20 Maggio 2019

Notifica nulla se l’atto è consegnato al familiare non convivente

di Luigi Ferrajoli
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L’articolo 139 cod. civ. prevede espressamente che, in caso di assenza del destinatario nella casa di abitazione nel Comune di sua residenza, la consegna dell’atto o della missiva debba essere effettuata a ”persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace”.

Tale principio è applicabile esclusivamente nel caso in cui l’abitazione corrisponda anche alla residenza del destinatario dell’atto, come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione Sesta, con l’ordinanza n. 10543 emessa in data 15.04.2019.

Nel caso di specie, un contribuente aveva proposto ricorso avverso degli avvisi di intimazione per il pagamento di cartelle esattoriali relativi all’anno d’imposta 2006, che veniva rigettato dalla CTP competente.

La parte soccombente decideva di impugnare la sentenza avanti la Commissione Tributaria Regionale della Campania, che riformava la sentenza emessa dal giudice di primo grado.

Avverso tale decisione, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso avanti alla Suprema Corte enunciando, tra i vari motivi, la mancata attribuzione, da parte della CTR, alla relata di notifica della cartella di pagamento attestante la consegna a familiare convivente del contribuente valore di atto dotato di pubblica fede.

Non solo. L’Ente impositore eccepiva ulteriormente che il Giudice di appello non aveva tenuto conto, nel decidere del fatto, che il ricorrente non aveva mai prodotto prova contraria sul punto.

La notifica da parte dell’Ente impositore, peraltro, non era stata effettuata nel luogo di residenza del contribuente (come risultante dal certificato storico-anagrafico depositato nel giudizio di primo grado), ma al precedente indirizzo di residenza (immobile assegnato al coniuge in sede di separazione personale).

Sennonché, la Corte di Cassazione, con riferimento alla citata disposizione di cui all’articolo 139, comma 2, cod. civ., ha affermato che la presunzione di ricezione prevista dalla norma summenzionata, derivante dal fatto che il familiare convivente consegni l’atto al destinatario, non fosse applicabile nel caso di specie.

Il Giudice di legittimità, esaminando gli atti di causa, ha, infatti, rilevato come il contribuente fosse validamente riuscito a dimostrare che la propria residenza anagrafica, regolarmente registrata presso l’anagrafe comunale da data anteriore a quella della notifica, era ubicata in un luogo diverso da quello ove le cartelle erano state consegnate al familiare convivente.

Nello specifico, la Suprema Corte, ad abundantiam, ha chiarito, riprendendo anche propria la precedente pronuncia n. 7830/2015, il seguente principio: non basta che la persona cui sia stata consegnata la copia sia in rapporti di parentela con il destinatario dell’atto dovendo, invece, trattarsi di persona di famiglia o addetta alla casa, di persona cioè a lui legata da un rapporto di convivenza che, per la costanza di quotidiani contatti, da affidamento che l’atto sia portato a sua conoscenza”.

Non solo. La Corte ha anche valutato la questione della convivenza, evidenziando che la qualifica di convivente, nel caso de quo, fosse stata superata dalla prova contraria fornita dal ricorrente con il deposito in giudizio del certificato anagrafico di residenza, da cui si evinceva che, alla data di notifica, il medesimo risultava risiedere in un luogo diverso da quello in cui era stata eseguita la notificazione delle cartelle.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha stabilito il seguente principio: ”ai fini della validità della notificazione, la parentela e la convivenza tra destinatario dell’atto e consegnatario non possono presumersi dall’attestazione dell’agente postale, che fa fede solo delle dichiarazioni a lui rese, non anche dell’intrinseca veridicità del relativo contenuto, sicché il destinatario, che abbia prodotto a confutazione di tale veridicità un certificato storico di residenza, non è tenuto ad un’ulteriore, impossibile, prova del fatto negativo circa l’assenza di ogni relazione e convivenza col consegnatario dell’atto”.

Ne consegue che la notifica di un atto, per essere valida, deve sempre essere eseguita presso la residenza effettiva del destinatario e non rileva la consegna dell’atto a soggetti terzi anche se legati da un rapporto di parentela.

La Corte ha dunque rigettato il ricorso e ha condannato l’Agenzia delle Entrate a rifondere le spese di lite al controricorrente.

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