15 Dicembre 2014

Registro con dubbi nell’affitto di azienda con immobili strumentali

di Luca Caramaschi
Scarica in PDF

L’art. 35 comma 10-quater dell’oramai lontano D.L. n. 223/2006 ha previsto che “Le disposizioni in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l’affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi dell’’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.”

La norma, dal chiaro intento antielusivo, comporta che vengano poste a confronto le tassazioni di due distinte operazioni: la locazione dell’azienda e la locazione dei fabbricati strumentali.

L’affitto d’azienda è ordinariamente assoggettato ad Iva nella misura ordinaria del 22% e all’imposta di registro in misura fissa. La locazione di immobili strumentali è oggi naturalmente esente o, in alternativa, assoggettata ad Iva nella misura del 22% per cento qualora venga esercitata l’opzione per l’imponibilità. In ogni caso le locazioni di fabbricati strumentali, esenti o imponibili ad IVA, sono assoggettate all’imposta di registro nella misura dell’1 per cento.

Con la Circolare n. 12/E del 01.03. 2007, al paragrafo 5, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la ratio antielusiva della norma richiede di individuare il regime di maggior sfavore nella applicazione della imposta proporzionale di registro, prevista per tutte le locazioni di fabbricati strumentali, sia imponibili che esenti, poste in essere ai sensi dell’articolo 10, n. 8). In relazione a tale aspetto, in sostanza, l’applicazione del regime di tassazione previsto per i fabbricati strumentali risulterà sempre più sfavorevole rispetto a quello previsto per le locazioni di azienda. La norma antielusiva, pertanto si applica nelle ipotesi in cui il valore dei fabbricati compresi nell’azienda costituisca la maggior parte del valore dell’azienda stessa. Poiché la norma per la valutazione dei fabbricati richiama i criteri del valore normale come determinati dall’articolo 14 del DPR n. 633 del 1972, si ritiene – prosegue il documento di prassi – che tale criterio di valutazione per ragioni di omogeneità debba essere riferito ad entrambi gli elementi del rapporto comparativo, il complesso aziendale e i fabbricati.

Ciò significa che per valutare correttamente il predetto rapporto è necessario procedere alla valutazione dell’azienda, processo che implica la possibile applicazione di differenti metodologie (patrimoniali, reddituali e miste per citare quelle classiche) unitamente alla non semplice quantificazione dell’avviamento. Già queste prime considerazioni evidenziano come in presenza di aziende “complesse” la determinazione della debenza o meno dell’imposta di registro sul relativo canone di affitto sia esercizio non del tutto agevole.

La situazione poi si complica ulteriormente laddove l’immobile concesso in affitto d’azienda non sia di proprietà del concedente ma da questi acquisito in forza di un contratto di locazione o ad altro titolo. Sul tema occorre richiamare sempre la citata C.M. n. 12/E/2007 laddove al paragrafo 7 afferma che l’eventuale rapporto di sublocazione, anche se ai sensi dell’articolo 1595 Cod. Civ. risulta collegato al contratto di locazione da un vincolo di reciproca dipendenza, conserva, ai fini fiscali una autonoma rilevanza economica; pertanto le prestazioni derivanti da rapporti di sublocazione risultano autonomamente assoggettate a tassazione, secondo le regole e i criteri previsti per i contratti di locazione da cui mutuano i caratteri contrattuali. Trasferendo tali concetti alla situazione rappresentata dall’affitto di azienda l’Agenzia delle Entrate, nel richiamato documento di prassi, afferma che “per le medesime ragioni anche nelle ipotesi di sublocazione occorre applicare il regime fiscale previsto per le locazioni di immobili qualora il valore del ramo aziendale sia costituito per la maggior parte dal valore degli immobili”.

Tale affermazione, quindi, vale a ricomprendere nel campo di applicazione delle disposizioni in commento anche quei casi nei quali l’immobile nel quale viene svolta l’attività concessa in affitto d’azienda sia concesso in sublocazione da parte del soggetto concedente. Una simile situazione, come si può bene comprendere, va ulteriormente ad aggravare il percorso di necessaria verifica dei due termini di confronto (valore di mercato sia dell’azienda che dell’immobile) posto che la verifica del valore di quest’ultimo deve avvenire su un bene di proprietà di un soggetto terzo (caso tipico è la società immobiliare) che non costituisce parte contrattuale nell’affitto di azienda oggetto di indagine.

Con la Risoluzione n. 35/E del 06.02.2008 l’Agenzia delle Entrate, dopo aver confermato le considerazioni già espresse nella precedente Circolare n. 12/E/2007, si esprime sulle modalità con le quali si ritiene possibile assolvere all’imposta di registro nella misura dell’1 per cento nei casi in cui la stessa, per le ragioni sopra esposte, si ritiene dovuta. Partendo dal presupposto che la norma, in un’ottica antielusiva, impone il confronto tra la disciplina applicabile ai fini delle imposte indirette all’affitto di azienda e quella applicabile alla locazione di fabbricati, al fine di valutare, con riferimento al caso concreto, quale dei due sistemi di imposizione comporti una tassazione più vantaggiosa, il citato documento afferma che qualora l’affitto di azienda abbia durata pluriennale, al fine del confronto con la disciplina dettata in materia di locazione di immobili strumentali, si dovrà tener conto anche della disposizione dettata dalla nota I) all’articolo 5 della Tariffa, parte prima, allegata al Tur, nella parte in cui prevede una riduzione dell’imposta di registro (pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero di annualità) se il pagamento della stessa avvenga in un’unica soluzione per l’intera durata del contratto.

Nel caso pertanto di durata pluriennale del contratto di affitto d’azienda, al conduttore della medesima (in quanto soggetto inciso dall’imposta di registro) si profila una duplice scelta: pagare l’imposta di registro alla scadenza di ciascun anno contrattuale, oppure corrispondere la stessa in unica soluzione al momento della prima registrazione del contratto medesimo. Considerato peraltro che la registrazione dei contratti di affitto d’azienda avviene a cura del notaio rogante e che sarà quindi tale soggetto a dover richiedere al concedente l’imposta di registro e a versarla in qualità di “sostituto”, la scelta non risulta certamente priva di conseguenze sotto il profilo pratico.

Sempre in merito alla disciplina contemplata dall’art. 35 del D.L. n. 223/2006 l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di pronunciarsi con riferimento ai frequenti contratti di franchising (o affiliazione commerciale) che prevedono per il cosiddetto franchisee il diritto di godimento di un immobile. Con la Risoluzione n. 49/E del 13.03.2007 l’Amministrazione finanziaria ritiene che, precisati gli elementi essenziali che qualificano il contratto di franchising, la concessione del diritto di godimento di un immobile non rientra tra le prestazioni riconducibili nello schema tipico del contratto di franchising; ai fini dell’imposta di registro tale pattuizione deve invero essere inquadrata nell’ambito di una più complessa operazione negoziale, in cui al contratto di franchising è collegato un ulteriore negozio giuridico caratterizzato da un distinto nesso causale, come ad esempio un contratto di locazione di immobile commerciale.  Sulla base di tali considerazioni, quindi, l’Agenzia ritiene che nel caso in cui il franchisor (o affiliante) conceda in godimento al franchisee (o affiliato) un immobile per un periodo di tempo, verso un determinato e specifico corrispettivo, risulterà integrato il contratto di locazione; conseguentemente, dovrà applicarsi la disciplina fiscale prevista per le locazioni di immobili strumentali (art. 35 del D.L. n. 223/2006). Al contrario, ulteriori considerazioni si rendono necessarie nella diversa ipotesi in cui, dall’esame delle singole clausole contrattuali, emerga che il contratto (franchising e locazione d’immobile) integri la fattispecie del contratto di affitto d’azienda. La differenza, in quest’ultimo caso, non è trascurabile, posto che in caso di unitario contratto di affitto di azienda tutto il canone contrattualmente previsto risulterebbe assoggettato ad imposta di registro della richiamata misura dell’1 per cento.