13 Gennaio 2020

La valenza delle dichiarazioni rese dal contribuente nel corso di una verifica fiscale

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, per verifica fiscale si intende il complesso di attività poste in essere da soggetti giuridicamente qualificati, volte a controllare il corretto adempimento delle norme tributarie.

Va tuttavia rilevato che la Guardia di Finanza ne ha adottato una interpretazione estensiva, intendendo per “verifica fiscale” tutte le attività di controllo e comprendendo, dunque, anche le cosiddette indagini a tavolino.

L’atto conclusivo di tali operazioni di verifica è rappresentato dal “processo verbale di constatazione” (pvc), attraverso il quale viene formalizzato l’esito del controllo fiscale effettuato, da cui devono risultare le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute.

Nel corso delle suddette attività di verifica, i militari o i funzionari procedenti devono rispettare delle regole previste dallo Statuto del contribuente, tra le quali ad esempio:

  • consegnare copia dell’autorizzazione (del direttore dell’Ufficio ovvero dell’Autorità Giudiziaria) a procedere al controllo;
  • informare il contribuente delle ragioni che abbiano giustificato la verifica fiscale, nonché l’oggetto che la riguarda;
  • verbalizzare le osservazioni effettuate dal contribuente in contraddittorio con l’Ufficio;
  • specificare i tempi massimi nei quali dovrà essere completata la verifica, salvo proroghe, tenuto conto che la permanenza degli stessi non può superare determinati limiti;
  • invitare il contribuente ad esibire e a mettere a disposizione tutti i registri, libri e documenti che lo stesso è tenuto a porre a disposizione degli organi di controllo, precisandogli altresì che, dal momento della consegna del PVC, avrà 60 giorni di tempo per comunicare osservazioni e richieste prima che sia emesso l’atto impositivo;
  • parallelamente, il soggetto verificato dovrà consentire l’accesso agli accertatori e fornire la documentazione richiesta.

Con particolare riguardo alla posizione del contribuente, è opportuno rammentare che la sua partecipazione può concretizzarsi tanto nell’effettuazione di rilievi e richieste, che come già detto devono essere verbalizzate dai funzionari, quanto nella presentazione di memorie nei 60 giorni successivi alla consegna del “PVC”.

Sul punto, la Suprema Corte con sentenza n. 1286/2004 ha chiarito che:

  • la partecipazione alle operazioni di verifica senza contestazioni equivale sostanzialmente ad accettazione delle stesse e dei loro risultati;
  • se avesse avuto qualcosa da contestare sulle operazioni di verifica, in relazione alla materialità dei fatti e non considerazioni tecniche o giuridiche, il contribuente avrebbe dovuto, e potuto, formulare immediatamente, seduta stante, il proprio dissenso e pretendere che le proprie contestazioni fossero riportate sul verbale.

Ne discende, dunque, che il contribuente deve tenere un comportamento attivo, prendendo sempre posizione sui fatti a lui addebitati, sicchè una sua eventuale inerzia può assumere valore “confessorio”.

Ed invero, la Suprema Corte con ordinanza n. 31600 del 4.12.2019 è recentemente tornata ad affrontare la valenza delle dichiarazioni rese dal contribuente nel corso delle verifiche fiscali, con particolare riguardo ai dati risultati dal processo verbale e dallo stesso incontestati.

In particolare, è stato enunciato il seguente principio di diritto: «…l’accettazione, da parte del contribuente, in contraddittorio con i verbalizzanti, di una data percentuale di ricarico può essere apprezzata come confessione stragiudiziale risultante proprio dal processo verbale sottoscritto e, quindi, tale da legittimare l’accertamento d’ufficio» (Cass. n. 5628/1990; Cass. n. 1286/2004).

In altri termini, i giudici di vertice, in continuità con gli orientamenti precedenti formatisi in materia, hanno evidenziato come tanto le dichiarazioni rese dal contribuente quanto quelle rese dal rappresentante legale di una società in sede di verifica costituiscano prova non già indiziaria, ma diretta del maggior imponibile eventualmente accertato, che non necessita di ulteriori riscontri.

Trattasi, invero, di una interpretazione che trova altresì conferma nella circolare GdF 1/2008, nonché nella successiva circolare GdF 1/2018 e che si fonda sulla circostanza per cui il pvc, in quanto atto redatto da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, costituisce un atto fidefacente che «fa prova fino a querela di falso» ex articolo 2700 cod. civ.

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