6 Dicembre 2022

Saldo Imu: la liquidazione dell’imposta per il 2022 

di Fabio Garrini
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La scheda di FISCOPRATICO

La determinazione dell’Imu dovuta per il periodo d’imposta 2022 avviene secondo le regole ben note, articolate su un versamento provvisorio nel mese di giugno, conguagliato entro il16 dicembre con i parametri deliberati dal Comune di ubicazione di ciascun immobile tassato.

Il saldo 2022 sconta la nuova disciplina dell’abitazione principale, innovata a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 13.10.2022, che permette a ciascun contribuente di esentare l’immobile in cui egli ha stabilito la dimora e la residenza indipendentemente dalla situazione anagrafica del coniuge.

Inoltre, nel 2022 opera l’esenzione per i fabbricati invenduti posseduti dalle imprese costruttrici, agevolazione già utilizzabile in occasione del versamento dell’acconto.

Per il resto, le regole di determinazione dell’imposta non hanno subito variazioni, così come le fattispecie imponibili; nel presente contributo si riepilogano le modalità di liquidazione e versamento del tributo in vista della prossima scadenza, facendo riferimento alle fattispecie di più diffusa applicazione.

 

Il saldo Imu

La norma di riferimento che guida la liquidazione dell’imposta municipale è contenuta nell’articolo 1, comma 762, L. 160/2019.

L’imposta viene infatti versata durante l’anno cui si riferisce, in due distinte scadenze:

  • un primo versamento in acconto deve essere effettuato entro il 16 giugno. In tale occasione l’imposta è stata liquidata in via provvisoria utilizzando l’aliquota e la detrazione approvata per l’anno precedente;
  • entro il 16 dicembre i contribuenti sono chiamati al versamento del saldo, in occasione del quale occorrerà effettuare il calcolo dell’imposta effettivamente spettante per l’anno 2022, sulla base delle aliquote pubblicate sul sito MEF entro il 28 ottobre; in caso di mancata pubblicazione, anche il saldo sarà liquidato facendo riferimento alle aliquote dell’anno precedente, scomputando quanto già versato in sede di acconto. Qualora il versamento in scadenza il 16 giugno sia stato determinato in “unica soluzione” (utilizzando già in quella sede i parametri approvati dal Comune per il 2022) non occorrerà effettuare alcun altro versamento per il periodo d’imposta 2022.

Derogano a tale modalità di versamento gli enti non commerciali: ai sensi del comma 763 tali soggetti sono tenuti ad effettuare due versamenti “provvisori” alle tradizionali scadenze del 16 giugno e del 16 dicembre (ciascun versamento è pari al 50% dell’imposta corrisposta per l’anno precedente) e saranno invece chiamati a conguagliare l’imposta dovuta entro il 16 giugno dell’anno successivo. Tali soggetti sono peraltro tenuti a presentare annualmente la specifica dichiarazione prevista dal comma 770.

Il versamento di quanto dovuto può essere effettuato alternativamente tramite modello F24 ovvero bollettino postale; la prima soluzione presenta l’indubbio vantaggio di poter utilizzare in compensazione altri crediti tributari o contributivi, pur con le note limitazioni (canale di presentazione del modello, visto di conformità, vincoli legati a debiti iscritti a ruolo, ecc.).

 

Le aliquote

Non essendo ancora stato emanato il decreto previsto dal comma 757 che vincolerà la facoltà di differenziazione delle aliquote, i Comuni hanno ampia libertà di manovra nella fissazione dei parametri di calcolo, entro comunque determinati limiti che devono essere rispettati; normalmente i Comuni deliberano aliquote differenziate in relazione alle tre principali categorie di immobili (aree fabbricabili, terreni agricoli, nonché “altri fabbricati”, ossia quelli diversi dalle abitazioni principali), ma non mancano diversificazioni più capillari e creative (talvolta anche eccessivamente).

L’aliquota base è pari allo 0,86%, che ciascun ente può incrementare sino al 1,06% ovvero ridurre sino all’azzeramento. Viene altresì concesso, a favore dei soli Comuni che già avevano esercitato in passato la facoltà di aumentare l’aliquota Tasi dello 0,8 per mille, di incrementare l’aliquota Imu fino all’1,14%.

L’unica categoria di immobili per i quali è previsto un limite minimo al di sotto del quale il Comune non si può spingere sono i fabbricati di categoria catastale D: infatti, per i fabbricati a destinazione speciale la quota di imposta riferibile all’aliquota dello 0,76% è riservata allo Stato. Conseguentemente, il Comune non potrà mai ridurre l’aliquota al di sotto di tale limite per non intaccare la quota di riserva statale. Al contrario, l’aliquota può essere elevata sino al 1,06% e tale incremento è ad appannaggio del Comune di ubicazione dell’immobile. Tali immobili sono tassati in funzione della rendita catastale ovvero, se provvisti di rendita sin dall’origine, la base imponibile è costituita dai costi contabilizzati, attualizzati sulla base dei coefficienti annualmente approvati (i coefficienti 2022 sono stati fissati dal D.M. 09.05.2022).

Da evidenziare che è prevista una riduzione specifica nel prelievo per i fabbricati rurali ad uso strumentale (stalle, depositi attrezzi, ecc): l’aliquota del prelievo per tali immobili è pari allo 0,1% e i Comuni possono solo ridurla fino all’azzeramento. Nessun beneficio specifico è invece previsto per i fabbricati rurali a destinazione abitativa (evidentemente, fosse abitazione principale dell’agricoltore, questa fruirebbe della corrispondente esenzione).

Per il mondo agricolo sono poi previste altre due agevolazioni, che spettano ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali che possiedono e coltivano i terreni: si tratta dell’esenzione per i terreni agricoli nonché della finzione di non edificabilità delle aree (in altre parole, le aree fabbricabili si considerano terreni agricoli, consentendo quindi di applicare la conseguente esenzione Imu). Sono altresì esenti i terreni nei comuni montani (sulla base dell’elenco previsto nella circolare 9/1993), da chiunque posseduti.

Si ricorda inoltre che per le abitazioni locate a canone concordato di cui alla L. 431/1998 è prevista una specifica riduzione: l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal comune, è ridotta al 75%.

Pertanto, se il Comune avesse deliberato un’aliquota generale per gli “altri fabbricati” pari a 1% e una aliquota specifica per gli immobili locati a canone concordato pari al 0,8%, l’aliquota effettivamente applicabile sarebbe pari al 0,6%.