25 Gennaio 2016

Procedure amichevoli e contenzioso interno: le conferme dell’Agenzia

di Gian Luca NiedduRoberto Bianchi
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Nei giorni scorsi l’Agenzia delle entrate è stata nuovamente chiamata a esprimersi in merito alla relazione tra le procedure amichevoli internazionali e il contenzioso tributario domestico. L’occasione è giunta a seguito di una nuova interrogazione volta ad avere chiarimenti quanto al persistere della alternatività tra procedure amichevoli e contenzioso tributario interno alla luce delle recenti modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 156/2015.

 

Contesto normativo di riferimento

Il titolo II del decreto legislativo n. 156/2015 (pubblicato sul supplemento ordinario n. 55/L alla Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015) dà attuazione alla delega per la revisione del contenzioso tributario e l’incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria, conferita al Governo con l’articolo 10, comma 1, della legge n. 23/2014.

Più precisamente, l’articolo 9, comma 1, lettera o) del menzionato decreto ha aggiunto i commi 1-bis e 1-ter all’articolo 39 del decreto legislativo n. 546/1992, rubricato “Sospensione del processo”. In particolare, con il comma 1-ter, si stabilisce che: “il processo tributario è altresì sospeso, su richiesta conforme delle parti, nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni stipulate dall’Italia ovvero nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi della Convenzione relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/463/CEE del 23 luglio 1990”.

In sintonia con l’intenso dibattito che negli ultimi anni è stato svolto in sede OCSE (da ultimo, a esempio, l’Action n. 14 del Progetto BEPS) e di Unione europea quanto alla necessità di conferire maggiore efficacia alle procedure amichevoli tra stati, con l’introduzione del comma 1-ter, dunque, si è voluto fornire agli operatori (imprese multinazionali e professionisti, ma anche agli uffici dell’Amministrazione finanziaria e ai giudici delle commissioni tributarie) un ulteriore elemento di certezza quanto alla gestione di tutte le diverse fasi che caratterizzano il ricorso a una procedura internazionale per la risoluzione di fenomeni di applicazione della doppia imposizione. Ed ecco allora che, tra le fattispecie di sospensione del processo tributario, è oggi espressamente previsto anche l’inizio di una procedura amichevole, con ciò facendo espresso richiamo alla Mutual Agreement Procedure (o MAP) contenuta nei trattati contro le doppie imposizioni sottoscritti dall’Italia e alla Convenzione n. 90/436/Cee in materia di prezzi di trasferimento (o EU Arbitration Convention).

Peraltro è opportuno considerare come nell’ordinamento italiano non esistano vere e proprie disposizioni specifiche “di raccordo” tra le fasi pre-contenziose e contenziose – da un lato – e le procedure amichevoli dall’altro. L’unico documento ufficiale su questa complessa tematica è la Circolare n. 21/E diffusa dalla Agenzia delle entrate (Direzione Centrale Accertamento) in data 5 Giugno 2012. In essa vengono, in particolare, illustrate le diverse caratteristiche delle procedure amichevoli a seconda delle fonti giuridiche di attivazione, nonché esplicitate le diverse fasi della procedura e i rispettivi collegamenti con il diritto interno. Viene, poi, fornita una guida puntuale per ciò che attiene tanto ai requisiti soggettivi e oggettivi di ammissibilità quanto alle modalità di accesso all’istituto.

 

La pronuncia della Agenzia delle entrate

In estrema sintesi, l’Agenzia delle entrate ha affermato – riprendendo quanto già espresso nella Circolare n. 21/E del 2012 – che, in caso di procedure amichevoli avviate ai sensi del Modello Ocse o della Convenzione n. 90/436/CEE in materia di prezzi di trasferimento, l’apertura delle procedure può essere richiesta dal contribuente indipendentemente dal ricorso giurisdizionale. Essa ha inoltre ribadito che «L’opportunità di adire il giudice tributario corrisponde alla necessità di evitare che, in pendenza di procedura amichevole, l’imposta accertata in Italia diventi definitiva e, pertanto, non modificabile ai sensi dell’eventuale accordo raggiunto fra le autorità competenti». Ciò è imputabile alla circostanza che il contemporaneo svolgimento della procedura amichevole e del contenzioso interno determina la possibilità che si pervenga a un giudicato in contrasto con il dispositivo dell’eventuale accordo amichevole.

Questo aspetto risulta essere determinante in considerazione del fatto che il risultato eventualmente raggiunto in sede amichevole non può in alcun modo andare a modificare la sentenza pronunciata dal giudice tributario domestico, qualora quest’ultima giunga prima dell’accordo internazionale.

Di conseguenza, la richiesta di sospensione del giudizio alla commissione tributaria competente si presenta come azione necessaria da parte del contribuente che – avendo ricorso avverso l’avviso di accertamento – voglia essere certo di non vanificare lo sforzo compiuto dalle autorità preposte in sede di procedura internazionale, se nel frattempo giungesse una pronuncia di senso diverso (i.e., soprattutto se avversa) da parte del giudice tributario domestico.

A ben vedere, tuttavia, le complessità della materia qui in discussione sono tali che la scelta della via internazionale quale modalità di composizione di una controversia che può causare – in ultima istanza – una doppia imposizione tra stati, deve necessariamente essere la sintesi di una attenta valutazione di diversi elementi tra i quali: la fattispecie tributaria in discussione (a esempio, i prezzi di trasferimento, la stabile organizzazione, la residenza fiscale di un soggetto), la procedura amichevole percorribile (la EU Arbitration Convention è consentita per le sole questioni afferenti i prezzi di trasferimento) e i risultati che essa è in grado di garantire in tempi predefiniti, nonché le interrelazioni con le disposizioni in tema di contenzioso domestico degli stati di residenza delle parti coinvolte.

In questo contesto, è necessario infine considerare altresì che la necessità di un maggiore coordinamento a livello internazionale e l’opportunità di rendere le procedure amichevoli – soprattutto le MAP contenute nei trattati contro le doppie imposizioni – più efficaci, ha condotto all’introduzione anche nelle convenzioni (si veda a esempio quelle sottoscritte dall’Italia negli ultimi tre anni) di clausole arbitrali sul modello di quella prevista dalla EU Arbitration Convention. A ciò devono poi aggiungersi anche i forti impulsi derivanti dal Progetto BEPS quanto alla attesa evoluzione degli strumenti multilaterali per la soluzione delle controversie internazionali, che dovrebbero vedere la luce nel corso del 2016.