17 Aprile 2024

Il diritto di voto dei minorenni: una questione ancora non risolta

di Arash Bahavar
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Come ormai noto entro il 30 giugno 2024 scadrà per i sodalizi sportivi dilettantistici (Asd/Ssd) il termine per l’adeguamento degli statuti alle disposizioni previste dall’articolo 7 e ss., D.Lgs. 36/2021, adempimento originariamente con termine al 31 dicembre 2023.

Tali enti dovranno pertanto provvedere a modificare il proprio statuto sociale ai sensi di quanto disposto dal Decreto sopra citato, ove non vi abbiano già provveduto.

Il predetto articolo 7, D.Lgs. 36/2021, descrive il contenuto minimo dell’atto costitutivo e dello statuto dei sodalizi sportivi.

Secondo il nuovo disposto normativo tali enti si costituiscono con atto scritto, nel quale deve tra l’altro essere indicata la sede legale.

Nello statuto, così come previsto al comma 1 del suddetto articolo, devono essere espressamente previsti:

a) la denominazione;

b) l’oggetto sociale con specifico riferimento all’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica;

c) l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione;

d) l’assenza di fini di lucro ai sensi dell’articolo 8, D.Lgs. 36/2021;

e) le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive che assumono la forma societaria per le quali si applicano le disposizioni del codice civile;

f) l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari;

g) le modalità di scioglimento dell’associazione;

h) l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni.

Ciò premesso, uno dei temi che sta accendendo maggiormente il dibattito per le Asd è un’estrinsecazione pratica di una casistica di cui al punto sub e), ovvero il riconoscimento (o meno) del diritto di voto ai minorenni negli enti su base associativa.

 

Capacità giuridica e di agire. I “grandi minori

Ai fini della trattazione occorre partire da 2 nozioni base:

  1. la capacità giuridica; e
  2. la capacità di agire.

Per capacità giuridica si intende la suscettibilità del soggetto a essere titolare di diritti e di doveri riconosciuti dall’ordinamento giuridico ed è la condizione basilare di ciascuna persona fisica, che infatti ottiene tale peculiarità al momento della nascita (articolo 1, cod. civ.). È pertanto una caratterizzazione indispensabile per ciascun individuo e immanente dello stesso, al punto che l’articolo 22, Costituzione afferma che nessuno può esserne privato: solo la morte ne determina quindi il venire meno.

Diverso concetto è quello della capacità di agire, che attiene alla condizione di poter compiere atti giuridici e che viene riconosciuta al compimento della maggiore età a 18 anni (articolo 2, cod. civ.). In altri termini l’acquisto della capacità di agire si regge su un “meccanismo” presuntivo, che fa di un criterio temporale (il compimento del 18° anno di età) il momento a partire dal quale si determina il passaggio da una situazione di mera titolarità di diritti a una in cui gli stessi sono suscettibili di concreto esercizio[1].

In realtà, già nello stesso codice civile: “diverse sono le disposizioni che riconoscono al minore la capacità di compiere atti idonei ad incidere sulla sua sfera giuridica, sia pure al di fuori dell’area dei rapporti di natura più strettamente patrimoniale. Ove si allarghi, poi, l’orizzonte al resto della legislazione, ad esito di un processo che tendente a valorizzare l’autonomia del minore, si può senz’altro dire che la relativa incapacità si presenti come (almeno tendenzialmente) generale solo in capo patrimoniale, mentre in quello degli atti coinvolgenti la sua sfera esistenziale al minore stesso sia sempre più estremamente riconosciuto il potere di autodeterminarsi[2].

In altri termini in una graduale evoluzione del diritto minorile si sta andando sempre più verso la valorizzazione della c.d. “capacità di discernimento”, che si viene a formarsi al raggiungimento di età predeterminate che rientrano, a seconda dei casi, in una fascia di età che va dai 12 ai 18 anni (c.d. grandi minori).

La stessa Riforma dello sport dimostra quanto appena detto all’articolo 16, comma 2, D.Lgs. 36/2021 nella parte in cui prevede che: “Il minore che abbia compiuto i 14 anni di età non può essere tesserato se non presta personalmente il proprio assenso”.

Tale situazione, tuttavia, non fa venire meno:

  1. che sia il Legislatore a prevedere ipotesi specifiche in cui è possibile l’intervento attivo del minore di età;
  2. l’esigenza – desumibile dalla lettura dell’articolo 30, Costituzione – di tutelare il minore al di fuori dell’area riconosciuta all’autonomia, assistendolo nel progressivo sviluppo della propria personalità e assicurando adeguata protezione ai suoi interessi personali e patrimoniale.

Da ciò discende che, salvo le eccezioni previste dal Legislatore, “il minore non può compiere da solo alcun atto di natura personale[3] dovendo questi essere assistito dai propri genitori (a seconda dei casi congiuntamente o disgiuntamente), che esercitano su di lui la responsabilità genitoriale. Detta responsabilità è una situazione giuridica complessa, costituita sia da obblighi sia da poteri e diritti verso un determinato soggetto, il minore appunto, che devono essere esercitati nel suo interesse e riguardano sia la sfera personale sia la sfera patrimoniale.

È doveroso precisare che se i genitori sono deceduti o per qualunque altra causa (ad esempio, pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale) non possono esercitare la responsabilità genitoriale, si apre la situazione giuridica della tutela, che ha la funzione di garantire al minore, attraverso l’intervento di altro soggetto e sotto il controllo di organi giudiziali sulla relativa attività, la cura dei suoi interessi personali e patrimoniali.

 

Il rapporto che intercorre tra il minorenne e l’associazione

A questo punto della trattazione occorre passare al rapporto che intercorre tra il minorenne e il sodalizio sportivo.

I minori possono essere senza alcun dubbio soci dell’associazione; questo è un loro diritto garantito, come per tutte le persone fisiche, dalla Costituzione agli all’articolo 2, che prevede il riconoscimento dei “diritti inviolabili dell’uomo” anche “nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, nonché all’articolo 18, Costituzione, secondo cui “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”.

Per quanto qui interessa: “il minore conclude il contratto associativo a mezzo del genitore; si tratta di attività di ordinaria amministrazione che può essere svolta disgiuntamente dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale[4].

Una volta riconosciuto il diritto del minore di associarsi, e quindi di far parte di una associazione, egli “acquista lo status di associato (pertanto del loro numero se ne dovrà tenere conto nella determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi della assemblea) che gli attribuisce i diritti collegati; fra questi il diritto di partecipare all’assemblea, il diritto di voto oltre al diritto di fruire delle attività e delle iniziative sportive[5].

Con particolare riferimento al diritto di voto occorre evidenziare che questo si caratterizza per essere il più rilevante strumento di partecipazione alla vita del sodalizio, atteso che, esercitandolo, il socio non si limita a esprimere una propria valutazione priva di rilevanza generale, ma contribuisce alla formazione di una decisione di gruppo o alla costituzione di organi dello stesso.

Da ciò consegue che “il voto, che pur resta un diritto soggettivo del cittadino (rectius: del socio), assume una rilevanza funzionale[6].

Il diritto di voto dei minorenni

A questo punto occorre domandarsi se il riferimento alla maggiore età per l’esercizio del diritto di voto presente in diversi statuti delle Asd possa considerarsi in contrasto con i principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati.

Al riguardo la giurisprudenza ha affermato che tutti i soci hanno uguali diritti anche in termini di partecipazione al voto e, nel caso di minori, tale diritto deve essere esercitato da chi ne ha la responsabilità genitoriale (ex articolo 320, cod. civ.)[7].

Successivamente questa posizione è stata ripresa dal Ministero del lavoro con 2 note ministeriali, la n. 1309/2019 e la successiva n. 18244/2021. Nella prima viene asserita la necessità di non inibire l’accesso ai minorenni in quanto sarebbe contrario al principio della parità dei diritti dei soci escluderli dall’elettorato attivo, poiché “il relativo esercizio deve ritenersi attribuito ex lege per i soci minori agli esercenti la responsabilità genitoriale sugli stessi”.

Medesima posizione è stata confermata con la successiva nota del 2021 ove si ribadisce che “l’esclusione dal diritto di partecipare alle deliberazioni comuni, anche per il tramite dei soggetti investiti della potestà genitoriale, significherebbe ledere immediatamente il loro “status” di socio“.

Alla luce di ciò la privazione del diritto di voto ai minorenni “potrebbe portare a escludere la presenza di “democraticità”. Ne potrebbe derivare, quindi, che uno statuto di Asd che non preveda il diritto di voto ai minorenni sia considerato non conforme ai fini dei requisiti per il riconoscimento sportivo dell’ente con perdita del diritto di applicare le connesse agevolazioni fiscali[8].

Si rileva, pertanto, che la previsione statutaria che escluda espressamente il minore dall’esercizio del diritto di voto debba ritenersi in contrasto con i suddetti principi, poiché “il genitore esercente la responsabilità sul figlio minore associato non è titolare di usufrutto legale sulla quota associativa o comunque sui diritti associativi che appartengono al minore. Ne discende che, in seno all’associazione, il genitore adempie ad una funzione sostituiva del minore agendo quale rappresentante del figlio e non in nome proprio, compiendo atti negoziali validi ed efficaci nei confronti del minore[9].

Analogamente al contratto associativo e al tesseramento, anche tale atto è da considerarsi come atto di ordinaria amministrazione e pertanto può essere compiuto disgiuntamente da ciascun genitore.

Ciò detto occorre soffermarsi su 2 ulteriori aspetti.

Il primo è che in nessun caso può considerarsi in contrasto con i suddetti principi la mera previsione a livello statutario della maggiore età ai fini dell’esercizio del diritto di voto. In tal caso tale riferimento deve essere inteso non tanto come limite, bensì come un requisito minimo “che, per un verso, non esclude l’adozione di altre soluzioni e, per l’altro, intende unicamente dire che per votare è necessaria la maggiore età[10].

Altro aspetto da considerare, richiamando quanto detto in precedenza circa la capacità di discernimento, è che non potrebbe ritenersi corretto giungere alla conclusione che vi sia un’apertura verso il riconoscimento del minore a concorrere alla formazione della volontà dell’associazione votando personalmente in assemblea, atteso che nulla è previsto a livello normativo.

 

Il particolare caso dell’elettorato passivo

Strettamente correlato all’esercizio del diritto di voto è il diritto a essere votati a membri delle cariche sociali.

Diverse, in tal caso, sono le questioni che attengono al ruolo del minore, soprattutto con riferimento all’organo amministrativo. In esso, infatti, possono essere assunte obbligazioni che potrebbero, in ipotesi nemmeno troppo remote, ledere il patrimonio del minore, specialmente qualora l’associazione risultasse non riconosciuta e quindi dovesse rispondere dei debiti chi agisce in nome e per conto di questa; la vicenda potrebbe farsi ancora più complicata in caso di intervenuta separazione tra i coniugi.

Altro aspetto da considerare è che il minore, salvo nei casi espressamente previsti, è incapace legalmente di porre in essere atti e negozi di gestione con la diretta conseguenza che i contratti posti in essere dal minore, in quanto privo di capacità legale, sono annullabili ex articolo 1425, comma 1, cod. civ..

Ciò premesso non dovrebbe ritenersi in contrasto con il principio di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati la preclusione del minore all’elettorato passivo.

Quanto detto trova conferma nella recente circolare n. 18244/2021 che – seppur con riferimento agli ETS, ma il cui principio può essere traslato anche sulle Asd “il principio di uguaglianza deve essere contemperato, secondo criteri di ragionevolezza, con il possesso dei requisiti che consentano al candidato di svolgere l’incarico per il quale viene eletto. Tali requisiti sono in primis quelli legati alla piena capacità di agire: se da un lato non è ragionevole privare il minorenne legittimamente ammesso nella base associativa del diritto di prendere parte alle decisioni sociali (prevedendo che il voto possa essere esercitato dal titolare della potestà genitoriale), dall’altro è comprensibile che un socio non possa assumere incarichi associativi comportanti specifiche responsabilità se non è pienamente e legalmente titolato ad assumerle”.

Da ciò discende che non deve ritenersi in contrasto con il suddetto principio la preclusione dell’elettorato passivo del minore.

A questo punto occorre domandarsi se sia possibile prevedere, analogamente all’esercizio del diritto di voto, che sia il genitore a rappresentare il figlio in seno agli organi collegiali. In questo caso “non appare comunque possibile che la partecipazione all’organo direttivo possa avvenire attraverso uno dei genitori in quanto diritto personalissimo dell’eletto[11].

 

[1] Si aggiunga inoltre che la possibilità di agire “non è per tutti; infatti, può essere limitata al ricorrere di determinate circostanze o condizioni. Può non essere ancora ottenuta, come nel caso dei soggetti minorenni, che infatti necessitano dell’assistenza di un soggetto capace di agire che eserciti la responsabilità genitoriale o la tutela, che possa in concreto cioè, tra le altre incombenze, amministrarne i beni e rappresentarli nel compimento dei negozi giuridici. Può anche essere persa, specialmente mediante l’interdizione e l’inabilitazione” (si deve notare che con questi istituti vige, in aggiunta, la causa di ineleggibilità e di decadenza, per la quale non può mai essere assunta la carica di amministratore ex art. 2382 c.c.) in “La partecipazione di minorenni alla vita associativa di un’a.s.d.” in www.fisconoprofit.it.

[2] F. Bocchini, E. Quadri, “Diritto Privato”, Giappichelli, 2022, pag. 243.

[3] P. Stanzione, “Manuale di Diritto Privato”, Giappichelli, 2017, pag. 74.

[4] G. Martinelli, “Il diritto di voto dei minorenni negli enti associativi”, in Ec news.

[5] Ibidem.

[6] F. Cuocolo, “Lezioni di diritto pubblico”, Milano, 2006, pag. 224.

[7] Cassazione n. 23228/2017.

[8] G. Martinelli, L. Caramaschi, Il voto ai minorenni, Associazioni e sport n. 3/2022, pag. 2.

[9] G. Martinelli, “Il diritto di voto dei minorenni negli enti associativi”, in Ec news.

[10] Collegio di garanzia dello sport, parere n. 2/2023.

[11] G. Martinelli, “Il diritto di voto ai minorenni”, in Ec news.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Associazioni e sport.