16 Dicembre 2019

Seconda cessione di autovetture: come si applica il principio di simmetria?

di Luca Caramaschi
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La scheda di FISCOPRATICO

Nel precedente contributo si è appurato che la cessione di una vettura per la quale, in occasione dell’acquisto, l’imposta era stata applicata anche solo in parte, deve essere assoggettata ad Iva secondo le modalità ordinarie e non in base al regime del margine; a questo punto pare lecito chiedersi come operativamente emettere le fatture per tali autovetture.

Ci si pone tale interrogativo perché, dall’applicazione letterale delle disposizioni dell’articolo 13 D.P.R. 633/1972 (e il tenore della norma lascia francamente poco spazio a interpretazioni a favore del contribuente) si profilano orizzonti (ci venga concessa una drammatizzazione, ma tra un attimo si avrà modo di apprezzarne le ragioni) decisamente inquietanti per i contribuenti, specialmente per gli operatori del settore (leggasi concessionari o, più in generale, intermediari nel commercio di autovetture).

Il problema, in particolare, nasce dal fatto che l’ultimo comma dell’articolo 13 D.P.R. 633/1972, quello che reca il principio di simmetria, prevede una formulazione (occorre chiedersi quanto voluta…) sicuramente “indigesta”: in sede di cessione di un bene per il quale l’imposta è stata detratta in maniera parziale, l’Iva si deva applicare al corrispettivo di vendita in ragione della “… percentuale detraibile ai sensi di tali disposizioni…” e non in ragione della percentuale del corrispettivo proporzionale all’imposta detratta.

In altre parole: se Caio acquista una vettura con Iva esposta al 40% e detrae il 40% di tale importo ai sensi dell’articolo 19-bis1 D.P.R. 633/1972, significa che solo il 16 per cento del corrispettivo è stato interessato da imposta detratta. A questo punto:

  • se egli, in sede di cessione della vettura, applicasse l’imposta al 16% del corrispettivo si troverebbe in una situazione di equivalenza;
  • purtroppo, l’applicazione letterale dell’ultimo comma dell’articolo 13 D.P.R. 633/1972, gli impone di applicare l’imposta al 40% del corrispettivo.

Esempio

Mario Rossi acquista una vettura al prezzo di € 20.000 + Iva sul 40% del corrispettivo pari ad € 1.760 (22% su € 8.000). Mario Rossi, acquistando detta vettura, aveva detratto Iva per € 704 (40% di 1.760).

Mario Rossi rivende a Luigi Bianchi la vettura al medesimo prezzo al quale l’aveva acquistata: € 20.000 + Iva.

à applicando l’Iva sul 40% del corrispettivo, rivende l’auto a 21.760 (€ 20.000 + 22% di € 8.000). Egli si troverà a rimetterci € 1.056 (pari all’Iva non detratta in sede di acquisto).

Lo stesso si ripeterà per tutti i passaggi successivi, perché se Luigi Bianchi vende la vettura a Giuseppe Verdi alle stesse medesime condizioni, anch’egli si troverà a rimetterci l’Iva di € 1.056 sulla stessa frazione di corrispettivo (realizzando così una duplicazione dell’imposta). Altrettanto succederebbe se Giuseppe Verdi dovesse cedere a Nicola Neri.

Se invece la vettura finisse in mano ad un privato (per cui l’Iva finirebbe per essere integralmente assolta, per € 1.760) e poi venisse reimmessa nel ciclo produttivo, le successive cessioni avverrebbero in regime del margine. Ipotizzando che rimanga invariato il corrispettivo in ogni cessione, non vi sarebbe mai margine positivo e non si verificherebbe duplicazione dell’imposta. Si tratta di un’evidente disparità.

Il principio di simmetria, oggi presente nel nostro ordinamento, prevede di applicare lo stesso trattamento alla cessione rispetto a quanto detratto in sede di acquisto in termini di medesima percentuale di detrazione; questo, purtroppo, non tiene conto del fatto che una quota del corrispettivo di acquisto non è stato interessato da Iva.

Un “reale” principio di simmetria si avrebbe solo qualora la frazione del corrispettivo in cessione da assoggettare ad Iva sia calcolato rapportando il corrispettivo in relazione al quale l’imposta è stata detratta al corrispettivo complessivo (quindi il 16%) e non semplicemente applicando la percentuale di detrazione utilizzata in sede di acquisto (il 40%) perché questa, come detto, ha riguardato solo una parte del prezzo di acquisto.


Esempio

Riprendendo l’esempio appena proposto, si consideri questa soluzione: applicando l’Iva sul 16% del corrispettivo (ossia il rapporto tra il corrispettivo che presentava Iva detraibile rispetto al corrispettivo complessivo) non vi sarebbero duplicazioni.

Mario Rossi venderebbe a Luigi Bianchi a € 20.704. Mario Rossi rimarrà quindi inciso solo per € 1.056, ossia l’imposta non detratta in sede di acquisto.

A sua volta Luigi Bianchi detrarrebbe € 281,60 (40% di € 704). Quando andrà a rivendere a Giuseppe Verdi per un prezzo di € 20.000 applicherà l’Iva solo al 6,4% del corrispettivo (40% del 16%): il corrispettivo complessivo sarebbe pertanto € 20.281,60. Luigi Bianchi rimarrà quindi inciso per € 422,40; importo pari all’Iva non detratta in sede di acquisto.

Questo criterio consentirebbe a tutti gli operatori di restare incisi solo del 60% dell’Iva addebitata loro in occasione del proprio acquisto e, progressivamente, l’imposta verrà complessivamente assolta, senza che questo possa causare duplicazioni.

Il caso appena proposto, riguardante gli operatori non specializzati (impresa/professionista che cede ad altra impresa/professionista) tutto sommato fa sorgere preoccupazioni modeste.

Per tali soggetti la seconda cessione del veicolo è aspetto delicato ma suscettibile di creare danni limitati in quanto:

  • i prezzi delle cessioni sono normalmente decrescenti e la seconda cessione del veicolo, generalmente, avviene ad importi trascurabili;
  • inoltre la vettura è vista dal legislatore come un bene suscettibile di avete una quota di utilizzo privato, premessa che giustifica il fatto che da tale veicolo derivino degli svantaggi fiscali.

L’interesse è invece sensibilmente maggiore quanto di parla di operatori professionali. In questo caso, infatti:

  • l’imposta addebitata in sede di acquisto viene detratta integralmente;
  • in occasione della cessione non si può applicare l’ultimo comma dell’articolo 13 D.P.R. 633/1972 (in quanto in sede di acquisto non è stata applicata alcuna disposizione di indetraibilità oggettiva, ancorché parziale, dell’imposta) ma si deve tenere in considerazione il primo comma secondo cui “.. la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti”;
  • i prezzi a cui avvengono le transazioni sono spesso

Esempio

La Goldcar di Mario Rossi sas acquista una vettura a € 20.000 + Iva sul 40% del corrispettivo pari ad € 1.760 (22% su € 8.000).

La Goldcar di Mario Rossi sas, acquistando detta vettura, ha detratto integralmente l’Iva addebitata.

La Goldcar di Mario Rossi sas rivende a Luigi Bianchi la vettura al medesimo importo per cui l’aveva acquistata, pari a € 20.000 + Iva (che, però, è pari ad € 4.400 in quanto addebitata sull’intero corrispettivo). C’è una evidente duplicazione dell’imposta in quanto questa, in parte, era già stata assolta.

Il vero problema per gli operatori risiede però nel fatto che i prezzi pattuiti con i clienti sono quasi sempre “Iva compresa”.

 


Esempio

La Goldcar di Mario Rossi sas rivende a Luigi Bianchi la vettura al prezzo di € 21.760 Iva compresa. La fattura emessa sarà di € 17.836,07 + € 3.923,93 di Iva, che dovrà essere versata.

Tale transazione, malgrado sia effettuata per il medesimo importo, in acquisto e in cessione, comporta per la Goldcar di Mario Rossi sas una perdita di € 2.163,93.

Come risolvere il problema? L’obiettivo è analogo a quello degli operatori non professionali analizzato in precedenza, ossia quello di assoggettare ad Iva solo la frazione di corrispettivo che, in occasione dell’acquisto aveva evidenziato imposta detraibile: nel caso appena analizzato (Iva applicata al 40% del corrispettivo e interamente detratta), la cessione dovrebbe avvenire assoggettando ad Iva solo il 40% del corrispettivo.

A questo punto, a parità di prezzo di acquisto e di cessione, la transazione diverrebbe del tutto neutra per l’operatore.

Per far ciò occorre disinteressarsi dell’interpretazione eccessivamente miope proposta dall’Agenzia delle Entrate e disattendere il contenuto approssimativo dell’articolo 13 D.P.R. 633/1972, laddove fa riferimento alla percentuale di detrazione utilizzata in sede di acquisto, facendo piuttosto riferimento al principio di simmetria stabilito dalla disciplina comunitaria, norma gerarchicamente sovraordinata.


Esempio

La Goldcar di Mario Rossi sas aveva acquistato una vettura a € 20.000 + Iva sul 40% del corrispettivo pari ad € 1.760 (22% su € 8.000).

La Goldcar di Mario Rossi sas, acquistando detta vettura, aveva detratto integralmente l’Iva addebitata. Il costo di detta vettura è pertanto pari ad € 20.000.

La Goldcar di Mario Rossi sas rivende a Luigi Bianchi la vettura al prezzo di € 21.760 Iva compresa. La fattura emessa sarà di € 20.000 + € 1.760 di Iva, che dovrà essere versata. Il provento della cessione è così pari a € 20.000, senza quindi alcuna perdita per il soggetto cedente.

Certo, questa previsione fatica a trovare spazio nelle disposizioni normative vigenti che, al contrario, prevedono l’assoggettamento ad Iva di tutto il corrispettivo di cessione.

Occorrerebbe configurare una esclusione dall’imponibilità per la frazione del corrispettivo che ha già visto definitivamente assolta l’imposta (ossia la frazione di corrispettivo corrispondente alla quota indetraibile in capo ad uno dei precedenti possessori del veicolo): se l’indetraibilità oggettiva che colpisce una frazione dell’imposta addebitata in sede di acquisto dell’autovettura è giustificata dal fatto che si tratta di un bene suscettibile di utilizzo privato, significa che tale imposta ha già raggiunto il consumatore finale.

L’esclusione di tale frazione di corrispettivo pare nella logica del sistema ma, francamente, risulta piuttosto arduo individuare il titolo di esclusione nell’ambito delle fattispecie codificate.

L’intera vicenda merita un ripensamento da parte del Legislatore, visto che, allo stato delle cose, la situazione è insostenibile, in particolare per i soggetti che professionalmente compravendono le autovetture.

In attesa di tale auspicato ripensamento, spetterà al contribuente decidere se adottare una logica più prudente e attenersi alla lettera della norma, oppure scegliere una soluzione più ardita (ma che in molti casi è necessaria per la sopravvivenza dell’attività) e trattare le cessioni in ragione di una non codificata logica di sistema.

Nell’attesa, occorre consigliare agli operatori professionali di esplicitare, già in sede di trattativa con il cliente, quale sia l’importo del corrispettivo e dell’Iva che sarà applicato.

La nuova disciplina dei reati tributari, la frode fiscale, il riciclaggio/autoriciclaggio e la responsabilità 231/2001