15 Aprile 2014

Raddoppio dei termini: la CTR Lombardia “attua” la Delega Fiscale

di Giancarlo Falco
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Il terzo comma dell’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, prevede una specifica deroga alla disciplina generale dei termini di accertamento, in particolare: “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”.

In altre parole, laddove la contestata violazione costituisca o possa costituire un fatto di reato penalmente rilevante e per il quale il legislatore abbia previsto l’obbligo di denuncia di cui all’art.331 c.p.p., i termini per la notifica dell’accertamento raddoppiano attestandosi relativamente ad otto e dieci anni a seconda del tipo di violazione commessa.

Tale formulazione ha suscitato un lungo dibattito giurisprudenziale sulla portata applicativa del raddoppio dei termini: la norma non specifica, infatti, se il rinvenimento degli elementi penalmente rilevanti possa o meno essere idoneo a cagionare il raddoppio dei termini ove si concretizzi in un momento in cui i termini per l’accertamento siano già decaduti, ovvero se l’attività ispettiva, possa o meno essere avviata dopo lo spirare del termine ordinario.

Il testo normativo si presta, infatti, ad entrambe le interpretazioni, motivo per cui, la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con ordinanza del 29 aprile 2010, n. 266, ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972 nella parte in cui non subordina il raddoppio al fatto che la denuncia ex art. 331 c.p.p. sia stata inviata antecedentemente allo spirare dei termini di decadenza (chiaro è che il medesimo discorso vale anche rispetto all’art. 43 del D.P.R. n. 600/73).

La Corte Costituzionale con la sentenza 25 luglio 2011, n. 247 si è pronunciata in senso sfavorevole al contribuente, statuendo che il comma 3 dell’art. 43, D.P.R. n. 600 del 1973 “prevede, quale unica condizione per il raddoppio dei termini, la sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendente dal suo adempimento. […] la lettera della legge impedisce di interpretare le disposizioni denunciate nel senso che il raddoppio dei termini presuppone necessariamente un accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato”.

Pur avendo superato il vaglio dei giudici costituzionali, però, i dubbi che ha suscitato la previsione dell’art. 73 in merito ai confini temporali concessi all’Amministrazione finanziaria per l’accertamento dei reati di cui al D.Lgs. n. 74/2000, continuano a suscitare accesi dibattiti.

Sul punto è intervenuta la Legge Delega per la riforma del sistema fiscale (L. 11 marzo 2014, n. 23), con l’intento di risolvere definitivamente la questione, prevedendo esplicitamente all’art. 8 che venga ridefinita “la portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, prevedendo che tale raddoppio si verifichi soltanto in presenza di effettivo invio della denuncia, ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale, effettuato entro un termine correlato allo scadere del termine ordinario di decadenza”.

Posta la ratio della deroga in parola, dunque, i decreti legislativi che saranno emanati sulla base della Delega, dovranno chiarire in via definitiva che i termini di cui al terzo comma del citato art. 43 non operano discrezionalmente per l’amministrazione procedente, nel senso che questa non può, una volta spirato il termine ordinario, usare a proprio vantaggio il raddoppio di detti termini per notificare accertamenti per i quali è incorsa in decadenza.

Tale ultima interpretazione è stata già fatta propria dai giudici della C.T.R. Lombardia: nella sentenza n. 382/29/2014, come vedremo di seguito, si anticipa in concreto quanto previsto nella Legge Delega.

Per i Giudici, infatti, “sia l’art. 43, comma 4, del DPR 600/1973 che l’articolo 57, comma 4, del DPR 633/1972, secondo i quali un avviso di accertamento integrativo può essere notificato fino alla scadenza dei termini previsti dai commi precedenti, fanno comprendere che non è possibile una riapertura dei termini una volta maturati, e ciò se vale per un accertamento integrativo vale, per la medesima ragione, anche per il raddoppio dei termini in presenza di ipotesi di reato”.

Una diversa interpretazione della norma, infatti, “esporrebbe i contribuenti alla possibilità di essere sottoposti ad accertamento anche a distanza di molti anni dalla scadenza del termine ordinario […]. Ciò farebbe venire meno la certezza delle situazioni giuridiche che con la fissazione dei termini di decadenza – oltre che di quelli di prescrizione – il legislatore ha voluto garantire al contribuente”.

Il raddoppio dei termini è condizionato, quindi, all’effettivo invio della denuncia penale ex art. 331 c.p.p. e alla circostanza che detto invio avvenga quando i termini di decadenza dell’attività accertativa previsti in via ordinaria non siano ancora spirati. Va, pertanto, considerata illegittima la pretesa impositiva derivante da attività ispettiva avviata successivamente all’intervenuta decadenza dei termini ordinari di accertamento, anche qualora sussista un’ipotesi di reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 che consente l’applicazione della disciplina in oggetto.