20 Luglio 2015

La “remise en forme” dello studio professionale

di Michele D’Agnolo
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La “remise en forme” dello studio professionale assomiglia in tutto e per tutto all’analogo processo applicato agli esseri umani dagli istituti di benessere di tutto il mondo. Quando decidiamo di volerci rimettere in sesto, fisicamente e mentalmente sappiamo bene quali sono i duri passi da compiere.

La precondizione per rialzarsi è rappresentata dalla forza di volontà. Che sia per ben figurare con il moroso o la morosa nuova o perché un evento traumatico ci fa capire che è arrivato il momento di cambiare vita, la base di tutto è dentro di noi. Solo al nostro interno può scattare la molla e c’è la forza per affrontare il cambiamento, con tutto ciò che comporta. E’ come il quadro, che quando deve cadere dal chiodo, cade.

 

Poi occorre trasformare la volontà in azione. Serve innanzitutto una dieta, da seguire in modo ferreo. Soprattutto non bisogna sgarrare, non si possono fare eccezioni di sorta perché altrimenti la pancetta torna immediatamente al suo posto. La tentazione, soprattutto quando siamo sotto pressione, è sempre quella di premiarci con una birretta o con uno stuzzichino. La dieta potrebbe per analogia essere rappresentata dall’organizzazione, con il suo retaggio di efficacia e di efficienza. Ma la dieta da sola non basta. Anzi, a ben vedere una dieta seguita da sola può addirittura portare svantaggi se non è accompagnata da una appropriata attività fisica. Anche se dovessimo sbadatamente scegliere una dieta inadatta, il nostro fisico resterebbe privo di quegli elementi di nutrimento di cui ha bisogno e anziché migliorare si impoverirebbe. Pensate a cosa accadrebbe se dovessimo tagliare in studio, per errore, dei costi strategici.

Occorre abbinare ad un corretto regime alimentare un programma di ginnastica, progressivo, da praticare con grandissima assiduità. Conosciamo già tutte le scuse possibili per evitare l’allenamento: urgenze lavorative, meteo sfavorevole, stanchezza, commissioni personali da svolgere. Ricomincio lunedì. Tutto congiura contro la palestra, mentre guarda caso nulla mai si frappone tra noi e i capienti scaffali del frigorifero. Nella nostra metafora l’allenamento ginnico è rappresentato dalla formazione e l’addestramento che sono necessari per affrontare il cambiamento.

Per rimettersi in forma più in fretta e senza rovinarsi il fisico servono anche attrezzi adatti. Fasce elastiche per dimagrire camminando, attrezzi ginnico-sportivi, abbigliamento traspirante, ma anche misuratori di calorie, tapis roulant e altre macchine meravigliose. Da utilizzare con competenza e moderazione. Ma guai a farne a meno, i tempi si moltiplicano, la ginnastica potrebbe richiedere molto più tempo a gonfiarci i bicipiti e a scolpirci gli addominali eliminando il maniglione antipanico dell’amore. Per analogia, nello studio servono strumenti tecnologici adeguati.

 

Solo la contemporanea presenza delle tre modalità di cambiamento assicura il risultato. E attenzione perché non ci sarà niente di automatico. Ogni volta che sgarriamo, dovremo pagare per rimetterci in sesto. Le tentazioni agiscono proprio come l’entropia e l’emergenza che riportano il casino prepotentemente ogni mattina nei nostri studi.

Sono rare e fortunate le persone che hanno un metabolismo che consente loro di rimanere sempre in forma, nonostante la tendenza all’aperitivo e l’abuso di sachertorte. La maggior parte delle veline e dei tartarugati invece soffre in silenzio facendo ore di pilates, ma si sacrifica sull’altare della bellezza. E mangia sano e pochissimo perché sa che basta un momento di sbraco per rovinare tutto.

Per cambiare le nostre abitudini nutritive e di vita è talvolta dirimente la presenza di un coach. Si va molto più volentieri in palestra se c’è un personal trainer che ti aspetta, ti motiva, ti telefona se ritardi, ti premia se hai fatto il tuo duro allenamento. E così molte scuole di wellness prevedono addirittura una prova settimanale, davanti a tutti, di verifica del proprio peso forma. Per noi, sarebbe l’ispirazione per istituire una sorta di benchmarking tra studi.

Se sbagli la scelta del coach, il tuo programma rischia di non realizzarsi mai, mentre il suo – che potrebbe essere soltanto quello di spillarti più quattrini che può – probabilmente prenderà il sopravvento.

Usciamo di metafora e proviamo a calare le stesse idee di riabilitazione psicofisica che valgono per le persone dentro ai nostri studi professionali. Prima di tutto, se vogliamo che la riorganizzazione dello studio abbia successo, dobbiamo volerla noi per primi interiormente, incondizionatamente e al di sopra di ogni altra cosa al mondo. Siamo dentro una guerra epocale, e in guerra non si fanno prigionieri. Se abbiamo deciso di dimagrire, non possiamo fare eccezioni. Anche il vecchio impiegato cinquantacinquenne al quale vogliamo tanto bene e siamo riconoscenti, se non riesce a giustificare economicamente la sua presenza in studio neanche dopo i nostri sforzi di convertirlo, va eliminato senza pietà come le patatine fritte dal menù. Anche se sappiamo di aver messo una persona sulla strada.

Spesso perché una volontà del genere si manifesti, occorrono eventi traumatici. Va via un grosso cliente o si deve pagare una multa salata, o i conti dello studio non tornano più e allora ci risolviamo a cambiare. Molto più raramente si cambia prima, cioè quando non si è ancora in stato di emergenza, con buona pace del principio di prevenzione che tutti conosciamo ma nessuno di noi pratica.

Poi dobbiamo fare la dieta. Darci e seguire assiduamente procedure di efficienza e riduzione dei rischi, tagliare i costi, selezionare i clienti, selezionare e valutare costantemente i collaboratori. Come Rambo che si cuce il braccio da solo, senza anestesia. Vincendo la paura. Dopo si sta meglio, ma all’inizio è una tragedia.

Poi è necessario formarci e addestrarci, noi e tutto lo staff dello studio. Imparare ad usare i nostri strumenti tecnologici e informatici al meglio. Essere più competenti e rapidi nella risposta del Genio della Lampada. Essere cortesi e risoluti come assistenti di volo, simpatici ed efficienti come animatori di un villaggio turistico. Tanti piccoli Mandrake pronti a fare continue magie per i nostri clienti.

Poi è opportuno munirci dei giusti strumenti. Il software per misurare le prestazioni delle persone che lavorano dentro lo studio, quello che gestisce i flussi di lavoro, quello che regge lo scadenziere generale dello studio. Anche i software operativi, come quelli fiscali e contabili per i commercialisti, non sono tutti uguali, lo sembrano. Vanno scelti con cura tenendo conto di molte, moltissime variabili e dell’abilità di chi ci assiste nell’utilizzarli.

E per finire, perché no, anche noi potremmo beneficiare dell’affiancamento di un coach. Ci vuole molta lungimiranza perché un professionista accetti di farsi aiutare. Sappiamo essere molto orgogliosi, soprattutto quando più ci danneggia. Come diceva un nostro validissimo collega siamo sfortunati rispetto ai nostri clienti, perché loro hanno sempre il loro professionista con cui confrontarsi, mentre noi no.

E’ importante scegliere con cura il coach giusto. Lo sappiamo molto bene che l’allenatore può fare e fa la differenza. E allora chi portare in panchina? Ce n’è ormai per tutti i gusti. Come nel calcio ci sono ex calciatori che fanno i preparatori, così ci sono ex colleghi che mettono a disposizione la loro esperienza (nel mio caso metto a disposizione una imbattibile serie di vent’ anni di errori). Per chi preferisce portare in studio la diversità ci sono motivatori, psicologi, esperti di filosofie orientali. Non mancano ingegneri e altri consulenti direzionali che affrontano a proprio rischio il periglio di un ambiente completamente irrazionale come lo studio professionale, dove nessuna legge – tantomeno quelle economiche – sembra avere un senso. A qualcuno serve un professionista che lo carichi e lo motivi, ad altri un professionista che lo freni costringendolo a pensare, ad altri solo conferme tecniche. E comunque, al di là dei curricula e dei progetti, sarà il feeling personale a farci scegliere.

Come tutti sappiamo, ci sono – per fortuna – moltissimi metodi e tecniche per rimettere in forma lo studio. C’è la dieta dissociata, quella solo di mele, e ci sono palestre, strumenti, metodi ed esperti accompagnatori a bizzeffe. L’importante è voler cominciare. Sapendo che sarà molto, molto dura, ma che è davvero indispensabile. Sarà già un gran bel primo passo.