9 Aprile 2019

La mera digitalizzazione dei processi non beneficia del credito R&S

di Debora Reverberi
Scarica in PDF

Crescono i documenti di prassi in materia di R&S emanati dall’Agenzia delle entrate e dal Mise con la finalità di meglio delineare l’ambito applicativo oggettivo della disciplina del credito d’imposta.

Con la pubblicazione della risoluzione Ade 40/E/2019 del 02.04.2019 viene affrontato il caso specifico di un interpello presentato all’Agenzia delle entrate circa la riconducibilità ad un progetto di R&S di un sistema informatico condiviso cross department per la gestione e l’allineamento delle informazioni e dei documenti in tempo reale.

La risposta all’interpello, fornita indirettamente dal Mise previa richiesta di parere tecnico formulata dalla direzione centrale dell’Agenzia delle entrate, assume un’importanza fondamentale ai fini della qualificazione delle attività agevolabili poiché, partendo dal caso specifico dell’istante, illustra i principi generali, e la prassi interpretativa adottata dal Ministero in relazione alle attività del settore software.

Il caso in esame non riguarda una software house, bensì un’impresa attiva nel settore dei servizi di telecomunicazioni fisse.

L’istante ha intrapreso nel periodo d’imposta 2017 un programma di investimenti per la realizzazione di un progetto basato su un sistema informatico condiviso (c.d. “cross department“) in grado di offrire in tempo reale informazioni di natura tecnica in sede di sopralluogo, installazione, manutenzione e guasto a supporto di attività offerte, qualità dei servizi contrattualizzati, controlli e monitoraggio di tutte le attività aziendali.

Il progetto è finalizzato alla ricerca di sistemi e procedure che consentano all’azienda un incremento di efficienza nella gestione dei flussi di lavoro e un miglioramento della formazione del personale.

La soluzione prospettata dal contribuente contempla l’inquadramento del progetto fra le attività di sviluppo sperimentale, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, lett. c) e d), D.L. 145/2013 convertito con modificazioni dalla L. 9/2014 e ss.mm.ii., in relazione all’adozione di modelli operativi innovativi e all’erogazione di nuovi e migliori servizi ai clienti.

Il Mise inquadra le attività svolte dall’istante in un più ampio progetto di digitalizzazione dei processi produttivi, caratterizzato dall’utilizzo di tecnologie già note e diffuse nel settore di appartenenza con ampliamento delle conoscenze e della capacità della singola impresa, non ravvisando in particolare il criterio di incertezza nelle sue due accezioni rilevanti di rischio finanziario e di probabilità di insuccesso tecnico-scientifico.

Richiamando la risoluzione Ade 46/E/2018 del 22.06.2018, che trattava il caso di un programma di riorganizzazione del processo aziendale tramite adozione di tecnologie all’avanguardia ma già ampiamente diffuse e disponibili nel settore di riferimento, il Mise inquadra le attività in esame come “investimenti in capitale fisso” rappresentati da immobilizzazioni immateriali impiegate direttamente nei processi produttivi dell’impresa e innovative per la sola azienda.

Oltre alla fattispecie analizzata il Ministero offre un’importante illustrazione dei principi generali e della prassi interpretativa adottata.

Il Mise interpreta la ratio legis della disciplina del credito d’imposta: potenzialmente meritevoli del contributo pubblico sono le sole attività di R&S in grado di produrre un beneficio per l’intera economia contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali mediante il superamento di ostacoli, escludendo in tal modo tutte quelle attività che apportano innovazione per la sola impresa e non per il settore in cui opera.

Il riferimento per valutare il criterio di novità, inteso come finalità del progetto di R&S, è lo stato dell’arte del settore. Le attività potenzialmente meritevoli di credito d’imposta sono quelle relative ai progetti intrapresi per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico, con la finalità di:

  • realizzare nuovi prodotti (beni o servizi)
  • realizzare nuovi processi
  • migliorare significativamente prodotti (beni o servizi) esistenti
  • migliorare significativamente processi esistenti.

Ne consegue che le attività di sviluppo sperimentale, in base alla definizione contenuta nel paragrafo 1.3, punto 15, lettera j) della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) recante la “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione“, non possono rappresentare semplicemente un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa.

La prassi interpretativa del Mise inquadra nella R&S un sottoinsieme particolarmente qualificato delle attività innovative intraprese dall’impresa; trattasi delle sole attività che soddisfano tutti e cinque i criteri di classificazione e qualificazione contenuti nel Manuale di Frascati:

  • novità
  • creatività
  • incertezza
  • sistematicità
  • trasferibilità e/o riproducibilità.

Il Ministero ritiene valevoli i medesimi criteri enunciati nella circolare Mise n. 59990 del 09.02.2018 per le innovazioni legate al software inteso quale prodotto finale: un progetto per lo sviluppo di un software viene classificato come R&S se la sua esecuzione dipende da un progresso scientifico e/o tecnologico e lo scopo del progetto è la risoluzione di un problema su base sistematica.

In particolare le attività del settore software che non rientrano nella R&S agevolabile sono le seguenti:

  • realizzazione di software con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note,
  • la personalizzazione di software esistenti,
  • la manutenzione e l’implementazione di software esistenti,
  • la gestione applicativa di un software.

La prassi adottata dal Mise in relazione ad attività analoghe a quelle svolte dall’istante e che rientrano nel settore software prevede dunque l’inquadramento degli investimenti realizzati dall’impresa nell’alveo delle “innovazioni di processo”, come definite al paragrafo 1.3, punto 15, lettera bb) della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01), a sua volta mutuata dalla definizione di “Technological Process Innovation” contenuta nel paragrafo 2.2, punto 141, Capitolo III del Manuale di Oslo.

L’interpretazione del Mise consiste nel ritenere non ammissibili al credito d’imposta le attività riconducibili a “Definizioni” contenute nella citata Comunicazione della Commissione Europea diverse dalle fattispecie di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale.

L’“innovazione di processo” non inquadrabile come R&S agevolabile è quella che comprende le attività di applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato (inclusi i cambiamenti significativi nelle tecniche, nelle attrezzature e/o nel software).

Anche le “innovazioni dell’organizzazione” sono escluse dal credito d’imposta R&S: trattasi di attività di realizzazione di un nuovo metodo organizzativo nelle pratiche commerciali di un’impresa, nell’organizzazione del luogo di lavoro o nelle relazioni esterne dell’impresa.

In conclusione, la regola interpretativa affermata nella risoluzione Ade 46/E/2018 assurge a principio generale da applicarsi ai progetti di mera digitalizzazione dei processi produttivi: gli investimenti effettuati dall’impresa, ancorché innovativi per la stessa, che utilizzino tecnologie già esistenti sul mercato senza comportare un aumento dello stock di conoscenza nel settore di riferimento, sono inquadrabili come investimenti in beni capitale fisso e non possono qualificarsi come attività di R&S eleggibili al credito d’imposta.

PATENT BOX – Evoluzione normativa e aspetti operativi