18 Maggio 2016

La Cassazione limita la portata della sentenza “Taricco”

di Luigi Ferrajoli
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A seguito della sentenza “Taricco” e di quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con il provvedimento n. 2210 del 17 settembre 2015, la questione inerente l’applicazione (o meglio, la disapplicazione) da parte del Giudice nazionale della normativa prescrizionale è di grande attualità e discussione tra gli operatori del diritto.

Ricordiamo che, nella richiamata sentenza n. 2210, la Suprema Corte aveva preso specifica posizione sui reati in materia di frode IVA, ritenendo di disapplicare le norme di cui all’art.160, ultimo comma, c.p. e dell’art.161, co.2, c.p., recependo sostanzialmente quanto affermato dalla Corte di Giustizia.

La Corte europea aveva infatti sancito l’obbligo, per il Giudice italiano, di disapplicare le norme di cui al combinato disposto degli artt.160 e 161 c.p. nella parte in cui il Giudice stesso ritenga che la normativa in esame impedisca allo Stato italiano di adempiere agli obblighi di tutela effettiva degli interessi finanziari dell’Unione Europea stabiliti dall’art. 325 del TFUE.

È di immediata comprensione come tale interpretazione possa riverberarsi su tutti i procedimenti pendenti in materia penale tributaria, rendendo, di fatto, detti illeciti pressoché “imprescrittibili”.

Ebbene, la Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 7914 depositata in data 26.02.2016 è tornata sull’argomento, limitando la portata dirompente delle citate statuizioni.

Innanzitutto, il Giudice di legittimità ha rilevato che la sentenza Taricco ineriva a casi di frode “grave”, senza tuttavia specificare la soglia di gravità minima idonea a condurre alla disapplicazione della norma prescrizionale.

Inoltre, nel caso “Taricco” si era in presenza di un sistema associativo finalizzato alle frodi c.d. “carosello”, con condotte protrattesi per diverse annualità e frodi relative all’imposta sul valore aggiunto del valore di svariati milioni di euro.

Ciò posto, la Suprema Corte non ha potuto esimersi dal rilevare che il compito interpretativo affidato al Giudice nazionale sia connotato da “intrinseca complessità”, in quanto il medesimo si trova “chiamato in sostanza a una valutazione d’impatto delle disposizioni di riferimento che esula dal caso concreto a lui affidato”.

Nell’ipotesi posta all’attenzione della Corte, avente ad oggetto il reato di cui all’art.2 del D.Lgs. n.74/00, riferito a due annualità, la Corte di Appello aveva espunto la circostanza aggravante di cui all’art.61, n.7 c.p., per cui la Cassazione ha affermato che “sembra in radice da escludere che nel caso di specie possa parlarsi di gravità nel senso indicato dalla Corte lussemburghese, avuto riguardo al sicuro ridimensionamento e alla non ancora definita entità dell’imposta di cui si assume l’evasione”.

Inoltre, con specifico riferimento alla questione intertemporale, la Suprema Corte ha osservato che, nel caso in esame, il reato contestato era stato già dichiarato estinto per prescrizione per una delle due annualità, con declaratoria passata in giudicato. Ciò posto, il Giudice di legittimità ha statuito che “in relazione alla successiva e residua annualità, sarebbe inaccettabile, anche sotto il profilo giuridico, che la prescrizione del reato (che risulta a sua volta decorsa, come si è detto, già prima della sentenza impugnata, in base alla legislazione nazionale, e al diritto vivente), possa oggi essere vanificata per effetto di un’interpretazione sopravvenuta dell’art. 325 del TFUE, come quella offerta dalla sentenza Taricco”.

Con un’ineccepibile ricostruzione della sentenza Taricco, la Cassazione ha rilevato che, nelle proprie conclusioni in detto procedimento, l’Avvocato Generale presso la Corte aveva affermato un margine discrezionale per i Giudici degli stati membri nell’ipotesi in cui non sia ancora intervenuta la prescrizione. Diversamente, ha argomentato la Corte di Cassazione nella sentenza in commento, si versa in una ipotesi di vero e proprio “diritto quesito” dell’imputato all’estinzione del reato per il quale sia già intervenuto il termine di prescrizione. Tale diritto, secondo l’interpretazione fornitane dal Giudice di legittimità nella sentenza che ci occupa, “non appare pregiudicabile per effetto di una forma atipica di ius superveniens come quella introdotta dalla Corte lussemburghese con la più volte citata pronunzia”.

Alla luce di ciò, in ogni caso, la disapplicazione degli artt.160 e 161 c.p. dovrà essere valutata rispetto a fatti non ancora prescritti alla data di pubblicazione della sentenza Taricco.