8 Agosto 2014

I saldi bloccano il ricarico medio di settore

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
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La ricostruzione induttiva o analitico-induttiva dei ricavi rappresenta da sempre un elemento di elevata delicatezza nell’ambito di una verifica fiscale, soprattutto quando entrano in gioco i ricarichi che si ritengono realmente praticati nell’esercizio dell’attività. Tante sono le variabili da considerare e ponderare ed il compito delle parti in causa rispetto alla determinazione dei maggiori ricavi è ben distinguibile. L’amministrazione finanziaria, da parte sua, in funzione dell’attendibilità dei dati del contribuente deve provare il diverso ammontare dei ricavi ottenuti rispetto a quelli dichiarati. Solitamente si ricorre ad una ricostruzione basata sulle presunzioni gravi, precise e concordanti e spesso un ruolo decisivo è svolto dalla rideterminazione della percentuale di ricarico dichiarata. Il ricarico, in particolare, può anche derivare da semplici medie dei valori applicati dal contribuente, quando si è in presenza di prodotti sostanzialmente omogenei, ma ha maggiore pregio se determinato in funzione di medie ponderate in riferimento alla valutazione di un campione significativo e soprattutto idoneamente rappresentativo dell’attività svolta.

Dall’altra parte della “barricata” si pone il contribuente, il quale deve dimostrare che il ricarico dichiarato effettivamente corrisponde a quello realmente praticato, dando tutte le spiegazioni possibili circa lo svolgimento dell’attività. A tal proposito, molta attenzione deve essere posta alle casistiche di dichiarazioni di parte nell’ambito del PVC, nel qual caso è necessario che il contribuente sappia essere attento a tutte le particolarità che possono influenzare le vendite esercitate e di riflesso i ricarichi dichiarati.

Se invece la contabilità è dichiarata inattendibile, possono entrare in gioco anche le medie del settore di appartenenza o le medie dichiarate dal contribuente in altri periodi d’imposta: in tale evenienza la problematica maggiore risiede proprio nella dimostrazione dell’attendibilità del proprio assetto contabile e nella virtuosità dei risultati raggiunti, che non devono essere tacciati di antieconomicità.

La sentenza n. 17304 depositata il 30 luglio 2014 della Corte di Cassazione affronta proprio la tematica della rideterminazione del ricarico praticato con le medie di settore, evidenziando che laddove si volesse procedere in tal modo è necessario anzitutto verificare tutte le condizioni che caratterizzano le modalità di vendita del contribuente sottoposto a controllo e poi anche riscontrare che vi sia un ben determinato livello di “abnormità ed irragionevolezza” in ordine alla difformità tra la percentuale di ricarico praticata dal contribuente e quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza. Solo al ricorrere di detta abnorme ed irragionevole difformità, infatti, sarebbe legittimato il ricorso all’accertamento extracontabile, attesa la manifesta inattendibilità delle scritture contabili; in caso contrario, la difformità registrata rimarrebbe nell’alveo del mero indizio “ove si consideri che gli indici elaborati per un determinato settore merceologico, pur basati su criteri statistici, non integrano un fatto noto e certo e non sono idonei, da soli, ad integrare una prova per presunzioni”.

Il caso analizzato è proprio esplicativo dei “passi” che devono essere effettuati per vagliare l’attendibilità dello scostamento registrato in materia di ricarichi. L’Agenzia delle Entrate aveva posto a confronto il ricarico del settore (70%), con quello del contribuente (32%), procedendo al relativo accertamento ritenendo la contabilità, pur se formalmente corretta, inattendibile. La parte ha invece, tra le altre cose, evidenziato gli errori commessi soprattutto nel confronto operato, posto che non sono stati considerati gli sconti mediamente praticati (pari al 15%) e i periodi di saldi. Di fatto, in forza della scontistica del 15%, il ricarico del contribuente si pone, nei periodi ordinari, ad un livello di circa il 50% ed è poi in funzione dei saldi che si manifesta un’ulteriore riduzione del ricarico medio dichiarato. Alla luce di ciò, la Cassazione evidenzia da un lato l’assenza dell’abnorme differenza tra ricarico di settore e ricarico dichiarato (pari, al netto dei saldi, a circa il 50%) e dall’altro che è fondamentale in dette metodologie di ricostruzione dei ricavi tener presente delle modalità di vendita praticate.

Un esempio potrebbe essere utile anche per comprendere quanta attenzione deve essere posta dal contribuente in sede di confronto con i verificatori circa i ricarichi mediamente praticati. Si immagini un’azienda in un settore con un ricarico medio del 75% che ha registrato un costo del venduto di 775 mila euro e ricavi per 1 milione di euro. Il ricarico dichiarato è pari a poco più del 29%. Non è sufficiente affermare che il ricarico medio è del 100% e che poi nel periodo dei saldi si praticano sconti del 25%. Una prima conclusione potrebbe essere che mediamente il ricarico è proprio quello del 75% risultante nel settore di appartenenza. È invece fondamentale rendicontare circa l’andamento dei ricavi e le particolarità dei periodi di vendita, dimostrando il reale impiego del costo del venduto e/o procedendo alla determinazione di adeguate medie ponderate. Dunque in primo luogo è importante differenziare i volumi d’affari, tra quelli in periodi ordinari, che possono rappresentare il 40% delle entrate (400 mila euro) e quelli derivanti sia dai saldi (ad esempio, 30%, ossia 300 mila euro) che dai periodi promozionali (ulteriore 30%, 300 mila euro, ovviamente comprovati da idonea documentazione). Dopo di che illustrare non solo le percentuali di saldi praticati ma soprattutto l’andamento delle vendite promozionali e i relativi ulteriori abbattimenti, che possono addirittura condurre a vendite sottocosto.

In termini numerici, se è 100 il prezzo di riferimento, con ricarico del 100% vuol dire che si guadagna 200. Indi, il volume d’affari realizzato nel periodo ordinario, pari a 400 mila euro, corrisponde ad un costo del venduto di 200 mila euro. Nei periodi di saldi, il prezzo ordinario di 200 è ridotto del 25%, ossia di 50, con dunque prezzo di 150. Il ricarico effettivo praticato è pertanto del 50%. Il fatturato realizzato di 300 mila euro corrisponde ad un costo del venduto di 200 mila. Nel caso delle vendite promozionali, invece, gli sconti vanno dal 50% al 70%, con una media del 60%. Ciò significa che il prezzo di vendita di 200 è ridotto a 80, ossia sottocosto. Ne deriva che il costo del venduto necessario per introitare 300 mila euro è pari a 375 mila euro.

Il risultato complessivo cambia totalmente: l’intero costo del venduto trova giustificazione analizzando con attenzione i ricavi introitati nei diversi periodi ed in riferimento ai reali prezzi di vendita praticati. La forza delle dichiarazioni di parte in tal modo dettagliate è notevole: l’amministrazione finanziaria se decide di accertare lo stesso ha l’onere di superarle, motivando adeguatamente circa le ragioni del non accoglimento delle giustificazioni addotte. Ma se ciò non accade, si rientra pienamente nella fattispecie risolta positivamente dalla Corte di Cassazione: i saldi (e ovviamente anche le vendite promozionali), bloccano le ricostruzioni ancorate ai ricarichi di settore.