29 Maggio 2015

Proposte di lettura da parte di un bibliofilo cronico

di Andrea Valiotto
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Da una lastra di deserto. Lettere dal fronte a Gherardo Marone

Da_una_lastra_di_deserto._Lettere_dal_fronte_a_Gherardo_MaroneGiuseppe Ungaretti

Prezzo – 15,00

Pagine – 295


 

Questa nuova edizione completa, corredata di apparati critico-filologici, getta nuova luce sulla genesi delle più note poesie ungarettiane e testimonia il miracolo per cui la grande poesia può nascere in mezzo all’orrore. Nell’incipit di questa lettera a Gherardo Marone, che risale alla prima metà di agosto 1917, si può intravedere la testimonianza del miracolo per cui in mezzo all’orrore può prodursi quel “gran silenzio d’armi” da cui fiorisce la poesia: «Mio Gherardo, qualche soldato canta; da una baracca all’altra si sente il coro; D’Indy potrebbe trovarci confermata la sua teoria dell’origine della polifonia; qualche aeroplano gironza; la tua arriva; si fa un gran silenzio d’armi; uno scalpitìo di salmerie che salgono; ci sono intervalli di tutto silenzio che turbano; e piano piano il vallone s’affonda in un grosso muraglione negro trapunto qui e là da un lumino oscillante; la luce di una candela che a me, venuto da una metropoli nebbiosa di giorno, dove di notte l’uomo scatenava il sole, rammenta “Le Chaperon Rouge” “Petit Poucet” e non so qual altro stupore della mia infanzia lontana».

 

Vita di un uomo: Francesco d’Assisi

Vita_di_un_uomo_Francesco_dAssisiChiara Frugoni

Einaudi

Prezzo – 11,00

Pagine – 184


 

In questa Vita risaltano le ambizioni e la vivissima intelligenza di Francesco, le debolezze e, perché no? Le superstizioni radicate, che aveva in comune con gli uomini del tempo. Solo in questo modo mi è sembrato possibile percepire davvero il significato della santità di Francesco, della sua dissonante diversità rispetto al contesto storico in cui si trovò ad agire. Vorrei essere riuscita a farne apprezzare la profonda e dolente comprensione della sofferenza, l’insolito annuncio di pace, lo spirito di tolleranza di fronte a una chiesa in armi, l’amore intenso del prossimo, le geniali idee, la grande libertà mentale che lo rese capace di rifiutare una morte edificante.

 

Il commissario Soneri e la strategia della lucertola

Il_commissario_Soneri_e_la_strategia_della_lucertolaValerio Varesi

Frassinelli

Prezzo – 17,50

Pagine – 311


 

In una Parma crepuscolare coperta da una spessa coltre di neve, il marcio sembra nascondersi ovunque: la corruzione dilaga, il crimine è fuori controllo e la rabbia cresce. Soneri è il più arrabbiato di tutti perché crede ancora nella giustizia e se la vede sfuggire di mano. Il commissario deve fare i conti con tre piste d’indagine, tre matasse il cui bandolo sembra impossibile da dipanare. Il primo gli arriva da Angela, la sua compagna, che gli segnala strani suoni provenienti dall’argine del fiume. Scivolando tra l’erba gelata, Soneri ritrova un telefonino – senza memoria – e misteriose tracce di cani che terminano nel nulla. Il secondo comincia in un ospizio, dal quale è scomparso un vecchio signore che la memoria l’ha persa a causa della demenza senile, e che sembra, invece, non aver lasciato traccia alcuna. E infine il terzo filone d’inchiesta porta Soneri verso le piste da sci sulle quali pare essersi dissolto come neve al sole il sindaco della città: tutti sapevano che sarebbe stato lì in vacanza, nessuno ricorda quando l’ha visto. Sin dall’inizio delle ricerche, Soneri sente che dietro quei casi si cela un’unica strategia, quella della lucertola. Ma questa volta l’inseguitore non si lascia ingannare. “La strategia della lucertola” è un «poliziesco atipico», come lo definisce il suo stesso autore, che aggiunge alla tensione classica della trama gialla un ritratto lucido – e sorprendentemente premonitore – del nostro contesto politico e lo struggente profilo di una città, corrotta nella sua grande bellezza, che è tutte le città. E tutti noi.

 

Il celeste scolaro

Il_celeste_scolaro_Emilio Jona

Neri Pozza

Prezzo – 16,00

 Pagine – 224


 

Il 9 aprile 1953, in un’aula della corte d’assise di Milano, Emanuele Almansi, libraio-antiquario, ufficiale dell’esercito regio durante la Grande guerra, compare davanti ai suoi giudici con l’imputazione di aver tentato di uccidere il proprio figlio Federico. È un processo che ha un’eco enorme sui giornali cittadini e attira una gran folla nel palazzo di giustizia milanese. Con la sua figura dimessa e antica nel suo abito scuro e lo sguardo distaccato e del tutto privo di vergogna, in quella fredda aula di tribunale Almansi non solo ammette ogni addebito, ma riconosce persino la premeditazione del suo tentato omicidio. Lo fa ricordando innanzi tutto la fatalità che sovrastava da tempo immemorabile la sua famiglia: il male che aveva offuscato l’esistenza di suo nonno e di suo padre, morto in manicomio; aveva ammantato periodicamente la sua vita di malinconia e depressione e si era, infine, crudelmente manifestato in Federico, il figlio adorato, il precoce poeta quindicenne, amico di uno dei più grandi poeti italiani, Umberto Saba, diventato totalmente inabile al lavoro dopo i primi segni di schizofrenia. Il pensiero di Federico destinato a vivere in povertà, e a consumare i suoi giorni come il nonno in un manicomio, era diventato così disperante e ossessivo per il libraio-antiquario che la decisione di uccidere se stesso e il figlio gli era apparsa come la sola, unica possibilità. Una possibilità restata tale, visto che l’omicidio non era stato portato a compimento, ma che, nell’aula della corte d’assise di Milano, si fece strada nella mente di ognuno nell’istante in cui fece la sua apparizione tra i testimoni Federico Almansi in persona. Del giovane dalla bellezza misteriosa e apollinea, dai lunghi capelli e dai luminosi occhi azzurri, che Saba aveva chiamato «occhi di cielo», non era più nulla. L’alta figura incurvata, i capelli rasati, il corpo appesantito e la luce irrimediabilmente spenta negli occhi, Federico si era tramutato in uno di quei fantasmi che popolano l’istituzione manicomiale. L’immagine di quell’uomo demente, avvolto in un vestito di stoffa ruvida e spessa, e di un padre che lo fissava, impietrito, al di là delle sbarre, è rimasta probabilmente a lungo in qualche angolo riposto della memoria di chi era presente in quel giorno d’aprile del 1953 nel tribunale milanese. Di Federico Almansi, però, si è perduto ogni ricordo; la sua voce non è mai stata raccolta, né sono stati fermati dall’obiettivo di una macchina fotografica il suo viso d’angelo adolescente, né poi, da adulto, il volto gonfio e decaduto. Rimane in pochi scritti, dimenticati o sconosciuti, e nelle tracce lasciate nelle poesie e nelle lettere di uno dei grandi poeti del nostro Novecento. Attingendo a lettere, manoscritti, poesie, diari, trascrizioni di testimonianze, estratti di giornale, atti processuali, questo libro ricostruisce il romanzo della vita di Federico. Dal sodalizio spirituale e sentimentale con Umberto Saba alle battaglie della Resistenza da giovane partigiano ebreo, fino ai tristi giorni della malattia nell’immediato dopoguerra, si dipana in queste pagine il filo di una luminosa, breve esistenza tradita dai capricci della mente.

 

Sapere di vino. Il più grande enologo italiano racconta la storia, la filosofia, la tecnica e i luoghi del vino

Sapere_di_vino._Giacomo Tachis

Mondadori

Prezzo – 18,00

Pagine – 163


 

Il piemontese Giacomo Tachis, diplomatosi in enologia presso la Scuola di specializzazione di Alba nel 1954 e protagonista indiscusso della rinascita enoica in Italia (per più di trent’anni è stato direttore tecnico della casa vinicola Antinori) accompagna il lettore in un viaggio raffinato e pieno di “gusto” attorno a segreti e misteri del vino. Un percorso fisico e mentale tra vigneti e paesaggi, tradizioni storiche e geografiche, cultura gastronomica e creatività made in Italy, alla ricerca di quella virtù estetica che dovrebbe governare le scelte di tutti, anche e soprattutto quando si parla di vini. Prolifico collaboratore di riviste del settore vitivinicolo e membro dell’Accademia dei Georgofili, l’autore non si stanca di ricordarci che è pur sempre meglio “vivere vicino a un albero che vicino a un palazzo”. Grazie ai suoi consigli, i suoi ammonimenti contro le mode e gli inganni del marketing, grazie al fascino di un’erudizione sterminata e poliedrica, Giacomo Tachis ci fa conoscere e apprezzare una cultura millenaria come quella vinicola, che affonda le proprie radici nel cuore della sensibilità mediterranea e latina.