11 Agosto 2017

Raddoppio dei termini da abolire per gli ex paradisi fiscali

di Luigi Ferrajoli
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Lo scenario internazionale in tema di cooperazione fiscale tra Stati è in continua evoluzione; sempre più Paesi, storicamente non collaborativi, sottoscrivono accordi finalizzati allo scambio di informazioni bancarie, vedasi tra gli ultimi, l’accordo tra Italia e Bermuda entrato in vigore nell’aprile 2017.

Tra le conseguenze dell’apertura di Stati un tempo non collaborativi dovrebbe esservi anche un depennamento dalle liste dei c.d. paradisi fiscali di cui ai D.M. del 04.05.1999 e del 21.11.2001.

Così è stato ad esempio per San Marino che, a seguito dell’approvazione della L. 88/2013, recante “Ratifica ed esecuzione della convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di San Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, con protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 21 marzo 2002, e del relativo protocollo di modifica, fatto a Roma il 13 giugno 2012”, nonché dell’entrata in vigore, il 3 ottobre 2013, della predetta convenzione e del relativo protocollo di modifica, il cui articolo 26 rispecchia i più recenti standard internazionali in materia di trasparenza e scambio di informazioni, con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 12.02.2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24.02.2014, è stato espunto dall’elenco dei Paesi fiscalmente privilegiati di cui D.M. del 04.05.1999 ed inserito nella white list di cui al D.M. del 04.09.1996.

Tuttavia, a fronte dell’effettiva collaborazione allo scambio di informazioni fiscali di questi Paesi, sancita anche dal legislatore, si assiste ad una chiusura da parte degli Uffici finanziari italiani al riconoscimento dello status di Paese collaborativo in relazione ad accertamenti iniziati dopo l’inserimento nella white list ma riguardanti periodi di imposta rientranti nel periodo non collaborativo.

In particolare, secondo la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, anche nei confronti di Stati ex black list quali San Marino risulterebbe ad oggi applicabile la presunzione prevista dall’articolo 12, comma 2, D.L. 78/2009, che prevede espressamente che: “In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione”.

Inoltre, secondo l’Ufficio, risulterebbe altresì applicabile il raddoppio dei termini per l’accertamento, basato sulla presunzione di cui al comma 2, sia relativamente alle imposte sui redditi ed all’Iva di cui al comma 2-bis della predetta norma, sia in relazione alla violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale previsti dal D.L. 167/1990.

Tale orientamento, tuttavia, non risulta affatto condivisibile posto che il rispetto del principio del favor rei, pacificamente applicabile anche nel campo tributario, impone di non sanzionare un comportamento che era illegittimo all’epoca in cui veniva posto in essere ma che non lo è più ai sensi della normativa vigente.

Risulta, infatti, applicabile alla problematica in esame il precetto introdotto dall’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. 472/1997, secondo cui, salvo nei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una normativa approvata a posteriori, non costituisce una violazione punibile; il termine legge, utilizzato dalla norma in commento, può essere ritenuto riferibile non soltanto alla legge sanzionatoria, bensì anche alle disposizioni da questa richiamate.

Posto che l’articolo 12, comma 2, D.L. 78/2009 prevede un espresso richiamo al D.M. del 04.05.1999, l’intervenuta modifica del contenuto di quest’ultimo provvedimento normativo deve necessariamente produrre un effetto retroattivo anche con riferimento alla disposizione che prevede il raddoppio dei termini.

Si auspica che tale ragionevole interpretazione venga recepita, se non dall’Amministrazione finanziaria, quantomeno dai giudici delle Commissioni tributarie avanti alle quali arriveranno sicuramente numerosi contenziosi inerenti la questione in oggetto.

La gestione dei controlli fiscali