20 Ottobre 2014

Terreni rivalutati: nessuna plusvalenza nel caso di vendita al di sotto del prezzo di perizia

di Massimo Conigliaro
Scarica in PDF
Nel caso di
vendita del
terreno edificabile ad un prezzo inferiore al valore della perizia di rivalutazione, il contribuente mantiene il
beneficio dell’
affrancamento della
plusvalenza. Il principio è stato ribadito dalla
Commissione Tributaria Provinciale di Catania con la sentenza n. 635 depositata il 20 giugno 2014 (Pres. Lo Monaco, Rel. Pallonetto).
La controversia tra origine dall’art. 7 delle legge 448/2001, che nell’introdurre la possibilità di
r
ideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili, ha espressamente previsto che agli effetti della determinazione delle
plusvalenze e minusvalenze di cui all’art. 81, comma 1, lettere a) e b), del TUIR per i terreni edificabili può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una
perizia giurata di stima, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una
imposta sostitutiva delle imposte sui redditi. Secondo quanto disposto nei commi da 2 a 6
la rideterminazione del valore di acquisto dei terreni ….. costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi …”.
L’art. 67 del TUIR (ex art. 81) al primo comma prevede che “
sono redditi diversi ..b) …. le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
Il successivo articolo 68 prevede che “
Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo …. Il costo dei terreni suscettibili d’utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 67 e’ costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili”.
L’Agenzia delle Entrate, nonostante in nessun punto la norma lo preveda, ritiene che l’
efficacia della rivalutazione
ex lege 488/2001, possa essere condizionata alla vendita dell’area ad un prezzo superiore al valore periziato.
Tale interpretazione, in verità, sta sempre più
vacillando ed a livello centrale si sta valutando la possibilità di rivedere le istruzioni fornite agli uffici periferici.
Nel caso trattato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, a fronte di un valore del terreno indicato in perizia di € 1.067.926,28 il contribuente aveva venduto ad un corrispettivo leggermente inferiore (€ 1.040.000,00).
I giudici siciliani hanno ritenuto che “
il valore rivalutato dei terreni edificabili può essere assunto in luogo del costo o del valore di acquisto”. Peraltro, aggiungono, “
la ratio della norma vista nella sua teleologica essenzialità, consente di mantenere il valore di perizia quale costo fiscalmente riconosciuto, permettendo così la neutralizzazione della plusvalenza”.
Tale orientamento ribadisce quanto già affermato dalla
Commissione Tributaria Regionale di Milano con la sentenza n. 169 del 11 novembre 2011, che ha stabilito che la rivalutazione di un suolo edificabile ex art. 1 L. 448/2001 è efficace ai fini della neutralizzazione della plusvalenza tassabile ex art 81 del TUIR. Solo se i ricorrenti avessero riferito di volere attribuire – in concreto – ai fini fiscali un minore valore a quelli di stima avrebbero avuto l’onere di
motivare nel senso voluto dalla circolare citata da entrambe le parti. In termini si sono espresse in passato la
Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria n. 11 del 12.2.2009 e la
Commissione Tributaria Provinciale di Treviso n. 5 del 10.1.2013. La giurisprudenza della
Corte di Cassazione (Ord. n. 11062 del 9.5.2013), disconoscendo la validità alle circolari emanate che invece ritenevano il contrario, ha ritenuto
legittima la rivalutazione del contribuente effettuata sulla base di un valore rideterminato con perizia redatta giurata ed asseverata in data successiva alla stipulazione dell’atto, e, pertanto, anche in quel caso, in assenza di perizia, si deve dedurre che il contratto fosse stato stipulato per un valore inferiore.
Di recente la Commissione Tributaria Regionale, Milano, Sez. XIX, con la  Sentenza n. 449 del 28 gennaio 2014, ormai passata in giudicato per mancata impugnazione per Cassazione, aveva chiarito che ove il contribuente deroghi al valore minimo di riferimento, rispetto al quale ha versato l’imposta sostitutiva prevista dalla legge, dichiarando un valore inferiore a quello minimo, egli
non deve versare (sulla base della sua dichiarazione) alcuna maggiore imposta, posto che, essendo il valore dichiarato addirittura inferiore al valore minimo, non potrà emergere alcuna plusvalenza.