3 Luglio 2017

I due registri delle sportive – I° parte

di Guido Martinelli
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Il nuovo codice del terzo settore prevede l’istituzione di un registro unico nazionale che si compone delle seguenti sezioni: organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative, società di mutuo soccorso, altri enti del terzo settore. Viene, infine, previsto che nessun ente può essere contemporaneamente iscritto in due o più sezioni.

Tale norma porta, pertanto, a ritenere che le associazioni e società sportive dilettantistiche, costituite ai sensi di quanto previsto dai commi 17 e 18 dell’articolo 90 della L. 289/2002, non abbiano l’obbligo di iscriversi a detto registro unico (non potendosi ritenere che possano essere comprese nella definizione residuale, essendo già state tipizzate dal legislatore, di “altri enti del terzo settore” prevista nel registro) e, pertanto, potranno continuare ad essere iscritte, se e ove praticassero discipline riconosciute come sportive dal CONI stesso, in quello delle associazioni e società sportive dilettantistiche tenuto da quest’ultimo ente.

Il problema che si pone, però, è che sono molteplici gli enti sportivi che oltre ad essere iscritti al registro CONI siano anche associazioni di promozione sociale e, come tali, fino ad oggi iscritti nei registri previsti dalla abrogata L. 383/2000.

I più importanti di essi, che sono anche associazioni nazionali di promozione sportiva, sono gli enti di promozione sportiva. Questi enti, oltre ad essere riconosciuti come tali dal CONI sono anche iscritti al registro delle associazioni di promozione sociale a livello nazionale. E, come tali, soggetti all’ingresso tra gli enti del terzo settore a seguito dell’assorbimento che i decreti prevedono per gli enti ricompresi in tale elenco. Questo comporterà, ai fini fiscali, per tali enti, ma, principalmente, per i loro comitati territoriali che esplicano una importante attività di base, ad esempio nella gestione degli impianti sportivi, la perdita del diritto a godere della disciplina fiscale prevista per le sportive con acquisizione di quella, per il caso di specie, meno favorevole prevista dal terzo settore?

Il problema viene vissuto anche da molte sportive che hanno fatto accesso ai registri delle associazioni di promozione sociale per motivazioni varie, le più diffuse sono quelle legate alla possibilità di ottenere l’autorizzazione per la somministrazione di cibi e bevande agli associati (le c.d. licenze circolistiche) o per poter svolgere attività in locali con destinazioni urbanistiche diverse.

La domanda che ci si pone è se, in questo caso, le sportive iscritte “anche” nei registri del terzo settore possano continuare a godere di quelle norme (ad esempio la possibilità di applicare la L. 398/1991) che vengono, invece, a cadere per quelle associazioni di promozione sociale che non siano “anche” sportive.

Sulla base degli elementi di giudizio ad oggi esistenti si dovrà dare al quesito una risposta negativa. Infatti, “l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche” rientra tra le attività di interesse generale, previste dall’articolo 5 del codice del terzo settore, ed è quindi attività propria di tali soggetti. Ne consegue, ad avviso di chi scrive, che le associazioni di promozione sociale che “fanno sport” lo fanno nella loro funzione di associazioni di promozione sociale; pertanto, potranno godere di alcune norme tipiche degli enti riconosciuti dal CONI, come ad esempio i compensi sportivi di cui all’articolo 67, primo comma, lett. m, del Tuir, ma dovranno, per il resto, applicare la disciplina che il codice prevede per gli enti del terzo settore.

Auspicando che giungano presto chiarimenti sul punto, credo che questo “rischio” faccia sì che molte associazioni “abbandonino” la loro natura di associazioni di promozione sociale, non iscrivendosi al nuovo registro e mantenendo solo la natura di associazioni sportive dilettantistiche.

Ammesso che il quadro di riferimento sopra tratteggiato sia corretto, si pone il problema di quelle associazioni che hanno richiesto l’iscrizione nei registri della promozione sociale con l’obiettivo prioritario di ottenere l’autorizzazione per l’attività circolistica.

L’articolo 148 Tuir prevede testualmente che: “Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3 (soci, associati e tesserati)”.

La suddetta norma agevolativa, essendo precedente alla disciplina specifica delle associazioni di promozione sociale di cui alla L. 383/2000, era da ritenersi, nella sua formulazione originaria, riferita esclusivamente ai soli enti riconosciuti quali aventi finalità assistenziali.

Tale assunto appare confermato dalla circostanza che, in questi ultimi anni, molte Federazioni sportive nazionali, che non sono mai state associazioni di promozione sociale (tra le altre: federazione bocce, vela, tennis, motociclistica), hanno ottenuto l’iscrizione nei registri di cui alla L. 287/1991 e sono state rilasciate licenze di somministrazione alle loro affiliate senza richiedere la preventiva iscrizione al registro delle associazioni di promozione sociale.

Si ritiene, pertanto, che le sportive affiliate ad una FSN, che abbia il riconoscimento come ente con finalità assistenziali, possano continuare a godere di tale facilitazione anche senza iscriversi nei registri del terzo settore.

Temi e questioni del terzo settore e dell’impresa sociale 2017