17 Novembre 2016

Quando una ASD supera la prova dell’accertamento

di Guido MartinelliMarta Saccaro
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La sentenza n. 340 del 13 settembre 2016, emessa dalla sez. V della Commissione Tributaria Provinciale di Treviso offre un compendio di massime relative a diverse questioni che, negli ultimi tempi, hanno interessato la giurisprudenza tributaria in materia di associazioni sportive dilettantistiche. Vediamole nel dettaglio.

  • La denominazione

L’articolo 90 della L. 289/2002, al comma 17, stabilisce che le associazioni sportive dilettantistiche devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o denominazione dilettantistica. Sul punto, richiamando la sentenza n. 113/2010 della Commissione Tributaria di Venezia, i giudici di Treviso osservano che questo precetto non può “ritenersi estensibile a qualsiasi manifestazione pubblicitaria perché contraria alla stessa dizione letterale della norma”. Risulta quindi irrilevante la circostanza che in specifiche occasioni (fatture di acquisto ricevute, intestazione del conto corrente bancario ecc.) sia stata omessa la specificazione prevista dalla norma.

  • La tracciabilità

Sulla questione della tracciabilità sono diverse le precisazioni. In primo luogo, la sentenza prende atto dell’intervenuta abrogazione dell’articolo 25, comma 5, della L. 133/1999 nella parte in cui dispone la decadenza dalle agevolazioni di cui alla L. 398/1991, in caso di inosservanza delle ivi contenute disposizioni relative alla tracciabilità dei pagamenti e degli incassi. In conseguenza di questa modifica, in attuazione dell’articolo 3 del D.Lgs. 472/1997, si rende applicabile il principio del favor rei alla fattispecie in contestazione e, pertanto, la sanzione per la decadenza delle disposizioni della L. 398/1991 comminata nell’accertamento non deve essere applicata.

Sempre in tema di tracciabilità, comunque, la sentenza afferma che il divieto, posto dalla norma, di effettuare movimentazioni in denaro “sopra soglia” fa “espresso riferimento a pagamenti e riscossioni e non a mera movimentazione di conto corrente. Pertanto – continua la sentenza -, “nessuna rilevanza deve essere attribuita ai “giroconti” riguardanti le “movimentazioni interne” tra il conto cassa ed i conti correnti bancari essendo l’intento del Legislatore … quello di monitorare adeguatamente gli spostamenti di ricchezza “da” e “verso” l’Ente, e non certo le movimentazioni interne, rimanendo le risorse sempre in capo allo stesso sodalizio”. La sentenza ricorda inoltre alcuni precedenti di giurisprudenza: la sentenza n. 296/2014 della CTP Reggio Emilia, la n. 144/2013 della CTP Modena e la n. 57/08/2013 della CTP Brescia.

  • La contabilità in 398

Sono molto interessanti le considerazioni espresse in relazione agli obblighi di contabilità che fanno carico ai soggetti in 398. In primo luogo, viene infatti affermato che “per le associazioni senza scopo di lucro in regime della L. 398/1991 non è prevista nell’ordinamento tributario alcuna modalità di compilazione e tenuta dell’impianto contabile … assolvendo l’onere di Legge mediante la tenuta dell’unica scrittura obbligatoria rappresentata dal Registro Iva contribuenti minori, di cui al D.M. 11 febbraio 1997”. Da questa considerazione, i giudici di Treviso fanno discendere la tesi che, nei casi in cui è regolare la tenuta del registro Iva “minori”, non può mai essere contestata l’attendibilità dell’impianto contabile dell’associazione. In questo caso, le risultanze dell’eventuale prima nota tenuta dal sodalizio non possono quindi mai essere contestate. La pronuncia, in relazione a questo aspetto, è in linea con quanto affermato anche dall’Agenzia delle Entrate che, nella circolare 9/E/2013 ha sostenuto che anche la mancata tenuta del registro “Iva minori” non è di per sé motivo di decadenza dalle agevolazioni di cui alla L. 398/1991 qualora, beninteso, sia possibile fornire i riscontri contabili, quali fatture, ricevute, scontrini fiscali ovvero altra documentazione utile ai fini della corretta determinazione del reddito e dell’Iva.

  • Proventi che non entrano nel plafond della L. 398/1991

A chiudere la rassegna delle massime contenute nella sentenza n. 340/2016 della CTP Treviso vi è la considerazione secondo la quale è possibile applicare l’esclusione dal reddito complessivo (e, quindi, evitare lo “splafonamento” dalla L. 398/1991) nel caso di introiti percepiti grazie ad una celebrazione e/o ricorrenza tenuta una volta all’anno, opportunamente evidenziati nel rendiconto. In tale caso, infatti, secondo i giudici è possibile invocare l’applicazione dell’articolo 143, comma 3, lettera a) del Tuir, secondo il quale non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali “i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione”.

Ad onor del vero la norma di riferimento, in questa circostanza, per le associazioni in 398, è il comma 2, lettera b) dell’articolo 25 della L. 133/1999 e non sembrerebbe sufficiente indicare i fondi separatamente nel rendiconto complessivo, essendo necessario, ai sensi dell’articolo 20, secondo comma, del D.P.R. 600/1973, un documento apposito per ogni raccolta di fondi. Ma tant’è.

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Gli aspetti fiscali degli enti associativi