5 Ottobre 2017

Società sportive di capitale e clausole dell’articolo 148 del Tuir

di Guido Martinelli
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La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (Milano – Sez. XXII Sent. 11.07.2017 n. 3088) analizza, in modo innovativo, anche se non sempre condivisibile, la disciplina delle società sportive dilettantistiche di capitale.

La contribuente ricorreva in appello avverso la sentenza del Giudicante di primo grado che ne aveva respinto il ricorso avverso il disconoscimento della natura di società sportiva dilettantistica che era avvenuto in sede di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Tra le motivazioni di carattere sostanziale del ricorso, per quanto di nostro interesse, rileva l’acclarata, in primo grado “insussistenza dei requisiti per il riconoscimento della società sportiva dilettantistica in quanto dai dati di bilancio si evince che la società svolge un’attività prevalentemente commerciale” a cui si contrappone la prova che “la società ha sempre tenuto la contabilità separata tra attività sportiva e attività commerciale ed è affiliata al CONI”, nonché la presenza di 49 soci tesserati alle federazioni nazionali di competenza in quanto praticanti le discipline a livello agonistico.

L’Amministrazione finanziaria, costituendosi eccepisce, tra l’altro: “… che non sono stati posti in essere gli adempimenti per poter fruire dell’agevolazione prevista dall’articolo 148 comma 8, Tuir (rendiconto economico finanziario) che la società non ha tenuto alcuna contabilità separata, che la società prevede espressamente la trasmissibilità della quota associativa inter vivos, che la società non ha correttamente compilato il modello EAS. Tutto ciò preclude il riconoscimento dello status di società sportiva dilettantistica unitamente al fatto che su 1644 frequentatori del centro solo 49 sono tesserati nelle Federazioni”.

Inoltre, il venir meno della natura di società sportiva dilettantistica fa sorgere il tema della mancata applicazione delle ritenute sui compensi sportivi, ritenute non applicate perché tutti al di sotto della soglia esente dei 7.500 euro.

Il Giudicante di appello, su quest’ultimo tema, esclude la natura di rimborsi spese, sostenuta dalla difesa della società sportiva, in quanto hanno natura forfettaria (ricordando, incidentalmente, che in tal caso, ove superiori a 77,47 euro sarebbero stati da assoggettare ad imposta di bollo da due euro) e non risultano deliberati, pertanto: “… è legittimo ritenere che tali rimborsi siano in realtà dei veri e propri compensi che dovevano essere indicati nel modello 770 e assoggettati a ritenuta d’acconto per i soggetti non titolari di partita Iva …”.

Nel merito la decisione afferma che la società non ha dimostrato il diritto all’esenzione in quanto “non ha predisposto il rendiconto economico e finanziario dal quale si possano desumere i costi separati per l’attività sportiva e per l’attività commerciale con ciò contravvenendo alla disposizione di cui all’articolo 148 Tuir” non ritenendo, contrariamente a quanto affermato dalla società, che la redazione del bilancio supera il rendiconto. Anche qui senza poter vedere gli atti diventa difficile valutare la correttezza dell’assunto della Commissione. Resta inteso che anche in presenza di bilancio civilistico per gli enti di cui al quinto libro del codice civile sarà necessario comunque avere la separata determinazione del risultato dell’attività istituzionale rispetto a quella commerciale.

Il Giudicante poi, afferma che: “altro requisito che non risulta soddisfatto dalla contribuente è la previsione nell’atto costitutivo della in trasmissibilità inter vivos delle quote specificatamente previsto dall’articolo 148 lettera f) del Tuir; invece l’articolo 7 dell’atto costitutivo della società prevede testualmente – le quote sociali sono liberamente trasmissibili tra soci, per atto tra vivi e per successione – …”.

Questo diventa argomento dirimente. Infatti, già dalla circolare 21/2003 dell’Agenzia delle Entrate, la prassi amministrativa è stata uniforme, confermata come vediamo, per ultima solo in ordine di tempo, dalla sentenza in esame, nel ritenere che l’applicabilità dell’articolo 148 del Tuir alle società sportive di capitali dilettantistiche potesse avvenire solo se ed in quanto le stesse recepissero nei loro statuti i principi di cui al comma 8 della citata disposizione. Più volte la dottrina ha “tentato”, invano, di smontare questa costruzione, ad avviso dello scrivente invece corretta.

Ma, se da una parte il contribuente non aveva titolo per poter applicare l’articolo 148 del Tuir (e, pertanto, il recupero di imposte appare corretto), la conseguenza, invece, che non si condivide, appare essere che non si sarebbe dovuto mettere in dubbio la natura di società sportiva dilettantistica (che può come tale essere e ritenersi a tutti gli effetti ente commerciale) e, pertanto, non si sarebbero dovute recuperare le mancate ritenute sui compensi inferiori ai 7.500 euro che si dovevano ritenere correttamente elargiti in virtù del riconoscimento della attività da parte del CONI.

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