27 Marzo 2024

Primi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulla rilevanza fiscale della correzione di errori contabili

di Fabrizio RicciGianluca Cristofori
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La scheda di FISCOPRATICO

Nonostante la disciplina della rilevanza fiscale “condizionata” della correzione degli errori contabili risulti applicabile, per le imprese con esercizio coincidente con l’anno solare, sin dal periodo d’imposta 2022, i primi attesi chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria sono stati forniti solo con la recente risposta all’istanza di interpello n. 73/2024.

Nella risposta, avente per oggetto il caso della correzione di errori considerati “rilevanti” secondo la definizione contenuta nel Principio Contabile OIC 29, derivanti dalla non corretta imputazione temporale di canoni di leasing finanziario, vengono anche chiariti diversi aspetti di carattere “generale”, tra cui, in primis, la circostanza per cui rientrano nel relativo perimetro di applicazione sia gli errori “rilevanti”, sia quelli non rilevanti, purché corretti dal predetto periodo d’imposta 2022, anche se commessi prima dell’entrata in vigore della norma.

Preliminarmente, l’Amministrazione finanziaria evidenzia come la risposta sia limitata all’esame della rilevanza fiscale della correzione degli errori contabili aventi per oggetto l’errata imputazione “per competenza” dei canoni di leasing, escludendo ogni valutazione in merito ad altri e diversi errori, chiarendo altresì che, laddove gli errori contabili rappresentati in istanza risultassero conseguenza di una non corretta applicazione di norme fiscali (ossia, in altri termini, non fossero qualificabili come errori commessi in sede di predisposizione del bilancio), le previsioni concernenti la rilevanza fiscale della relativa correzione non troverebbero applicazione.

Non viene, quindi, espressamente affrontato il dubbio circa l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina, con particolare riguardo al fatto che possano esservi ricondotte, per esempio, anche le correzioni aventi per oggetto errori concernenti la “qualificazione” del fatto amministrativo, sia pur in termini di conseguente diversa imputazione temporale della componente reddituale al singolo periodo d’imposta, oppure se debba trattarsi, sempre e soltanto, di errori di mera imputabile temporale della componente di reddito a un periodo d’imposta piuttosto che a un altro. Nel documento di prassi viene, in effetti, espressamente richiamato il paragrafo 44 del principio contabile OIC 29, il quale prevede che “… un errore consiste nell’impropria o mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni ed i dati necessari per la sua corretta applicazione sono disponibili. Possono verificarsi errori a causa di errori matematici, di erronee interpretazioni di fatti, di negligenza nel raccogliere le informazioni ed i dati disponibili per un corretto trattamento contabile”, senza però chiarire espressamente, come detto, se tutti i tipi di errore (non solo in termini “di imputazione temporale”, ma anche “di qualificazione” o “di classificazione”) rientrino nel perimetro di applicazione della disciplina fiscale in commento.

Fatta questa premessa, si ricorda come, con l’articolo 8, commi 1, lett. b), e comma 1-bis, D.L. 73/2022, il Legislatore fiscale sia intervenuto – modificando l’articolo 83, Tuir – per avvicinare ulteriormente il risultato economico contabile dell’esercizio alla base imponibile Ires e Irap, introducendo una nuova disposizione volta a sancire il riconoscimento fiscale delle poste iscritte in bilancio a fronte della correzione di errori contabili precedentemente commessi. Come si evince dalla relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del D.L. 73/2022, dunque, la finalità delle citate disposizioni risiede nella volontà di semplificare gli adempimenti degli operatori, quando pongono in essere una procedura di correzione di errori contabili in conformità ai principi contabili, “… evitando così alle imprese la presentazione di un’apposita dichiarazione integrativa (IRES/­IRAP) del periodo in cui la componente di reddito avrebbe dovuto essere contabilizzata ed eliminando i connessi oneri di adempimento”, sempre a condizione che, per le componenti negative di reddito oggetto di correzione, non siano scaduti i termini per emendare la dichiarazione. In sostanza, nei confronti dei soggetti che procedono alla correzione di errori contabili in bilancio, per i quali sia anche soddisfatta la duplice condizione rappresentata:

  • dalla legittimazione ad applicare il principio della cd. “derivazione rafforzata”;
  • all’assoggettare a revisione legale il bilancio;

è riconosciuta, ai fini fiscali, la rilevanza della componente reddituale derivante dalla correzione nel medesimo periodo d’imposta nel quale la correzione viene eseguita; possibilità che viene estesa anche ai fini dell’Irap per le voci di bilancio rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile del tributo regionale.

La modifica, quindi, afferma l’Amministrazione finanziaria, “… consente di dare rilevanza ai fini fiscali alla correzione degli errori contabili, sia quelli qualificati come ”rilevanti” sia come ”non rilevanti” in applicazione di corretti principi contabili, nell’esercizio/periodo d’imposta in cui avviene la correzione stessa, in luogo della presentazione della dichiarazione integrativa di cui ai commi 8 e 8­bis dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 (che, tuttavia, continua a trovare applicazione in relazione ai casi in cui difettino i requisiti soggettivi e/o oggettivi per la fruizione delle semplificazioni in commento)”.

Viene, quindi, espressamente confermato che la disciplina abbraccia sia la correzione di errori “rilevanti” (contabilizzata, conseguentemente, con contropartita iscritta nel patrimonio netto iniziale dell’esercizio in cui viene individuato e corretto l’errore), sia la correzione di errori “non rilevanti” (contabilizzata, invece, con contropartita iscritta nel conto economico del medesimo esercizio).

Un altro chiarimento fornito concerne la portata, facoltativa oppure obbligatoria, della semplificazione; nella citata risposta si legge che la circostanza per cui le poste “correttive” di detti errori diventano una componente reddituale di competenza del periodo d’imposta in cui interviene la correzione, “… comporta, altresì, che nei confronti del contribuente che procede (sempre nel rispetto delle condizioni richieste dall’articolo 83 del Tuir) a detta correzione risulta preclusa la possibilità di ricorrere alla presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa per emendare quella del periodo d’imposta in cui si è verificato l’errore contabile oggetto della procedura di correzione”. In altri termini, ove siano soddisfatte le condizioni per l’applicazione della norma, questa dev’essere obbligatoriamente applicata, non trattandosi di un “regime” facoltativo opzionale e, quindi, non potendo alternativamente scegliere se dare rilevanza fiscale alla correzione dell’errore contabile nel periodo d’imposta in cui questa interviene, oppure presentare dichiarazioni integrative con riguardo al periodo d’imposta in cui l’errore era stato originariamente commesso (quando, per esempio, ciò risultasse più vantaggioso sul piano del prelievo).

Quanto al requisito dell’assoggettamento a revisione legale dei bilanci, nella risposta viene affermato che, “… essendo l’Istante un soggetto che redige il bilancio di esercizio in conformità alle norme contenute negli articoli 2423 e seguenti del codice civile, e avendo sottoposto a revisione legale dei conti il bilancio chiuso al 31 dicembre 2022, la correzione operata nel bilancio 2022 (in attuazione di corretti principi contabili) con riferimento all’errore di imputazione per competenza di componenti negativi non rilevati negli esercizi 2019, 2020 e 2021, assume rilevanza fiscale ai fini IRES […] e IRAP”.

Ai fini del soddisfacimento della condizione di avvenuta revisione legale del bilancio, l’Agenzia delle entrate parrebbe, quindi, attribuire rilevanza alla circostanza che la stessa sia soddisfatta con riguardo all’esercizio in cui l’errore viene corretto e non anche, necessariamente, a quello in cui l’errore era stato commesso. Sul punto, ovviamente, sarebbe auspicabile un espresso chiarimento, soprattutto con riguardo alla posizione delle società a responsabilità limitata che avessero più recentemente proceduto con la nomina dell’organo di controllo e/o del revisore, oppure alle società solo di recente trasformate dal tipo della società “di persone” a quello “di capitali”.

Qualche incertezza solleva, poi, la posizione assunta dall’Amministrazione finanziaria con riguardo al trattamento fiscale delle poste reddituali oggetto di correzione, che risulta apparentemente un “ibrido” tra quelle, alternativamente prospettate, per esempio, da Assonime nella propria circolare n.31/2022. In quest’ultima, infatti, era stato osservato come, secondo una prima tesi, si potrebbe sostenere che la posta contabile che corregge l’errore dovrebbe assumere la medesima rilevanza fiscale che avrebbe assunto nel periodo d’imposta in cui era stato commesso l’errore, mentre, secondo altro orientamento, il processo di correzione contabile genererebbe componenti reddituali che acquisiscono rilevanza fiscale nel periodo d’imposta in cui sono iscritte, secondo le regole vigenti in quel medesimo esercizio.

Ebbene, con riguardo ai canoni di leasing, l’Agenzia delle entrate parrebbe aver sposato il primo orientamento, per quanto concerne la “quota capitale”, privilegiando, invece, il secondo, con riguardo alla quota interessi. Nella risposta viene infatti precisato che “… la rilevanza ai fini IRES nel periodo d’imposta 2022 dei maggiori componenti negativi concernenti i canoni di leasing (non dedotti) riferiti al Contratto per i periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021 subirà le limitazioni previste dall’articolo 102, comma 7, del Tuir in quanto la correzione dell’errore commesso non incide, modificandola, sulla natura del componente reddituale ”corretto”. […] Pertanto, l’Istante potrà dedurre, a seguito della correzione degli errori contabili e ai sensi dell’articolo 83, comma 1, del Tuir, nel 2022 l’ammontare della quota capitale dei canoni di leasing non dedotto nei singoli periodi d’imposta sopra richiamati esclusivamente nei limiti dell’importo che sarebbe stato deducibile in ogni singolo esercizio ai sensi dell’articolo 102, comma 7, del Tuir”. Diversamente, per quanto concerne gli interessi passivi “inclusi” nei canoni di leasing oggetto di correzione, viene evidenziato che “… l’Istante dovrà provvedere: (i) a renderli indeducibili ai fini IRAP, in conformità a quanto disposto dal comma 3 dell’articolo 5 del Decreto IRAP, e (ii) a dedurli ai fini IRES, tenendo conto delle limitazioni disposte dall’articolo 96 del Tuir determinate sulla base degli interessi attivi e dei proventi assimilati di cui all’articolo 96, comma 1, lettere a) e b), del TUIR e del risultato operativo lordo (ROL) disponibili nel periodo d’imposta in cui gli errori contabili in esame vengono corretti, stante le peculiarità del meccanismo di deduzione di tali componenti negativi previsto dall’articolo 96 citato (fermo restando che anche i componenti reddituali rilevanti ai fini fiscali a seguito della correzione degli errori contabili concorreranno ­ sempre nel rispetto delle previsioni del comma 4 del menzionato articolo 96 ­ a determinare il ROL)”. In altri termini, secondo l’Amministrazione finanziaria, i canoni di leasing “in linea capitale” parrebbero rilevare nella medesima misura per cui sarebbero stati deducibili se l’errore non fosse stato commesso, mentre gli interessi passivi rileverebbero solo nella misura in cui ci fosse “spazio”, nella determinazione del limite previsto dall’art. 96 TUIR, nello specifico periodo d’imposta in cui viene corretto l’errore.

Da ultimo, qualche interrogativo suscita anche il chiarimento relativo alla rilevanza della correzione degli errori contabili sul calcolo dell’ACE, ove viene ritenuto che “… l’Istante debba procedere alla determinazione della base ACE relativa ai periodi 2019, 2020 e 2021 esclusivamente applicando le ordinarie modalità previste per la presentazione della dichiarazione integrativa dei singoli periodi d’imposta interessati da detti errori «con conseguente irrilevanza delle poste di correzione iscritte nello stato patrimoniale o nel conto economico»”. A supporto di tali conclusioni viene citata la relazione illustrativa del D.M. 3.8.2017, ove prevede che, “… per quanto concerne, invece, gli effetti sull’utile agevolabile derivanti dalla rilevazione degli errori contabili cd. rilevanti (secondo quanto previsto dai principi contabili) la determinazione della base ACE è da operare mediante l’utilizzo degli istituti che consentono l’emendabilità della dichiarazione originariamente presentata, con conseguente irrilevanza delle poste di correzione iscritte nello stato patrimoniale o nel conto economico”. È evidente, tuttavia, come, all’epoca dell’emanazione del “Decreto Ace”, l’ordinamento non contemplasse mai la rilevanza fiscale delle poste di correzione di errori contabili, di talché alla luce del mutato quadro normativo, era forse auspicabile che la correzione degli errori contabili assumesse rilevanza anche a questi fini. La posizione assunta nella risposta in commento rischia, infatti, di svilire la finalità semplificatoria della disciplina, poiché il contribuente sarebbe comunque tenuto alla presentazione di dichiarazioni integrative per rideterminare l’Ace dei periodi in cui sono stati commessi gli errori contabili, quantomeno sino a quelli di vigenza dell’agevolazione, oggi abrogata.