21 Marzo 2016

La cooperativa sportiva: questa sconosciuta

di Guido Martinelli
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Il legislatore della finanziaria del 2003 (legge 289/02), nel recare nell’articolo 90 “disposizioni per l’attività sportiva dilettantistica”, aveva, al comma 17, indicato le forme costitutive delle associazioni e società sportive dilettantistiche identificandole esclusivamente con le associazioni, riconosciute e non, di cui al primo libro del codice civile e le società di capitali. Aveva completamente omesso di citare le cooperative che, per la loro natura, non sembravano incontrare nessun ostacolo ad ottenere detto riconoscimento. Possibilità invece, che non avrebbero mai potuto ottenere le società di persone in quanto, la confusione tra il patrimonio sociale e quello dei singoli soci, impedisce di verificare il rispetto della norma di assenza di scopo di lucro.

Si arriva, per rimediare alla dimenticanza, alla legge n. 128/2004 (legge di conversione del D.L. 22 marzo 2004, n. 72), che integra le forme costitutive delle società sportive dilettantistiche introducendo la possibilità di utilizzare anche la forma della società cooperativa.

Tuttavia, con questo provvedimento, il legislatore si è limitato alla semplice integrazione degli schemi societari previsti dall’articolo 90 comma 17, tralasciando, invece, di specificare il riferimento alla società cooperativa negli altri commi dell’articolo 90 che estendono alle società sportive dilettantistiche i benefici fiscali già previsti per le associazioni.

Infatti, se al comma 17, lett. c), è stato espressamente introdotto che le società sportive dilettantistiche possono costituirsi anche in forma di società cooperativa, al comma 1, l’estensione delle disposizioni tributarie previste per le associazioni sportive dilettantistiche viene esplicitamente attuata solo nei confronti delle società di capitali senza scopo di lucro, non introducendo alcuna chiara menzione alle società cooperative.

Naturalmente, sarebbe un controsenso ritenere che, ai sensi del comma 17, le società sportive dilettantistiche possano assumere la forma di cooperativa e negare, poi, alle stesse l’applicazione del regime agevolativo, adducendo che il modello cooperativo non risulta espressamente richiamato dal comma 1.

In tal senso, si è espresso anche il Consiglio Nazionale del Notariato, nello Studio del n.93/2004/T intitolato “Società e associazioni sportive”, approvato dalla Commissione studi tributari il 22/4/2005, nel quale viene osservato che “l’omesso riferimento nel comma uno alla forma giuridica della cooperativa è frutto della mancanza di coordinamento tra due interventi normativi che sono stati effettuati in tempi diversi. L’ultimo di essi ha modificato il comma 17 dimenticando di intervenire sul precedente comma 1. D’altra parte appare ragionevole osservare che se il legislatore ha voluto estendere le agevolazioni fiscali previste per il settore sportivo perfino in favore delle società non lucrative, le quali possono fruire del regime forfetario di cui alla citata legge n. 398/1991, non si comprende per quali ragioni la medesima possibilità debba essere negata alle cooperative. Si ritiene, dunque, come la mancata modifica del predetto comma 1 dell’articolo 90, che non contiene alcun riferimento alla forma della cooperativa, non impedisca di estendere l’applicabilità di tale regime anche nei confronti dei predetti soggetti”.

Assodato ciò ritengo che la forma cooperativa sia, invece, l’evoluzione naturale del modello associativo, che ha dato ottima prova di sé nello sviluppo dello sport nella seconda metà del novecento, evoluzione verso quella impresa sociale multifunzionale che appare lo sbocco, praticamente obbligato, del futuro della organizzazione sportiva in Italia.

Infatti, rispetto alla società sportiva a responsabilità limitata senza scopo di lucro o alla associazione riconosciuta, i modelli evolutivi ai quali oggi più frequentemente ci si rivolge, la cooperativa offre una serie di vantaggi a mio avviso fino ad oggi non adeguatamente considerati.

Il primo che consente la responsabilità limitata dei soci senza necessità di dotarsi di un capitale (o patrimonio che dir si voglia) minimo obbligatorio per legge come invece accade negli altri casi.

Per sua natura, senza necessità, quindi di dover adottare statuti particolari (come accade per le srl sportive), ha le regole compatibili con l’applicazione delle agevolazioni fiscali previste dal combinato disposto di cui agli articoli 148 Tuir e 4 D.P.R. 633/72; in tal senso, ha la possibilità di ingresso (o di uscita) dei soci con la facilità delle associazioni e senza gli obblighi di pubblicità previsti invece per le società di capitali.

Ai “noti” vantaggi fiscali previsti per tutte le altre associazioni e società sportive dilettantistiche unisce la possibilità di ricorrere ai finanziamenti agevolati previsti per la cooperazione e gode, in misura variabile, della detassazione degli utili prodotti. Pertanto, ad esempio, in presenza di ricavi commerciali superiori ai 250.000 euro e, pertanto, fuori dalla legge 398/91, il carico fiscale appare ridotto rispetto a qualsiasi altra società di capitali.

Probabilmente vale la pena farci un pensierino.