16 Maggio 2015

Rivalutazione quote e terreni: patto d’acciaio con il Fisco

di Comitato di redazione
Scarica in PDF

Si avvicina il termine del 30 giugno 2015 per la possibile rivalutazione di quote e terreni “versione 2015” e, contestualmente, si avvicina il termine di versamento delle rate residue per coloro che, negli anni passati, avessero provveduto alla medesima rivalutazione, scegliendo il pagamento rateale. Abbiamo la convinzione che, tranne casi residuali, il secondo tema interessi più del primo, essendo assolutamente frequenti le situazioni nelle quali è scemato nel tempo l’interesse a proseguire la rivalutazione.

Le motivazioni possono essere le più disparate, spaziando dalla situazione di stasi del mercato immobiliare e finanziario, sino a quella delle difficoltà economiche e finanziarie non preventivabili, oppure del “subentro forzato” in una procedura di rivalutazione da altri iniziata (come accade nel caso degli eredi).

Pertanto, la situazione che affrontiamo è proprio la seguente: nel caso in cui si sia iniziata una rivalutazione con pagamento rateale, venendo meno l’interesse a conseguire il riconoscimento fiscale del maggior valore, è possibile sospendere il versamento delle rate residue (senza neppure porsi il problema del recupero di quanto anticipato)?

La questione è stata molto dibattuta nel passato, registrandosi tesi di dottrina e pronunce di giurisprudenza di merito di differente tenore, oltre ad una presa di posizione granitica dell’Agenzia delle entrate che, da sempre, sostiene l’obbligo di completare i versamenti promessi, a prescindere da qualsiasi valutazione successiva di convenienza in merito al risultato.

Nella pratica, ad esempio, appare davvero precaria la situazione di un erede che, essendo subentrato nella titolarità di quote di partecipazione per effetto di una successione (a lui fiscalmente pervenute al valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio), si trovasse a dover corrispondere le rate pendenti della imposta sostitutiva, pur non avendone alcun interesse. Per di più, in merito ad una scelta da lui non operata, ma nella quale si trova coinvolto suo malgrado.

Della materia si è occupata di recente la Cassazione che, con la sentenza 20 febbraio 2015, n. 3410, ci fornisce una soluzione che, sino a nuovo orientamento, potremmo dire definitiva.

La prima considerazione (in riferimento alla rivalutazione delle quote) è il semplice richiamo delle norma: “… agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze … per i titoli, le quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentari, … , può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data della frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, determinato sulla base di una perizia giurata di stima …, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi”.

La Corte, pertanto, rileva che assumono efficacia determinante, ai fini del perfezionamento di detta procedura:

  • da un lato, la redazione di una perizia giurata di stima;
  • dall’altro, l’assoggettamento del detto valore ad imposta sostitutiva attraverso il versamento della stessa nel termine su precisato.

Nessuna rilevanza può invece assumere, nell’ambito di tale iter, la compilazione del quadro RT della dichiarazione dei redditi, assolutamente non menzionata dalla disposizione in esame; infatti, tanto è successivamente confermato quando, nel precisare i documenti da conservare a cura del contribuente, si indicano solo la perizia e le ricevute di versamento dell’imposta sostitutiva, senza in alcun modo menzionare la dichiarazione dei redditi.

Siffatta scelta del contribuente di optare (attraverso la perizia giurata di stima ed il versamento anche solo della prima rata dell’imposta sostitutiva) per la rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni costituisce, secondo la Cassazione, “atto unilaterale dichiarativo di volontà, che, giunto a conoscenza del destinatario Amministrazione Finanziaria (attraverso il detto pagamento dell’imposta sostitutiva, comporta di per sé quale suo effetto (per quanto detto sopra) la rideterminazione del valore della partecipazione, e, pertanto, in base ai principi generali di cui all’art. 1324 c.c. e art. 1334 c.c. e segg., non può essere revocato per scelta unilaterale del contribuente”.

In tal senso anche la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 35/E del 4-8-2004, ove è stato precisato che l’opzione per la rideterminazione dei valori e la conseguente obbligazione tributaria si considerano perfezionate con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata.

Infatti, il contribuente può avvalersi immediatamente del nuovo valore di acquisto ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 67 del TUIR. Pertanto, coloro che abbiano effettuato il versamento dell’imposta dovuta ovvero di una o più rate della stessa, qualora in sede di determinazione delle plusvalenze realizzate per effetto della cessione delle partecipazioni o dei terreni non tengano conto del valore rideterminato, non hanno diritto al rimborso dell’imposta pagata e sono tenuti, nell’ipotesi di pagamento rateale, ad effettuare i versamenti successivi.

In sostanza, “le norme in esame prevedono la facoltà di avvalersi in prospettiva di un’agevolazione e il contribuente non può modificare successivamente la scelta liberamente effettuata in mancanza di una apposita disposizione in tal senso”. Qualora, invece, il contribuente abbia effettuato il versamento della prima rata nei termini di legge ed abbia omesso di effettuare i successivi versamenti, questi ultimi sono iscritti a ruolo ai sensi del D.P.R. 602/1973, salvo il caso in cui si decida di profittare del ravvedimento operoso.

Ecco dunque risolto il dubbio: la rivalutazione inizialmente perfezionata diviene vincolante a prescindere dalla sussistenza dell’interesse al suo mantenimento, rappresentando la manifestazione di una scelta irrevocabile.

Fuggire dal pagamento delle rate pendenti, dunque, determina solo un aggravio in termini di sanzioni, aggi (le somme sono iscritte direttamente a ruolo e non richieste con un avviso bonario) e interessi.