21 Luglio 2015

Qualcosa si comincia a vedere ….

di Claudio Ceradini
Scarica in PDF

Qualcosa si comincia ad intravedere del lavoro della ormai nota Commissione Rordorf. Lo avevamo anticipato qualche settimana fa che lo scorso 28 gennaio si era insediata presso il Ministero di Giustizia la Commissione di esperti, con il compito di procedere ad una significativa revisione della legge fallimentare che, pur rattoppata tra una modifica e l’altra, sconta ormai l’età, e la conseguente inadeguatezza rispetto alla mutata realtà cui deve essere applicata.

Da tempo la Commissione Europea invita gli stati membri a provvedere. Abbiamo già ricordato alcuni degli interventi comunitari (Risoluzione del 15/11/2011, Comunicazione “L’Atto per il Mercato Unico” del 3/10/2012, Comunicazione intitolata “Un nuovo approccio Europeo al fallimento delle imprese ed all’insolvenza”). Il più recente provvedimento è la Raccomandazione del 12/03/2014, in cui nuovamente l’invito è quello di istituire meccanismi e strumenti che “garantiscano ad imprese sane in difficoltà finanziaria l’accesso ad un quadro nazionale in materia d’insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza“.

Dalle prime anticipazioni, il messaggio è stato colto. Da quello che si apprende, lo schema di legge delega contiene interessanti indicazioni sul punto. Sembrano coinvolti i neonati Organismi di Composizione della Crisi (OCC) che l’art. 15 della L. 3/2012 ha inaugurato, e solo recentissimamente hanno trovato regolamentazione, quali punti chiave nella gestione della crisi dei soggetti non fallibili. Sarebbero loro, che in caso di inerzia degli amministratori, raccoglierebbero le indicazioni dell’organo di controllo e dei creditori istituzionali, ed innescherebbero l’intervento e la designazione di un soggetto terzo, il gestore della crisi, che dovrebbe comprendere se la crisi sia reversibile o meno (compitino da niente) e favorire la mediazione tra il debitore ed i creditori. Le intenzioni devono trovare traduzione normativa prima di essere commentate, ma per esperienza chi lavora in queste trincee sa che il debitore il professionista se lo sceglie, e a lui chiede se ci sono soluzioni o meno alla sua situazione. A meno che il gestore non sia soggetto particolarmente attrezzato per struttura e risorse professionali disponibili, gestorie e di marketing, legali, contabili e fiscali, e quindi realmente in condizione di comprendere con la rapidità necessaria quali soluzioni siano percorribili concretamente e con quali costi e investimenti (discorso vecchio per chi mi legge, ma mai abbastanza). L’intervento godrebbe anche di un cappello protettivo, formula stand still, e questo è sicuramente un fatto positivo.

Il concordato preventivo, nelle intenzioni dovrebbe essere di molto potenziato. Ed è meglio che accada in fretta altrimenti il paziente muore prima di essere operato. Arriva la procedura di gruppo, la cui assenza costituisce oggi un vero e proprio buco, costringendo debitore e professionisti ad invenzioni traballanti e malsicure, che in un ambito già di per sè incerto come il versante giuridico del risanamento si trasformano spesso in un vero terno al lotto. Il concordato sarà poi unicamente di risanamento, con una (speriamo) riformulazione sostanziale del principio della continuità, mentre quello liquidatorio rientrerà nell’ambito del nuovo fallimento, che cambia anche nome diventando “liquidazione giudiziale“. Sparisce l’udienza ex art. 172 L.F., proceduralmente inutile, in effetti, negli anni delle comunicazioni telematiche, ma arriva la maggioranza per teste, e non è una buona notizia per i creditori più consistenti, cioè per chi ci rimette di più. Probabilmente l’attestatore diventa facoltativo, ed in ogni caso di parte. Il giudizio di fattibilità del piano e di veridicità dei dati diverranno appannaggio del Commissario Giudiziale, per evitare duplicazioni di funzioni e rendere l’approccio al risanamento più economico. Non possiamo che essere d’accordo, ma anche qui, dipende dal Commissario: la fattibilità e la veridicità dei dati sono due giudizi che presuppongono, il primo, disponibilità di professionalità come quelle già sopra riferite, e il secondo capacità di intervento simili a quelle di una società di revisione. E chiaro che dipende da caso a caso, comunque il problema si pone eccome. Grande novità il concordato dei terzi, cioè dei creditori che possono, quando percepiscono la situazione di crisi proporlo in luogo del debitore, pur all’interno di un contraddittorio. Aspettiamo francamente di capirne di più, ma la sensazione è che se già è difficile concepire un piano concordatario serio da dentro, da fuori è impossibile.

Modifiche in arrivo anche per gli accordi di ristrutturazione, appena rinnovati con il D.L. 83/2015. La soglia del 60% degli aderenti dovrebbe sparire (dovendo pagare i non aderenti integralmente, in effetti non serve a molto) e con lei addirittura l’omologazione. Modifiche queste straordinariamente importanti, che renderebbero lo strumento quasi stragiudiziale, rapido, ed economico. A patto ovviamente che nel contempo non venga troppo limitato nella sua applicabilità. Ma così al momento non pare, prevedendosi addirittura un allargamento della finestra di protezione della procedure esecutive.

Molta, moltissima sostanza si intravede, vediamo come procederanno le cose.

E mai come adesso siamo ottimisti.

 

Per approfondire le problematiche relative alla crisi d’impresa ti raccomandiamo il seguente seminario di specializzazione: