31 Marzo 2016

Lo sport ha bisogno di nuove agevolazioni fiscali? (I parte)

di Guido Martinelli
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Spesso si sente parlare della necessità di nuove agevolazioni fiscali da riconoscere alle associazioni e società sportive dilettantistiche. In realtà se si analizzasse il gettito proveniente dalle sportive ci si renderebbe conto che non appare essere questo, a mio avviso, la necessità più urgente.

Sarebbe sufficiente poter applicare correttamente i principi di alcune norme per evitare accertamenti e contenziosi spesso fondati sul nulla.

Ad esempio, ai fini Iva, sarebbe sufficiente recepire gli orientamenti ormai consolidati provenienti dalla giurisprudenza comunitaria per far venir meno, almeno ai fini di tale tributo, un rilevante numero di contenziosi.

È noto che per le sportive, ai sensi di quanto previsto dall’art. 4, comma 4, primo periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, “si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole”.

L’attività istituzionale risulta, quindi, esclusa dal campo di applicazione dell’Iva, per cui si considera indetraibile, ai sensi dell’art. 19-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, l’imposta relativa agli acquisti di beni/servizi ad essa inerenti.

Ai sensi di quanto previsto dal successivo secondo periodo del quarto comma dell’art. 4 del D.P.R. n. 633/1972, per le sportive la soggettività passiva d’imposta è esclusa anche nell’ipotesi in cui le stesse percepiscano corrispettivi specifici o contributi supplementari a fronte di cessioni o prestazioni effettuate in conformità alle finalità istituzionali, purchè: “rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”. Tale vantaggio è subordinato all’adozione di determinati principi all’interno degli statuti sociali. Analoga norma è prevista ai fini delle imposte sui redditi dall’art. 148 Tuir.

L’aspetto che ci interessa sottolineare è che la norma domestica vincola il diritto a godere della agevolazione di non imponibilità dei corrispettivi specifici riscossi al presupposto che l’utilizzatore del servizio abbia già assunto lo status di “associato” (in realtà l’utilizzo del termine partecipante da parte della norma appare interpretabile unicamente nel senso di soggetto comunque “non” terzo rispetto all’ente organizzatore) alla sportiva o di “tesserato” alla Federazione o ente di promozione sportiva al quale risulta affiliato e da cui trae il riconoscimento ai fini sportivi.

Tale distinguo sulle caratteristiche dei destinatari della prestazione sportiva non appare conforme alla giurisprudenza comunitaria.

Secondo la Corte di Giustizia, infatti, (causa C-495/12 del 19 dicembre 2013) l’esenzione prevista dall’art. 132, par. 1, lett. m), della Direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, riguardante le “prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica”, si applica anche quando i destinatari non sono membri dei suddetti organismi. L’agevolazione, infatti, che riprende quella contenuta nell’art. 13, parte A, par. 1, lett. m), dell’abrogata VI Direttiva, è diretta alla pratica dello sport e dell’educazione fisica in generale e non esige, per la sua applicabilità, che l’attività sportiva sia praticata ad un determinato livello, per esempio, a livello professionale, o secondo determinate modalità, per esempio in modo sistematico, organizzato o finalizzato a partecipare a competizioni sportive. L’esenzione, in definitiva, intende favorire talune attività di interesse generale, vale a dire servizi direttamente collegati con la pratica sportiva o con l’educazione fisica, prestati da enti senza fini di lucro a soggetti praticanti lo sport o l’educazione fisica.

In definitiva, dalla posizione della Corte UE si desume l’illegittimità dell’art. 4, comma 4, secondo periodo, del D.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui esclude la soggettività passiva dell’ente associativo a condizione che le prestazioni siano rese a favore dei propri iscritti o di quelli iscritti ad associazioni facenti parte della medesima organizzazione locale o nazionale.

Se si recepisse tale precisa e inequivocabile indicazione verrebbe meno la necessità, in presenza dell’organizzazione di corsi di avviamento alle discipline sportive (diventati ormai una delle fonti di finanziamento prevalenti per le sportive), di ricorrere a quelle che ormai appaiono vere e proprie finzioni legate alla sottoscrizione, contestualmente all’iscrizione al corso, di moduli di tesseramento o di ammissione come associato senza che vi sia, da parte della persona fisica, nessuna reale motivazione in tale senso se non quella che tale sottoscrizione costituisce conditio sine qua non per iscriversi al corso.