15 Aprile 2014

Nessun automatismo per l’accertamento delle plusvalenze immobiliari

di Nicola Fasano
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È molto diffusa la prassi da parte dell’Agenzia delle entrate di accertare la plusvalenza derivante dalla cessione di terreni edificabili, ai fini delle imposte dirette, sulla base dell’accertamento effettuato in precedenza nell’ambito dell’imposta di registro. Si tratta, peraltro, di una questione che si presenta in termini simili anche con riferimento alla cessione d’azienda.

Tale impostazione è aspramente contestata sia dalla dottrina che da buona parte della giurisprudenza, soprattutto di merito (fra le tante, cfr. CTP di Reggio Emilia, n. 80/3/13, che ha accolto il ricorso del contribuente condannando l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di giudizio). Ciò in quanto, come noto, il valore venale che è alla base dell’accertamento ai fini dell’imposta di registro è ben diverso rispetto al prezzo di cessione che invece rileva ai fini della determinazione della plusvalenza nel comparto delle imposte dirette.

Tuttavia, tale macroscopica differenza, seppur spesso evidenziata da molte sentenze della Corte di Cassazione, viene da quest’ultima di fatto disattesa nel momento in cui non esclude che l’amministrazione finanziaria possa procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro. Pertanto, viene posto a carico del contribuente l’onere probatorio (da assolvere anche con ricorso ad elementi indiziari) per superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto a prezzo inferiore (Cass. 23001, 13/12/2012, Cass. n. 6789/2003, Cass. n. 16700/2005, Cass. n. 21055/2005, Cass. n. 4057/2007, Cass. n. 5070/2011, Cass. n. 23608/2011).

È evidente, peraltro, come la prova in negativo assuma spesso i contorni di una vera e propria “probatio diabolica”, anche perché in casi di questo tipo spesso il valore venale determinato ai fini dell’imposta di registro viene definito dall’Ufficio in adesione con l’acquirente (poiché come noto, per il pagamento dell’imposta di registro sono coobligati il venditore e l’acquirente che nella pratica provvede interamente al pagamento) e il venditore resta “prigioniero” di tale valore. Motivo per il quale anche il veditore, nell’ambito dell’accertamento dell’imposta di registro, deve sempre valutare attentamente la strategia da seguire coordinandosi, ove possibile, con l’acquirente, anche perché, a fronte dell’adesione da parte dell’acquirente, l’eventuale ricorso da parte del venditore che contesti il valore venale definito ai fini del registro, rischia, sempre a causa del vincolo di coobligazione, di imbattersi nella “cessata materia del contendere”.

Ciò posto, una volta che l’accertamento ai fini del registro è divenuto definitivo (per mancata impugnazione o per definizione in sede di adesione) la difesa del venditore è in salita e dovrà inevitabilmente incentrarsi sul fatto che il prezzo di vendita recepito in un contratto esprime la rilevanza di fattori contingenti e variabili, quali le caratteristiche specifiche del bene venduto e/o situazioni personali delle parti.

Si pensi, per esempio alle caratteristiche oggettive del bene (come potrebbe essere la distanza da servizi e infrastrutture, il mancato accesso diretto dalla strada, una “vista” delle unità immobiliari da costruire a scopo turistico che non affacci sul lago o sul mare ecc.). Potrebbe “pesare” inoltre la necessità che il compratore sia costretto ad affrontare o meno spese di ristrutturazione del bene acquistato. Sotto il profilo soggettivo, invece, si potrebbe far leva sulle esigenze di realizzo immediato di liquidità da parte del venditore, nonché i legami familiari fra le due parti.

Va segnalata, peraltro, la recente Ordinanza della Corte di Cassazione n. 14574 del 11/6/2013, secondo cui l’utilizzo del valore determinato per l’imposta di registro, ai fini dell’accertamento della plusvalenza conseguente alla vendita di un terreno edificabile, impone la valutazione sia del precedente prezzo di acquisto, se avvenuto a distanza di poco tempo, sia della circostanza che la definizione con adesione del nuovo valore, ai fini del registro, è stata sottoscritta non dal venditore ma dall’acquirente. Nel caso di specie, in sostanza, la Corte ha condiviso le eccezioni del contribuente, censurando l’operato dell’Ufficio che aveva utilizzato ai fini dell’accertamento delle dirette il valore venale definito con il solo venditore ai fini dell’imposta di registro e sulla scorta del fatto che, in occasione del precedente (e recente) acquisto del terreno il prezzo di vendita non aveva subito alcuna rettifica da parte dell’amministrazione finanziaria.