che anche per le nuove previsioni future le eventuali reiterazioni delle azioni di accertamento possono essere eseguite solo in presenza di fatti e circostanze nuove non conosciute all’ente accertatore, che devono essere adeguatamente illustrate nella motivazione dell’accertamento;

resta clamorosamente intatta un’incognita fortissima circa il destino di eventuali patrimoni detenuti in paesi c.d. non collaborativi (tra cui si rammenta al momento rientrano ancora la Svizzera e Montecarlo, i cui accordi firmati sono stati “utili” solo ai fini del blocco del raddoppio dei termini nell’ambito della voluntary disclosure).

Per detti capitali entra in gioco in maniera rilevante l’articolo 12 del D.L. 78 del 2009, che sembra essere stato del tutto dimenticato dal legislatore. A norma di detto articolo, infatti, i capitali detenuti nei paesi black list si presumono realizzati, salvo prova contraria, con ammontari sottratti a tassazione in Italia (comma 2), mentre il successivo comma 2-bis espressamente prevede che i termini di cui agli articoli 57 del DPR 633/72 e 43 del DPR 600/73, per l’accertamento “basato sulla presunzione di cui al comma 2”, ossia appunto la detenzione non giustificata in paesi black list, sono raddoppiati.

Al ché la conclusione abbastanza bizzarra è che in assenza di un intervento normativo volto ad abrogare il predetto comma 2-bis dell’articolo 12 del D.L.78 del 2009, con efficacia per gli accertamenti riferiti ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 e seguenti, il termine di accertamento predetto diventerebbe clamorosamente “lungo”. Volendo esemplificare, se le cose dovessero rimanere invariate l’anno 2016:

  • con dichiarazione presentata, vedrebbe come termine di accertamento per i capitali black list il 31 dicembre 2027;
  • in caso di omessa dichiarazione, si giungerebbe addirittura al 31 dicembre 2031.

Non è dato sapere se davvero sia questo l’obiettivo del legislatore. Forse un minimo di chiarezza potrebbe giungere da un futuro documento di prassi, ma in sincerità sembra che la soluzione possa transitare esclusivamente per un intervento normativo. Non resta che attendere fiduciosi, sempre che qualcuno si accorga del problema.