5 Giugno 2023

Il versamento dell’acconto Imu è guidato dalle aliquote dell’anno precedente

di Fabio Garrini
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La scheda di FISCOPRATICO

Rispetto allo scorso anno, quando la liquidazione dell’Imu è stata segnata da alcune novità di diffuso interesse (si pensi in particolare all’esenzione per gli invenduti delle imprese e alla definizione di abitazione principale svincolata dai familiari), per il 2023 non si registrano evoluzioni significative nella liquidazione del tributo comunale.

I soggetti passivi effettuano il versamento dell’imposta dovuta per l’anno in corso in due rate:

  • la prima è in scadenza il prossimo 16 giugno. Entro tale data si dovrà provvedere al versamento in acconto dell’imposta dovuta per l’anno 2023, utilizzando provvisoriamente aliquote e detrazioni del precedente anno;
  • Il conguaglio avverrà a dicembre in sede di versamento del saldo utilizzando le aliquote pubblicate sul sito MEF entro il 28 ottobre (in caso di mancata pubblicazione anche il saldo sarà liquidato facendo riferimento alle aliquote del precedente anno), scomputando quanto già versato in sede di acconto.

È ammesso il versamento in unica soluzione dell’imposta dovuta per l’intero 2023, entro la scadenza dell’acconto, a patto che vengano utilizzate da subito le aliquote deliberate per l’anno in corso.

È prevista una specifica modalità di versamento riguardante gli enti non commerciali che sono tenuti ad effettuare due versamenti “provvisori” alle tradizionali scadenze del 16 giugno e del 16 dicembre (ciascun versamento è pari al 50% dell’imposta corrisposta per l’anno precedente); entro il 16 giugno dell’anno successivo è dovuto un terzo versamento, a conguaglio dell’imposta complessivamente dovuta per l’anno di riferimento.

 

Le aliquote

Per l’Imu è prevista un’aliquota massima pari all’1,06%; i Comuni che hanno già esercitato in passato la facoltà di aumentare l’aliquota Tasi dello 0,8 per mille hanno potuto incrementare l’aliquota Imu sino all’1,14%.

Il comune può deliberare di ridurre le aliquote applicabili alle diverse fattispecie fino all’azzeramento, con l’eccezione dei fabbricati di categoria catastale D.

Per tali immobili, infatti, la quota di imposta riferibile all’aliquota dello 0,76% è riservata allo Stato: il Comune ha facoltà di aumentare il prelievo sino all’1,06% (e tale incremento sarà trattenuto dal Comune stesso), ma non potrà mai ridurre l’aliquota andando ad intaccare la quota di riserva statale. Per i fabbricati D privi di rendita sin dall’origine è prevista una particolare modalità di determinazione della base imponibile, basata sui costi contabilizzati attualizzati tramite specifici coefficienti annualmente approvati (per l’anno 2023 la fissazione di tali coefficienti è avvenuta con il D.M. 13.02.2023); qualora fossero invece provvisti di rendita, la base imponibile viene calcolata facendo riferimento alla rendita catastale, al pari degli altri fabbricati.

L’aliquota di base per i fabbricati rurali ad uso strumentale è pari allo 0,1% e i comuni possono solo ridurla fino all’azzeramento; per i fabbricati rurali a destinazione abitativa non è prevista alcuna disposizione specifica (ovviamente, se sono destinati ad abitazione principale del possessore, risultano esenti).

L’aliquota di base per i terreni agricoli è pari allo 0,76% e i comuni possono aumentarla sino all’1,06% o diminuirla fino all’azzeramento; si ricorda che sono esenti da prelievo, in particolare, i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, nonché quelli ubicati nei comuni “montani”, così come individuati dalla circolare 9/1993.

Per le abitazioni locate a canone concordato di cui alla L. 431/1998 è prevista una specifica riduzione: l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal comune, è ridotta al 75%.

Le abitazioni principali non di lusso, ossia quelle censite in categorie catastali diverse da A/1 A/8 A/9 (per le quali è prevista un’aliquota ridotta e la detrazione), sono esentate dal pagamento dell’Imu; medesimo trattamento è previsto anche per le relative pertinenze, nel limite massimo di una unità per ciascuna categoria catastale C/2, C/6 e C/7.

L’esenzione si applica a patto che vi sia coincidenza tra dimora e residenza del contribuente.

Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 209 del 13.10.2022, stabilendo che ciascun contribuente debba far riferimento unicamente alla propria dimora e residenza, indipendentemente dalla situazione anagrafica del coniuge (pertanto, se il coniuge dovesse dimorare altrove, non verrebbe pregiudicato il diritto all’esenzione).

I fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, finché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, sono esenti dall’Imu; tale esenzione si applica anche ai fabbricati oggetto di radicale intervento ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del D.P.R. 380/2001 (risoluzione 11/DF/2013).