14 Ottobre 2014

CFC a confronto quale preferire?

di Ennio VialVita Pozzi
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L’art. 167 del Tuir stabilisce che i soggetti residenti in Italia che detengono
partecipazioni o imprese in paesi a
fiscalità privilegiata sono tenuti a
tassare per trasparenza i redditi prodotti da tali soggetti a condizione che sussista un rapporto di controllo.
La norma è operativa dal 2002. Con la riforma fiscale del
2004 è “sbucato” anche un
nuovo art. 168 del Tuir che prevede una disciplina sostanzialmente analoga anche in ipotesi di
mero collegamento.
Alcune indicazioni di massima sono utili per entrambe le ipotesi. Innanzitutto, nonostante la norma faccia riferimento alla
white list di cui all’art.
168 bis, detta white list non è mai stata diramata per cui bisogna ancora fare riferimento alla
black list di cui al
D.M. 21.11.2001. Tra i paesi “incriminati” rientrano anche il
Lussemburgo (ma solo per le
holding del 29 che ormai non esistono più) e la
Svizzera (per il caso delle società che
non pagano le
imposte municipali e cantonali quali le società holding, ausiliarie e di domicilio).
San Marino
non è mai stato
presente in questa lista ancor prima che entrasse in vigore la convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia.
E’ interessante rilevare come il momento in cui il
reddito
viene imputato per trasparenza in Italia è alla
chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del
soggetto estero partecipato. Quindi rileva la chiusura dell’esercizio della controllata e non del controllante italiano. Generalmente, poiché quasi tutti gli esercizi sociali coincidono con l’anno solare, l
’imputazione avverrà il
31 dicembre, data di chiusura sia per la controllante italiana che per la controllata paradisiaca.
Un ulteriore elemento interessante attiene al
diverso presupposto di
applicazione delle due discipline, atteso che la cfc di controllo di cui
all’art. 167 trova applicazione per l’appunto quando sussiste un
rapporto di controllo, mentre la disciplina di cui all’art.
168, ossia la
cfc da collegamento opera quando esiste una
partecipazione non inferiore al 20% agli utili. In un caso si considera il
rapporto di controllo, che potrebbe intervenire anche con una partecipazione inferiore alla maggioranza assoluta, nell’altra si valuta esclusivamente la partecipazione agli utili.
L’art. 167 co. 6 del Tuir prevede che i redditi del soggetto non residente,
imputati per trasparenza, sono determinati in base alle disposizioni del nostro testo unico,
salvo alcune eccezioni espressamente individuate.
Ciò comporta che potrebbe emergere anche una
perdita fiscale. In questo caso, tuttavia la stessa
non sarà
compensabile con un eventuale
reddito imponibile del soggetto italiano in quanto si applica una tassazione separata. Pertanto, se il business svolto attraverso il
veicolo paradisiaco va male, pur non potendo compensare tale perdita con il risultato domestico, quanto meno
evito la tassazione.
A diverse conclusioni, tuttavia, si giunge se si applica
l’art 168 relativo al collegamento. Il comma 2 stabilisce che i redditi del soggetto non residente oggetto di imputazione sono determinati per un importo corrispondente al
maggiore fra
l’utile prima delle imposte risultante dal bilancio redatto dalla partecipata estera anche in assenza di un obbligo di legge, da un lato, e un
reddito induttivamente
determinato sulla base dei
coefficienti di rendimento riferiti alle categorie di beni che compongono l’attivo patrimoniale di cui al successivo comma 3.
In sostanza, per motivi di semplificazione, si usa un
criterio forfetario. Se la società estera è in perdita, tuttavia, non sono sicuro di non pagare imposte in quanto devo considerare l’eventuale maggiore valore calcolato sui beni e con le
aliquote indicate nel comma 3.
In particolare si applicano i
seguenti coefficienti:
  • l’1% sul valore dei beni indicati nell’articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti;
  • il 4% sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da navi (beni indicati nell’articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del Dpr iva), anche in locazione finanziaria;
  • il 15% sul valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria.
Per evitare la tassazione, pertanto, non è sufficiente essere in perdita, ma serve altresì non avere
cespiti iscritti nell’attivo. La norma, peraltro, non brilla certo per chiarezza in quanto non precisa cosa si intende per valore dei crediti. Riteniamo che debbano essere
computati
solamente i
crediti da finanziamento e non anche quelli commerciali.