11 Ottobre 2013

Il cavallo giustifica l’accertamento sintetico

di Sergio Pellegrino
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Mentre il “nuovo” accertamento sintetico è ancora ai box, stoppato dai problemi (che sembrano risolti) di privacy, continuano le pronunce di diverse Commissioni Tributarie sul fronte del “vecchio” redditometro.

Negli ultimi tempi (si veda il precedente “C’è un nuovo trend in Commissione per il redditometro in Euroconference NEWS del 23 settembre) indubbiamente la maggior parte delle sentenze sono state favorevoli ai contribuenti, sovvertendo un orientamento che invece per anni sembrava non dare sostanzialmente scampo alle difese.

Con la sentenza n. 53 della sezione II della C.T.P. di Asti dello scorso 16 aprile, l’Ufficio locale mette nuovamente a segno un punto a proprio favore, vedendo riconosciuta dai giudici la legittimità degli avvisi di accertamento notificati ad un contribuente in relazione ai periodi di imposta 2006 e 2007.

Questi non aveva presentato le dichiarazioni dei redditi in relazione agli anni in questione ed era stato accertato dall’Agenzia sinteticamente in relazione al possesso di quattro cavalli, essendo gli animali in questione considerati beni(!) indicatori di capacità contributiva ai sensi del D.M. 10/9/1992.

Dalla pronuncia si evince come la difesa del contribuente abbia eccepito la correttezza del proprio operato, evidenziando la mancanza di movimenti ingiustificati sul proprio conto corrente, il fatto l’acquisto delle tre cavalle era avvenuto grazie a denaro ereditato dal nonno (mentre il quarto era nato da una delle tre cavalle) e che per il loro mantenimento sarebbero stati sufficienti circa 1.500 euro annui.

Nella sentenza non sono indicati gli importi utilizzati dall’Agenzia per la ricostruzione in via sintetica del reddito del contribuente, ma, facendo riferimento ai coefficienti definiti dal provvedimento direttoriale proprio con riferimento al biennio 2006-2007, il cavallo, nella migliore delle ipotesi, ossia quella del cavallo da equitazione (e non da corsa) mantenuto in proprio (e non in pensione), “vale” un reddito di 27.498 euro. Tenendo conto del fatto che i valori ottenuti moltiplicando gli importi per i coefficienti specificati nella tabella ministeriale sono sommati ricorrendo al metodo definito della “stratificazione attenuata“, il reddito complessivo attribuibile al contribuente in relazione ai quattro cavalli posseduti ammonta a 68.745 euro.

I giudici di Asti hanno respinto il ricorso, evidenziando come la giurisprudenza prevalente consideri la disponibilità di beni indicatori di capacità contributiva una presunzione legale che ribalta sul contribuente l’onere di provare che il reddito accertato non esiste (o esiste in misura inferiore a quello presunto), fornendo prova contraria in ordine all’irrilevanza o incongruenza degli elementi posti a base dell’accertamento.

Viene quindi sposata la tesi affermata a più riprese in passato dalla Corte di Cassazione, che sosteneva che, accertata l’esistenza degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva individuati dal decreto ministeriale, al giudice adito non rimaneva che valutare se la prova offerta dal contribuente fosse sufficiente a dimostrare lo scostamento tra reddito dichiarato e reddito accertato sinteticamente.

I Giudici di Asti affermano però che “E’ fatto notorio che il possesso di un cavallo, anche per il solo utilizzo nel tempo libero, sia un hobby costoso ed inoltre il possesso di più equini non può essere assimilato, così come sostiene la ricorrente, al possesso di animali da affezione, come cani e gatti”.

Per dovere di cronaca va osservato come la stessa Commissione Tributaria Provinciale di Asti soltanto un anno prima (sentenza n. 6/12/12 del 31 gennaio 2012) era arrivato a conclusioni diametralmente opposte. Il possesso di due cavalli non era stato ritenuto in quell’occasione necessariamente sintomo della percezione di particolari redditi, atteso che tali animali potrebbero addirittura essere utilizzati ‘nell’economia agricola di sussistenza’. Secondo la visione proposta allora, i coefficienti ministeriali farebbero riferimento ai ‘cavalli da equitazione’ destinati all’attività sportiva, che presuppone l’impiego di animali di grande valore, costosi nel mantenimento, trasporto e addestramento: animali, insomma, “sostanzialmente differenti” rispetto a quelli semplicemente utilizzati per passeggiate o da affezione.

Nella nuova sentenza, invece, la giustificazione della provenienza dei fondi necessari per l’acquisto dei cavalli e la prova della mancanza di movimenti ingiustificati sul conto sono stati considerati irrilevanti, atteso che l’azione dell’Amministrazione è finalizzata a quantificare la maggior capacità reddituale derivante dal semplice possesso dei beni indicativi di capacità contributiva, nel caso di specie i quattro cavalli, e che non vi può essere una rideterminazione dell’ammontare del reddito quantificato sinteticamente attraverso l’applicazione dei coefficienti stabiliti dall’Agenzia.

La sentenza di Asti ci riporta quindi ad un orientamento giurisprudenziale che speravamo fosse definitivamente superato, considerato che, non solo diverse Commissioni tributarie, ma anche la stessa Suprema Corte è arrivata ad affermare che il carattere di presunzione semplice degli elementi induttivi del redditometro (si veda sul punto la sentenza n. 23554/2012).

Nonostante la circolare n. 24/E/2013 abbia negato questa possibilità (e lo abbia previsto lo stesso Legislatore quando con il D.L. 78/2010 sono state riscritte le regole dell’accertamento sintetico), appare inevitabile un confronto con l’applicazione del “nuovo” redditometro. Sulla base di quanto previsto dal decreto del 24/12/2012, il cavallo tenuto in proprio “vale” 5 euro al giorno (si sale a 10 se tenuto in pensione).

Portando quindi ai nostri giorni la vicenda del contribuente di Asti, il reddito che oggi potrebbe essergli attribuito per il possesso di quattro cavalli sarebbe “soltanto” di 7.300 euro.

Anche se nel caso di specie non è avvenuto, è probabile che molte Commissioni tributarie (alcune già l’hanno fatto) valuteranno l’esistenza di differenze così rilevanti tra i risultati di “vecchio” e “nuovo” redditometro come prova dell’inaffidabilità della precedente modalità di ricostruzione sintetica del reddito: si tratta questo di un aspetto che, come difensori, non possiamo esimerci dall’evidenziare con forza.