20 Febbraio 2014

Nullità (anche) del vecchio redditometro se non preceduto dal preventivo contraddittorio

di Fabrizio Dominici
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La sentenza della Commissione tributaria di Terni n.72/09/13 depositata il 22.05.2013 ha accolto le doglianze di un contribuente al quale non era stato garantito il diritto al preventivo contraddittorio in sede di accertamento redditometrico.

La difesa aveva sostenuto che l’ufficio, prima di notificare l’avviso di accertamento, avrebbe dovuto convocare il contribuente per l’instaurazione di un preventivo contraddittorio, al fine di consentire di verificare se lo strumento “redditometrico”, (pur sempre di carattere medio – statistico), fosse effettivamente in grado di rilevare la concreta ed effettiva capacita contributiva del ricorrente, e ciò in ossequio al principio di buona e corretta amministrazione, di cui all’art. 97 della Carta Costituzionale (oltre che dell’art. 53 della medesima legge, nel rispetto, quindi, del principio della capacità contributiva). L’accertamento sintetico, delimita infatti la materia imponibile mediante predeterminate ed automatiche quantificazioni di per sé inidonee a fornire un’attendibile rappresentazione della capacità contributiva e lo scopo principale del contraddittorio preventivo, è proprio quello di evitare che l’automatismo intrinseco al meccanismo applicativo, conduca all’emissione dell’avviso di accertamento anche in presenza di fatti e circostanze che lo rendono infondato.

Inoltre, una attenta lettura dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973, conforme ai principi costituzionali del diritto di difesa (art. 24 Cost.), della buona e corretta amministrazione (art. 97 Cost.), nonché della capacità contributiva (art. 53 Cost.), fa propendere per l’obbligatorietà del preventivo contraddittorio, e per la conseguente nullità di tutti quegli atti impositivi che da esso non fossero stati regolarmente preceduti. Tale considerazione trae ulteriormente fondamento, dal neo introdotto comma 7 dell’art. 38, secondo il quale, laddove l’Ufficio intenda procedere alla determinazione sintetica del reddito, ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento. Di rilievo, sul punto, l’affermazione dei Giudici ternani, che hanno fatto pure rilevare che le novità introdotte con la manovra del 2010 (D.L 31 maggio 2010, n. 78), sono immediatamente applicabili anche agli accertamenti afferenti alle annualità passate, avendo la norma, un carattere procedimentale, che, in quanto tale, ha effetto a partire dalla sua introduzione, ed anche con riferimento alle annualità d’imposta precedenti a quelle “pendenti” all’atto della sua introduzione. La disposizione sull’obbligatorietà del contraddittorio non ha infatti carattere sostanziale, non riguardando i criteri per la determinazione dell’imponibile o dell’imposta, ma carattere procedurale, poiché diretta a disciplinare l’iter comportamentale da seguire nell’ambito dell’applicazione degli accertamenti fondati sul “redditometro” e come noto, le norme procedimentali sono regole di applicazione immediata e retroattiva, essendo rette dal principio “tempus regit actum”. Ma vi è di più, e cioè che l’obbligatorietà del preventivo contraddittorio ha una matrice di derivazione comunitaria e segnatamente è ritraibile dalla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, emessa il 12 dicembre 2002, nella causa C-395/00, dove, al punto 51, si legge che: “Il rispetto del principio dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo, in particolare in un procedimento che possa condurre a sanzioni, costituisce, come la Corte ha statuito a più riprese, un principio fondamentale del diritto comunitario. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di formulare utilmente le proprie osservazioni (v. sentenze 24 ottobre 1996, causa C-32/95 P, Commissione/Lisrestal e a., Racc. pag. I-5373, punto 21, e 21 settembre 2000, causa C-462/98 P, Mediocurso/Commissione, Racc. pag. I-7183, punto 36)”.

In pratica, il collegio giudicante, richiamando la giurisprudenza dei giudici comunitari e la stessa e più nota sentenza emessa nel caso Sopropè (sentenza del 18 dicembre 2008, causa C – 349/07), ha fatto rilevare che il diritto al preventivo contraddittorio è principio fondamentale del diritto comunitario, che deve ritenersi immediatamente applicabile anche alle fattispecie interne che non riguardino, specificamente, materie di origine comunitaria.

Conformemente la Suprema Corte di Cassazione, ha infatti stabilito che “pur non esistendo una corrispondente enunciazione nelle fonti normative nazionali, la sua applicazione, come già riconosciuto dalla Corte (sentenza 21 settembre 2006, n. 21221 e, da ultima, 21 aprile 2008. n. 10257, entrambe in materia di imposizione diretta), s’impone per essere la stessa di formazione comunitaria. Con la conseguenza che la stessa opera anche al di fuori dei tributi “armonizzati” o “comunitari”, quali l’I.V.A., le accise e i diritti doganali. Secondo una pluriennale e consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenze del 14 febbraio 1995, C – 279/93, Finanzamt Koln – Altstadt c. Roland Schumacker; 13 luglio 1993, C – 330/91, Commerzbank; 12 aprile 1994, C – 1/9, Halliburton Services; 15 maggio 1997, C – 250/95, Futura Participations), pur essendo la materia dell’imposizione diretta attribuita alla competenza degli Stati membri, gli stessi sono, comunque, vincolati al rispetto dei diritti e principi fondamentali dell’ordinamento comunitario. A tale giurisprudenza questa Corte si è costantemente adeguata”.

In altri termini, secondo la Corte di Cassazione, i principi fondamentali del diritto comunitario debbono ritenersi generalmente vincolanti per qualsiasi tipo di tributo, quand’anche non di origine comunitaria, poiché il dettato normativo recato dall’art. 10 del Trattato CE, impone agli Stati aderenti alla Comunità europea di assumere tutte le misure necessarie per recepire, fattivamente, le normative comunitarie e, conseguentemente, i principi fondamentali sui quali la Comunità europea si regge.