20 Gennaio 2022

Responsabile l’amministratore che restituisce il finanziamento ai soci

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 1516, depositata ieri, 19 gennaio, costituisce un utile spunto per tornare a soffermare l’attenzione sul regime di responsabilità degli amministratori in caso di restituzione del finanziamento dei soci prima di soddisfare gli altri creditori sociali.

La curatela del fallimento proponeva un’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società fallita per aver gli stessi scelto di procedere al rimborso dei finanziamenti dei soci, in danno dei creditori sociali che avrebbero dovuto essere preferiti.

Veniva tra l’altro qualificato amministratore di fatto della società un socio finanziatore, marito dell’amministratrice, per aver sottoscritto un unico contratto.

Quest’ultimo proponeva ricorso, ritenendo di non poter essere qualificato amministratore di fatto semplicemente per aver apposto la sua firma, come garante, su un contratto preliminare di vendita di un’imbarcazione; d’altra parte, per poter essere considerato amministratore di fatto di una società è necessaria la prova dell’inserimento del soggetto nella gestione dell’impresa, non potendo dunque essere sufficiente il compimento di un’unica operazione, episodica e occasionale.

In effetti la Suprema Corte, investita della questione, è tornata ad evidenziare come la figura dell’amministratore di fatto possa essere ritenuta sussistente in tutti i casi in cui può essere accertato un coinvolgimento del soggetto nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società.

Quindi, il compimento di atti di natura eterogenea ed occasionale non è idoneo a ritenere configurabile una posizione di amministratore di fatto.

Ciò premesso, però, nel caso in esame non solo le prove testimoniali risultavano essere univoche, ma doveva essere considerata la significatività dell’atto di vendita, riguardante l’unico bene sociale, tra l’altro avente un rilevante valore.

Con un ulteriore motivo di ricorso gli amministratori rilevavano poi che si erano limitati a vendere l’unico bene della società, saldando il debito contratto a titolo di mutuo e restituendo i finanziamenti dei soci, i quali risultavano essere gli unici altri creditori della società. Il debito nei confronti della ex dipendente per rivendicazioni salariali e illegittimo licenziamento non era infatti ancora noto agli amministratori, non avendo ancora gli stessi ricevuto notifica dell’atto introduttivo del giudizio proposto dalla stessa dipendente.

La Corte di Cassazione non ha però accolto il motivo di impugnazione, avendo comunque gli amministratori la possibilità e l’obbligo di conoscere la situazione creditoria e debitoria della società.